L’ingegnere-filosofo con la passione per lo spazio  

Tommaso Ghidini
Tommaso Ghidini © Cristiano Bonassera

A partire dalla sensazione provata a 3 anni tenendo in mano la cloche di un aereo, la sua vita è stata segnata dalla passione per il volo e lo spazio. Una brillante carriera che da Ingegneria meccanica lo ha portato a dirigere il Dipartimento di Meccanica dell’ESA. Lo abbiamo incontrato prima della sua lezione inaugurale al corso di Additive manufacturing for Space application.

Appassionato e travolgente nel raccontare i progetti di esplorazione umana sulla Luna e su Marte, ci ha raccontato come si svolgerà la vita dei “campeggiatori” lunari, il riciclo sostenibile, i vantaggi della stampante 3D, gli ologrammi che terranno compagnia agli astronauti nei 3 lunghi anni che li attendono lontani dalla terra e le innumerevoli ricerche in corso.

Uno scienziato che spinge sempre un po’ più in là la frontiera delle sue ricerche che spiega con naturalezza il futuro prossimo dell’uomo che si prepara a essere multiplanetario e ai ragazzi dice trovate la vostra strada, siate entusiasti e imparate dal fallimento. 

Ho fatto il liceo classico, parto da qui perché per me è stata una tappa importante nella mia formazione, sapevo di voler studiare poi ingegneria, ma se oggi sono uno scienziato è perché dal classico ho appreso a porre domande, a indagare la natura, a scoprire, ad andare oltre le Colonne d’Ercole in qualunque disciplina. Quindi per me quella era una tappa fondamentale, poi ho studiato ingegneria meccanica all’Università di Parma, con questo grande rammarico di non aver fatto il Politecnico, che per me è sempre rimasto come il faro da seguire, lo dico non perché adesso siamo qui a parlare, ma proprio sinceramente.

Da sempre la mia grande passione era stata il volo e lo spazio, ma quello che ha cambiato la mia vita professionalmente è stato l’incontro con un ingegnere del Centro aerospaziale tedesco, che poi è diventato il mio capo. L’ultimo anno dei miei studi di ingegneria meccanica venne per una conferenza ed io abbandonai a metà una lezione obbligatoria per correre nella sua aula, una corsa che ricordo ancora come se fosse oggi. Lui ha presentato il Centro spaziale tedesco, che a me sembrava la terra promessa, lì ha detto che c’era un concorso con una borsa di studio, io partecipai e la ottenni e da lì è iniziata la mia carriera.

Il Centro aerospaziale tedesco mi ha aperto un mondo, mi ha aperto all’idea della ricerca, lì ho capito che avrei voluto fare il dottorato di ricerca, fare ricerca è una vera svolta perché si mette il piede per primi in un territorio sconosciuto, dove nessuno è mai stato; è una sensazione che resta dentro, che se non si è provata non si può descrivere, cioè il poter portare un po’ più in là la nostra conoscenza, che sia di 1 mm o 1 km non ha importanza, è una sensazione che mi si è attaccata addosso come una cellula e mi è rimasta dentro e da lì in avanti mi ci sono dedicato completamente. 

Milano, 3 dicembre 2021 Politecnico Bovisa, Incontro con l’autore: Tommaso Ghidini in dialogo con Ferruccio Resta

La passione però per l’aviazione e per lo spazio nasce da prima. Durante il primo volo della mia vita a 3 anni mio padre mi portò a visitare la cabina di pilotaggio, il pilota mi fece sedere sulle sue ginocchia e tenere in mano la cloche. Io sento ancora oggi la sensazione della cloche sulle mani, come la stretta di mano all’amore della vita, quel momento in cui il tempo cambia passo. Ho registrato tutto di quel momento, vedevo le nuvole e ricordo perfettamente il volto del pilota, la voce, una voce bassa da fumatore, mi ricordo la signora che era di fianco a me, è stato uno di quei momenti in cui il tuo cervello sta registrando tutto. E da lì non c’è più stato un dubbio, non ho più pensato ad altro per me. Tanto che la vita si è trasformata in un’enorme biblioteca, qualunque esperienza facessi cercavo il collegamento con la mia mèta, nella prospettiva del volo e dello spazio. 

