LIFT Energy – batterie ricaricabili più sicure ed efficienti grazie al rivestimento superficiale fluorurato

LIFT Energy brevetto Politecnico di Milano

Lo sviluppo della mobilità sostenibile e delle nuove tecnologie apre nuovi scenari per il futuro dell’umanità ma anche necessità tecniche e logistiche. Dalle auto ai droni e non solo: le batterie sono senz’altro protagoniste di questa fase di transizione e la sfida per il futuro è renderle più durevoli e performanti.

Una sfida che è stata accetta e in parte vinta dal Fluoritech Laboratory del Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “Giulio Natta” del Politecnico di Milano, laboratorio guidato dal prof. Maurizio Sansotera che insieme al suo team ha brevettato LIFT Energy.

LIFT Energy è una batteria che sfrutta i materiali fluorurati e le loro applicazioni. Quando si parla di batterie bisogna sempre tenere ben distinte le batterie primarie, che sono quelle non ricaricabili, e le batterie secondarie, che invece sono quelle ricaricabili.

Le batterie agli ioni di litio rientrano tra quelle ricaricabili, mentre le batterie al litio metallico sono batterie non ricaricabili. Lo scopo di LIFT Energy è rendere compatibile il litio metallico con la “ricaricabilità”. 

Nelle batterie cosiddette litio-ione, il litio è “diluito dentro” una matrice inerte in forma di ione di litio: essendo disperso all’interno è meno concentrato, e quindi con meno carica a parità di volume. Il litio metallico invece è energeticamente carico, senza nessun diluente e con la carica concentrata nel cosiddetto reticolo metallico del litio.

Fino ad ora non si potevano creare delle batterie al litio metallico ricaricabili perché esso durante la scarica e la ricarica si sposta dall’anodo al catodo e viceversa e segue delle linee di corrente, dei canali preferenziali come fosse acqua. 

Il problema emerge durante l’assemblaggio come laminetta: il lito dopo queste cariche tende ad impilarsi lungo questi canali, creando dei pinnacoli che man mano che la batteria va avanti, crescono al punto da forare il separatore e mettere in contatto l’anodo col catodo, provocando un cortocircuito, con tutte le sue conseguenze: scarica immediata di tutta l’energia e problemi di surriscaldamento, incendio o esplosione, come ci conferma la cronaca su alcuni incidenti con le batterie al litio.

I ricercatori hanno ripensato la solid electrolyte interface (SEI), un’interfaccia solida tra l’elettrodo e l’elettrolita già presente in natura e già nota agli scienziati. La SEI artificiale è ottenuta per esposizione dell’elettrodo di Litio metallico ad un agente gassoso di fluorurazione.

Applicando uno strato fluorurato sul percorso del litio, quest’ultimo si comporta come la pallina nel pachinko, un gioco giapponese che assomiglia a un flipper verticale, nel quale una serie di pioli la deviano impedendo che la sua discesa avvenga sempre nello stesso punto. Allo stesso modo, il litio viene deviato e non torna mai nello stesso punto, inibendo la formazione dei pinnacoli. 

Ingegnerizzando la formazione della SEI i ricercatori hanno dato al litio degli “argini”, come se fosse un fiume di cui si devia il corso dall’argine naturale per evitare “un’inondazione” pericolosa. Nel caso della batteria, il pericolo è l’accumulo di litio che porta al surriscaldamento e all’esplosione.

Maurizio Sansotera e il suo staff in un primo momento hanno partecipato al programma di accelerazione d’impresa di Polihub Switch 2 Product, che aiuta a valorizzare le idee di laboratorio per capire se possono essere di interesse industriale. Hanno vinto il premio ENI Joule, che ha permesso loro di condurre i primi piccoli investimenti per le caratterizzazioni elettrochimiche del loro sistema e quindi delle batterie assemblate con all’interno questo tipo di tecnologia.

Il processo di valorizzazione della tecnologia è continuato con il brevetto, che ha permesso di presentare la tecnologia anche ai potenziali investitori.

Grazie alle collaborazioni scientifiche il team ha trovato un investitore interessato e ha sottoscritto un contratto di investimento che ha portato allo sviluppo di un prototipo di batteria da utilizzare in un dispositivo dimostratore.

Per le caratteristiche della tecnologia, i ricercatori hanno pensato al drone come strumento per testare gli effetti delle loro batterie perché la maggiore densità di carica permette di rimpicciolirle del 50% a parità di carica e dedicare il peso risparmiato per aumentare la massa trasportabile. In alternativa a parità di volume le batterie possono avere il doppio della carica e il drone ne guadagna in autonomia di volo.

La sfida ora è ottenere quegli investimenti che serviranno per passare dalla scala di prototipo alla scala di prima produzione di una serie di lotti di batterie, da far testare poi a delle realtà industriali che si occupano invece dell’assemblaggio delle batterie vere e proprie.

“Sicuramente la mobilità elettrica è un campo di applicazione importante – commenta il prof. Maurizio Sansotera- Lì sono necessari degli investimenti ancora più importanti perché mentre allo stato attuale il mercato dei droni è un po’ una nicchia diciamo di produzione, il mercato delle auto elettriche è un mercato molto grande e di conseguenza richiede una struttura affiancata alla produzione che sia sufficientemente ampia per garantire la capacità produttiva di cui il mercato dell’automobile ha bisogno”.

L’idea è quella di riuscire a creare delle minivetture che possano incorporare la tecnologia. Guardando anche ad altri casi studio nel mondo in Europa ma anche in America e Asia, LIFT Energy può fare la differenza perché dà un vantaggio competitivo reale a chi volesse investire in una nuova tecnologia che, tra l’altro, è compatibile con le altre grandi tendenze tecnologiche che oggi sono presenti nel mercato delle batterie. Tre esempi su tutti: è compatibile con i catodi litio-zolfo, catodi ad alta energia che si stanno sviluppando in questo momento; è compatibile con tutte le tecnologie ad elettrolita solido, essendo proprio il litio metallico una componente solida ed è anche compatibile il trattamento con le batterie al sodio, che sono un altro tema importante, perché mentre il litio ha dei vincoli geopolitici dovuti alla sua non omogenea distribuzione nel mondo, il sodio, essendo presente nel mare è disponibile in maniera molto più semplice per la maggior parte degli stati del mondo.

 

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