Newsletter n. 17 – La ricerca è un luogo per tutti

Simone Conti in laboratorio, al lavoro su ossa di dinosauro

Se uno studente di ingegneria del Politecnico nel 1927 fosse riuscito a fare un viaggio nel futuro, ritrovandosi nella piazza Leonardo da Vinci di questo 2023, magari distratto da qualcosa, forse ancora un po’ assonnato, a prima vista non si renderebbe conto del tempo che è passato. L’austera facciata del rettorato è sempre la stessa, a dare autorità a questo luogo di conoscenza. Ma è entrando nelle aule, passeggiando nei giardini, visitando i laboratori, che si accorgerebbe che quel mondo, sebbene immortalato nella pietra meno di cento anni prima, non esiste più.

“Dal progresso delle scienze dipende in modo diretto il progresso complessivo del genere umano. Chi frena il primo frena anche il secondo”. Certo, dopo la crisi novecentesca del positivismo è necessario ricontestualizzare il concetto di “progresso”, non lo possiamo più immaginare come una linea in ascesa costante, proiettata verso il futuro. Proprio un ricercatore che abbiamo incontrato questo mese ci ha detto: “Il bello della scienza è proprio questo: rivedere, rimaneggiare, ristudiare continuamente”. È una delle basi del metodo scientifico.

Ma la citazione di Fichte mantiene un sostanziale carattere di verità. È innegabile che la ricerca scientifica ci faccia andare molto più avanti di quanto pensiamo, e questo non vale solo per la più ristretta cerchia di specialisti, ma per la società in generale. Perché ci rende più liberi, più consapevoli, più coscienti del mondo in cui viviamo. Perché anche la democratizzazione della scienza è un passo per avvicinarci a quell’ideale di uguaglianza sostanziale su cui è basata la nostra società.

È bello poter seguire le proprie inclinazioni, realizzare i propri sogni, appartenere a un luogo e a una comunità. Sentirsi a casa. È così che ci ha raccontato di sentirsi una delle ricercatrici che abbiamo intervistato. Ed è così che pensiamo si fosse sentita la prima laureata donna del Politecnico, di cui vi raccontiamo la storia in questo numero.

Quello studente che abbiamo immaginato all’inizio, starebbe oggi parlando con una collega, scrivendo una mail alla sua professoressa, vedrebbe il suo diploma di laurea firmato da una rettrice donna. E chissà se si ricorderebbe quel tempo in cui la sua compagna di corso sarebbe stata relegata nell’ultima riga dell’annuario dei laureati.


Prototipo di tag anticontraffazione realizzato con nanostrutture di carbonio

Le straordinarie potenzialità dei fili atomici di carbonio

Molti di noi non avranno una grande dimestichezza con i fili atomici di carbonio, ma al NanoLab del Dipartimento di Energia abbiamo scoperto che sono strutture chimiche piene di potenzialità. Era questo l’obiettivo di EspLORE, un progetto da poco concluso: esplorare, per l’appunto, questi materiali e le loro applicazioni in campo energetico. Una di queste applicazioni, che i ricercatori stanno approfondendo in nuovi progetti, è la creazione di tag anticontraffazione estremamente sicuri e inviolabili per diversi settori commerciali.

Tra i ricercatori che abbiamo incontrato al NanoLab c’è anche Sonia Peggiani, che attualmente sta lavorando al progetto KEEPER, ovvero un’applicazione di questi tag all’ambito dei documenti sensibili. Le abbiamo chiesto di raccontarci, oltre ai dettagli della sua ricerca, la sua carriera al Politecnico, la nascita della sua passione per l’energia e i suoi obiettivi futuri.


Strade urbane più sicure per i ciclisti

Il brevetto che vi presentiamo questo mese ha l’obiettivo di ridurre drasticamente gli incidenti che possono avvenire circolando in bicicletta nelle zone urbane, in quest’epoca in cui stiamo riprogettando le modalità di spostamento in un’ottica di sostenibilità, senza tralasciare la sicurezza.

Il principio nasce dall’osservazione che questi incidenti avvengono principalmente in prossimità degli incroci per questioni di scarsa visibilità. Il dispositivo, da applicare sul manubrio della bicicletta, è concepito come un navigatore che si attiva 45 metri prima dell’incrocio, e comunica visivamente al ciclista, tramite un sistema a tre colori, la pericolosità calcolata. È inteso quindi come un dispositivo di prevenzione che fa scegliere il percorso meno rischioso.

Scopriamo come funziona nel dettaglio assieme agli ideatori Gianni Garaguso, Stefano Maffei e Massimo Bianchini.


FOTONOTIZIA

Modello di diplodocide in scala 1 a 1 esposto al DinoParque di Lourinha

Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, sono stati scoperti in Nord America alcuni scheletri di dinosauro tra i più completi mai rinvenuti fino ad allora, appartenenti alla famiglia dei diplodocidi. La loro coda partiva con l’essere alta e tozza alla base, per diventare estremamente sottile all’estremità. Studi successivi ipotizzarono che i diplodocidi fossero i primi esseri viventi a superare la velocità del suono.

Il paleontologo Simone Conti ha utilizzato la simulazione Multibody, metodo dell’ingegneria aerospaziale, di cui è appassionato, per verificare quell’ipotesi. E attraverso lo studio delle proprietà meccaniche dei tessuti molli di quei dinosauri ha scoperto che…


#ilPOLIMIrisponde: Come riesce a volare un kitesurf?

Il kitesurf è uno sport basato sul vento, dove il kiter può muoversi sopra l’acqua o la neve grazie a un kite, quindi un aquilone collegato con delle linee al kiter stesso.

Il kite ha una forma aerodinamica simile a quella di un’ala di un aereo in cui, grazie al vento, una forza dal basso verso l’alto, la portanza, contrasta una forza come quella del peso, quindi dall’alto verso il basso, e la resistenza del kite, e va a sommarsi alla trazione data dal vento stesso. Esistono diversi parametri che vanno a influenzare come il kite vola.

Ce li spiega Risponde Riccardo Mereu, docente di Tecnologie Innovative per l’Energia.

Gaetanina Calvi

Gaetanina Calvi, la prima laureata al Politecnico

Nonostante risalga al 1888 la prima iscrizione di una donna al Politecnico di Milano, bisogna arrivare al 1913 per assistere alla prima laurea – fu in ingegneria civile – conseguita da una donna. Erano passati ben cinquant’anni dalla fondazione dell’ateneo. Si chiamava Gaetanina Calvi, originaria della Val Brembana, figlia e nipote di ingegneri, che si dedicò successivamente alla libera professione, all’insegnamento e alla filantropia.

È passato più di un secolo, le donne al Politecnico sono cresciute. Nell’anno dell’elezione di Donatella Sciuto come prima rettrice, la presenza femminile ha quasi raggiunto il 34%. Nel corso degli anni il Politecnico ha attivato una serie di iniziative per promuovere e incentivare la presenza femminile, sia nei corsi di studio che nelle posizioni di ricerca. Vi raccontiamo la storia dell’ingegnera Calvi per riflettere su quanta strada abbiamo fatto, ma per ricordarci che il percorso non è ancora finito.

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