Esatto, io lo dico sempre, anche ai miei studenti, quando fate qualcosa, pensate all’impatto che quel qualcosa che state facendo può avere sulla vita di qualcun altro. Quel pilota mi ha fatto un dono, ha cambiato la mia, l’ho anche scritto nel mio libro l’Homo caelestis nella speranza che quel pilota lo legga, per ringraziarlo, perché ha ispirato la vita di un bambino. 

Sì, io sento questo bisogno di ricambiare l’opportunità che ho avuto, per esempio le lezioni che tengo qui la Politecnico di Milano sono un grande onore, ma anche un modo di dare ai giovani quello che io avrei voluto ricevere dagli insegnanti che ho trovato nel cammino. Informazioni, motivazione, capacità di scelta, senso di fiducia nel futuro, nei propri mezzi, nelle proprie capacità. Ognuno poi avrà la sua storia, per ognuno c’è una strada, che però deve costruirsi con entusiasmo, perché poi l’entusiasmo è contagioso.  

Tommaso Ghidini il giorno della nomina a Tenente Colonnello con i vertici dell’Aeronautica Militare

Il Dipartimento copre tutte le discipline classiche dell’ingegneria meccanica: le strutture, il calcolo strutturale, l’ingegneria strutturale, i materiali, i processi, i meccanismi, la termica di tutti i nostri satelliti, le astronavi, tutta la parte di robotica, ottica, optoelectronics, Quantum Technology, propulsione Areo-Termodinamica, tutta la parte di Life Science… Ogni disciplina ha una divisione e ognuna di esse ha una serie di laboratori e i suoi centri di calcolo, così facciamo sia la parte numerica che la parte sperimentale. Inoltre sono responsabile del Test Center dell’ESA, che è il più grande centro di test in Europa dove testiamo satelliti e parti di razzo in scala 1:1. Abbiamo anche un Sole artificiale due volte più potente del sole naturale per testare i satelliti in scala 1:1 davanti al sole. È veramente straordinario, è come la fabbrica di cioccolato di Willy Wonka, quando si aprono i cancelli sembra di entrare in un mondo parallelo, di fiaba!

È una posizione privilegiata perché da un lato forniamo ingegneria a tutte le missioni spaziali: telecomunicazioni, osservazione della terra, stazione spaziale, gli astronauti, esplorazione della luna, di Marte, scienza spaziale, navigazione, esplorazione degli altri pianeti; dall’altro abbiamo un budget di circa 330 milioni di euro per sviluppare le tecnologie per le future missioni. Quindi vediamo lo spazio di oggi ma prepariamo anche quello del futuro.

C’è anche una camera acustica dove testiamo i rumori dei razzi verso i satelliti. Il rumore è la cosa più letale in assoluto, se si mettesse un uomo al suo interno morirebbe all’istante, la Camera stessa, che è sulle 800 tonnellate di cemento armato, è sospesa su un cuscino d’aria, isolata dal resto del terreno, perché quando testiamo farebbe vibrare tutta l’ESA e distruggerebbe tutti gli edifici intorno.

Abbiamo anche la funzione di Failure Investigation che è una delle cose che insegno qui al Politecnico, molto apprezzato dagli studenti. È come un CSI dello spazio, cioè un Crime Investigation, qualsiasi cosa avvenga di negativo, di non atteso, una rottura, un’esplosione indaghiamo per capire cosa sia successo.  
Per fare questo è necessaria una figura di ingegnere particolare, che da una parte abbia grandi doti tecniche perché deve fare reverse engineering, capire cosa è successo, partendo da qualche piccolo frammento magari mezzo bruciacchiato, dall’altra deve avere rispetto per chi ha fatto il lavoro. Quindi è una combinazione di doti umane e doti ingegneristiche molto rara da trovare, però noi ne abbiamo molti di ingegneri così e devo dire che l’apporto di conoscenza che viene da loro è gigantesco, perché da loro si capisce cosa è andato storto e si impara a risolvere.

