L’esploratore e divulgatore ambientale Alex Bellini
Alex Bellini è un esploratore e un divulgatore ambientale valtellinese che ha navigato oceani a remi in solitaria e i fiumi più inquinati del mondo, percorso ghiacciai, attraversato correndo gli USA da Los Angeles a NY…
Qualche tempo fa è venuto a trovarci alla camera climatica del Laboratorio LiDuP, per testare la resistenza al freddo dell’Alsaka, che arriva a -40°, della sua bicicletta stampata in 3D in policarbonato riciclato, con la quale ha poi percorso 1.800 km su neve e sabbia. Lo abbiamo conosciuto così e oggi, al suo ritorno, ci racconta come è andata e quanto è importante “essere attrezzati”, a 360°, per poter affrontare una tale sfida.
Alex, ha attraversato l’Atlantico e il Pacifico a remi in solitaria, è un esploratore estremo, cosa l’ha spinta in questa direzione?
“Io non sono uomo, sono dinamite”, queste sono le parole di Friedrich Nietzsche e credo che tutti noi, ognuno a proprio modo, siamo esplosivi. Per questo il lavoro più urgente e prezioso che possiamo compiere consiste nello scoprire quanto e quale esplosivo conteniamo, dove è riposto e come utilizzarlo per generare qualche cosa di buono.
È un lavoro interiore, sull’irrazionalità, sul sentimento e sulla passione: su quella parte di noi da cui dipende sostanzialmente la felicità. L’esplorazione è la modalità con cui entro a contatto con l’esplosivo che c’è in me.
Quali difficoltà ha incontrato nelle traversate, ha mai avuto paura?
Le difficoltà incontrate sono state tantissime. Da quelle più tecniche a quelle puramente esistenziali (vado avanti o mi fermo?). Le seconde sono di gran lunga più impegnative poiché se per le prime si possono escogitare piani B o C, quelle che riguardano l’essere si possono solo gestire, non si risolvono mai del tutto!
Paura ne ho avuto tanta, in un certo senso questa è una fortuna perché la paura dà la misura delle cose e impone una riflessione sul senso del limite. Il giorno che smetterò di avere paura sarà il momento in cui dovrò cominciare ad averne tanta (scusi il giro di parole).
Dopo l’acqua, neve e ghiaccio, è da poco tornato da una lunga avventura in fatbike in Alaska, questa volta con un compagno di viaggio, come è andata?
In Alaska è stata una bella avventura. È stata anche molto dura. Dura, ma non impossibile, quindi tutto sommato godibile, anche se alle volte spingere la bici oltre i muri di neve fresca ci ha costretti a fare appello a tutte le energie, anche quelle più nascoste. Il clima ci ha spesso ostacolato, tanta neve e tanto freddo, ma non è stata una sorpresa.
Conoscevo già l’Alaska per due spedizioni compiute venti anni fa. Con il mio compagno è andata bene, per lui è stato una specie di battesimo e sono felice di averlo accompagnato in questa sua prima grande avventura.
Quanta preparazione atletica, e non solo, c’è per una impresa del genere?
La preparazione atletica è un fattore importante, ma per questa spedizione ho dedicato più tempo ed energie alla preparazione tecnica del mezzo (la bicicletta) di quanto non abbia pedalato.
Nelle sue spedizioni la tecnologia è centrale, la sua bicicletta è stata progettata appositamente per lei, ce la racconta?
Esatto, la bicicletta è un prototipo disegnato e realizzato in collaborazione con un collettivo di ingegneri e scienziati dei materiali. L’idea era di ridare nuova vita alla plastica (policarbonato post uso industriale) e con la tecnologia di stampa 3D abbiamo realizzato un telaio monoscocca che ha resistito bene sia al freddo sia alle sollecitazioni. Unica nota negativa di questo prototipo è stato il suo peso: carica di tutto, superava i 60kg.
Le è capitato che la tecnologia le fosse vitale?
Lo è stato nelle traversate oceaniche a remi. In quel caso la mia vita dipendeva totalmente dalla tecnologia. Sistemi di rilevazione satellitare, telecomunicazioni, pannelli solari, dissalatore manuale, la stessa imbarcazione…
Il fil-rouge delle sue avventure è l’attenzione per l’Ambiente…
Dal 2017, anno in cui attraversai il più grande ghiacciaio d’Europa (in Islanda) che rischia di scomparire entro la fine di questo secolo, ogni mia avventura altro non è che il pretesto per divulgare, educare, stimolare la mia audience e il pubblico at large su temi di interesse globale come inquinamento marino e fluviale ed ora sul cambiamento climatico.
Il progetto EyesOnIce prevede altri due importanti viaggi nel 2025 e 2026, ci sta già lavorando? In che modo?
Sono già al lavoro per pianificare la spedizione in Groenlandia del 2025. Anche in questo caso sarò accompagnato da una persona, questa volta un esploratore groenlandese, il quale mi faciliterà la comprensione degli impatti culturali e sociali legati al clima che cambia.
Per la spedizione sull’oceano artico è tutto ancora da definire, ma la sensazione è che il tempo delle spedizioni polari, al Polo Nord, stia scadendo. L’effetto del surriscaldamento globale si ripercuote sulla quantità e sulla qualità del ghiaccio marino, che diventa sempre più sottile e fragile.
Una ultima domanda: come coniuga il suo lavoro/passione da esploratore con la vita di tutti i giorni e famigliare?
Coniugo passione, lavoro e vita di tutti i giorni come un giocoliere. Ogni tanto ci riesco senza problemi, altre volte faccio pasticci.