L’inventrice del FuoriSalone laureata al Politecnico

Gilda Bojardi con Francesco Zurlo, Preside della Scuola del Design, alla consegna 
della Laurea Magistrale ad honorem in Interior and Spatial Design
Gilda Bojardi con Francesco Zurlo, Preside della Scuola del Design, alla consegna
della Laurea Magistrale ad honorem in Interior and Spatial Design

Si presenta in anticipo con un’elegante camicia bianca e un bel cappotto nero con revers colorati in arancione e giallo. È quasi un peccato farle indossare la toga in questo giorno che la vede laureata al Politecnico di Milano in Interior and Spatial Design. Le rubiamo qualche minuto, mentre arrivano tanti amici ad abbracciarla e a complimentarsi per questo traguardo. Lei li accoglie con un sorriso, ma resta concentrata a raccontarci in un soffio la sua carriera senza perdere di vista la cartellina con gli appunti per la sua lectio.

Direttrice di Interni, Compasso d’oro alla carriera nel 2020, Ambrogino d’Oro nel 2007. Ma lei non nasce né architetta né designer, aveva di fronte a sé una promettente carriera in ambito giuridico…

Tutta la mia vita è stata sempre puntellata da incontri. Incontri delle volte casuali, delle volte ricercati. Ho fatto Giurisprudenza a Milano, alla Statale, quasi un segno premonitore di quello che sarebbe stato il mio futuro. Ho incominciato appena laureata a far pratica in uno studio illustre e ho capito in breve tempo che non ero assolutamente portata!

Di conseguenza un giorno un professore, anche lui di Fiorenzuola come me, ha consigliato di scegliere qualcos’altro, che mi piacesse di più.

Come è scoccata la scintilla che l’ha fatta virare verso il design?

Un giorno, casualmente, ho incontrato l’architetto Ippolito Calvi Di Bergolo, che insieme a un artista, Paolo Scheggi, stava pensando di far nascere una rivista interdisciplinare di pittura, design, arte. Era il 1971 e Paolo mi propose di far parte di questa rivista. Non avevo alcuna esperienza, ma mi sono buttata.

Si chiamava IN – Argomenti e Immagini di Design. Ci collaboravano come redattori Ugo La Pietra, Andrea Branzi, Adolfo Natalini, Ettore Sottsass, Alessandro Mendini, Gillo Dorfles, Franco Quadri, che scriveva di teatro, Achille Bonito Oliva, che scriveva di arte… Quindi ho iniziato così. Questa struttura è durata per 9 numeri, poi sono uscita e ho collaborato a un numero speciale della rivista Ottagono, che mi ha dato l’occasione di conoscere le 8 aziende, con i loro imprenditori.

Sono quindi andata a lavorare in un’agenzia di comunicazione e pubblicità. Era molto curiosa, si occupavano anche di musica, seguivano un’etichetta musicale progressive, la Cramps, che produsse il primo album degli Area e che aveva organizzato il concerto di John Cage.

1° n. Rivista IN - Argomenti e Immagini di Design, 1971
1° n. Rivista IN – Argomenti e Immagini di Design, 1971

Passando invece al 1990, come le è venuta l’idea del FuoriSalone, la famosa Design Week Milanese divenuta negli anni la Settimana del Design più importante per creatività, progetti e performance a livello internazionale?

Quell’anno il Salone non ci fu, perché il periodo del Salone era a settembre e per un problema di ricalendarizzazione delle fiere sarebbe andato ad aprile. Settembre e aprile erano troppo vicine, e quindi saltò. Allora io pensai che in quel momento forse andava fatto qualcosa in città, nelle strade, nelle gallerie, negli showroom nei negozi di arredamento. Contattai un po’ di persone di questi luoghi, un po’ di architetti, per riuscire a organizzare delle presentazioni di prodotti e di novità. E così sono riuscita a riunirne più di 100, contattati uno per uno con un lavoro certosino.

Partì con cento… e oggi quanti sono, invece?

Beh, noi calcoliamo quelli che registriamo nella Guida, che nacque proprio allora ed è diventata uno strumento fondamentale per orientarsi alla scoperta di luoghi ed eventi, un vero e proprio must per il popolo del design, tanto che tutti l’hanno in mano quando girano per la città. Ne registriamo circa 500 dopo un’attenta selezione.

Guida di Interni al Fuori Salone 2022
Guida di Interni al FuoriSalone 2022

E in questi anni, da questo osservatorio speciale, come ha visto evolversi il design?

Il design in questi anni ha subìto delle trasformazioni date dalle grandi invenzioni dei designer, dai grandi pezzi unici che poi si sono trasformati in collezioni. Anche le aziende più rinomate hanno unito le due cose, prodotti e collezioni, creando un proprio stile di arredamento. Ora è molto più articolato, non si creano mobili solo per il soggiorno, ma si espandono adattandoli anche alla camera da letto o perfino al bagno.

Cosa contraddistingue il design italiano?

L’alta qualità dei nostri prodotti e la nostra creatività, che lo rendono un design internazionale. Infatti io dico sempre Italian International Design.

E poi la nostra abilità nell’avvicinarci ai processi produttivi che consentono riuso e risparmio a tutti i livelli e soprattutto la durabilità nel tempo. Quindi, tutti gli aspetti della sostenibilità da cui adesso non si può prescindere.

Infatti anche il tema dell’ultima Mostra di Interni al Fuori Salone 2022 era Rigenerazione. Cosa significa per lei e come può essere attuata?

Rigenerazione anche come rinascita e riorganizzazione, e qui arriviamo ai processi produttivi. Oggi nessuna azienda produce senza pensare a come riutilizzare gli scarti, a come riuscire a riutilizzare le varie parti e chiudere il ciclo una volta che il prodotto ha finito la propria vita.

Cortile del Filarete alla Statale di Milano durante il Fuori Salone
Cortile del Filarete alla Statale di Milano durante il Fuori Salone

C’è un’edizione del FuoriSalone che l’ha particolarmente colpita o a cui è particolarmente affezionata?

Come si fa a scegliere? Ogni evento, ogni edizione è come per un figlio… non ce n’è uno preferito. Spesso dico l’ultimo, perché come mi dicono molti visitatori: “Ah quest’anno siete stati bravissimi, più dell’anno scorso!”. Ma ogni edizione è diversa, si presta a interpretazioni e suggestioni differenti. Io sono sempre molto ammirata da quello che gli architetti e le aziende riescono a fare; il nostro lavoro consiste in un mix di ideazione e organizzazione. Diamo sempre un tema ampio, che può essere interpretato e declinato anche al di là della nostra immaginazione, e loro ci sorprendono sempre. Questa è la bellezza della creatività e dell’intelligenza dei nostri progettisti.

Lei ha viaggiato molto e allestito mostre all’estero: a Pechino, Città del Messico… Qual era il suo approccio?

In questi Paesi ci chiedono di portare quello che noi facciamo in Italia, e noi aggiungiamo sempre qualcosa che possa coinvolgere il paese, che sia legato al luogo in cui si svolge l’evento; che sia l’architetto che ha progettato il museo dove è allestita la mostra, che sia il coinvolgimento di un architetto locale per l’allestimento, in modo da creare sempre uno stretto link.

Questo è successo per esempio a Pechino nel 2011, in occasione della prima Triennale sul Design Internazionale al National Museum of China, organizzata all’interno della Beijing Design Week, in cui ho curato la sezione “Creative Junctions”. In questa occasione ho coinvolto per l’allestimento un progettista locale, Yang Dongjiang, che ha lavorato a stretto contatto con Alessandro Mendini, che ha dato l’idea interpretativa. Il grosso lavoro è stato di interpellare gli architetti e le aziende locali per scovare i prodotti più adatti. Se nel 2006 avevamo 200 prodotti, nel 2011 siamo arrivati ad avere ben 700 pezzi di design! È stata un’organizzazione micidiale, ma di grande soddisfazione!

2011_Creative Junctions_National Museum of China_Beijing_Exposition
2011 Creative Junctions. National Museum of China, Beijing Exposition

I numeri della rivista Interni e l’osservazione attenta degli allestimenti durante le varie edizioni della Design week forniscono preziosi contributi, spunti, sollecitazioni agli studenti di design. Lei che consiglio darebbe a un futuro designer?

Di fare ricerca, di scavare all’interno dei materiali, perché solo conoscendoli a fondo riesci anche a produrre e a proporre delle novità. Non si può più lavorare senza tener conto di come poi saranno realizzati i prodotti, bisogna sapere tutto sulle possibilità che ti offre un materiale. E poi puntare sull’innovazione che deriva dal recupero: pensiamo alle due startup che sono nate molto di recente, una che produce materiali edili, attraverso gli scarti del riso, un’altra che produce filati attraverso gli scarti delle arance. Tutto questo, fino a poco tempo fa era impensabile, mentre ora è una direzione obbligata!

Emozionata?

Io mi emoziono quando salgo sul palco!

Video Lectio di Gilda Bojardi in occasione del conferimento della Laurea Magistrale ad honorem in Interior and Spatial Design del Politecnico di Milano, 21 novembre 2022
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