Sì lì si impara che si può creare una società, un’azienda, ma anche un team che abbia rispetto per il fallimento e quindi stimoli le persone a parlarne perché la vera rivoluzione avviene quando c’è un sistema che vuole imparare da quel fallimento e poi creare nozioni, standard, linee guida, modi di lavorare che apprendono da ciò che è andato storto. Allora a quel punto il team diventa virtuoso perché non solo uno si sente “autorizzato” a parlare dell’errore che ha fatto, ma in più quell’errore viene utilizzato a favore di tutti gli altri. E questo è più un modo filosofico di trattare l’ingegneria che puramente tecnico e noi lo stiamo standardizzato. 

Per cercare risposte, siamo costruiti in questo modo, che sia nella poesia, nella musica, nell’esplorazione spaziale, nella medicina, nella scienza in generale. Noi cerchiamo risposte alle nostre domande. Che siano domande dell’anima o della scienza o del cervello. 

Tommaso Ghidini © Cristiano Bonassera

Sì, ci prepariamo a tornare sulla luna con un grandissimo cambio di paradigma. Se nel 1969 ci siamo andati per esserci, perché era una competizione principalmente politica, oggi torniamo sulla luna per rimanerci. Ci stiamo affacciando a qualcosa che per me è senza precedenti, cioè l’homo sapiens, che è stato il primo a lasciare il pianeta consapevolmente, sarà il primo a diventare una specie multi planetaria, ad andare a vivere altrove, anche a costruirsi una casa dove la vita ancora non c’è. Portare la propria vita, i propri amori, i propri ideali, la propria cultura dove la vita ancora non esiste.

La traiettoria è scritta, è precisa. Prima donna sulla luna nel 2025. Stazione spaziale internazionale attorno alla luna entro il 2025, cioè astronauti a bordo entro il 2025 e poi missioni di superficie sempre più lunghe fino ad arrivare addirittura in prospettiva alla costruzione di una base lunare stabile, per la quale ancora non c’è un planning perché ci vuole una volontà politica estesa non può essere solo l’Europa o gli Stati Uniti dovranno essere Europa, Stati Uniti, Russia, Cina, India, investitori privati, deve essere un’attività dell’umanità non più di una nazione.

Sì è già stabilito uomini e donne su Marte entro la fine degli anni 2030, cioè primi anni del 2040, questo per quanto riguarda l’esplorazione spaziale umana. C’è poi un’ulteriore novità, la Stazione Spaziale Internazionale, quella attorno alla terra non sarà più ad uso nostro, ma sarà principalmente ad uso commerciale, vogliamo che sempre più attori commerciali utilizzino questa straordinaria infrastruttura.

Noi in quanto Agenzia ci concentriamo nello spostare la nostra frontiera, stiamo costruendo un sistema di telecomunicazioni che si chiama Moonlight straordinario, avremo Internet e gli astronauti comunicheranno con Whatsapp dalla luna. Questo è essere multiplanetari, dobbiamo abituarci all’idea che saremo altrove e questo è un atto di filosofia. Ecco il classico prima che ingegneristico è un atto di filosofia, è un atto ideologico, dobbiamo volerlo.

I primi passi sicuramente saranno americani, abbiamo lanciato l’astronave che li porterà sulla luna in un volo automatico senza equipaggio, il prossimo volo sarà umano, ma non scenderanno sulla luna, voleranno a 70.000 km di distanza dalla luna, che è il punto più distante a cui l’essere umano è mai arrivato. Questi uomini e queste donne saranno i veri esploratori dell’estremo e torneranno sulla Terra ad altissima velocità per testare il rientro da Marte. La luna per noi infatti è un test perfetto per Marte, non ha gli stessi rischi perché è molto più vicina. Poi nel terzo volo, che sarà appunto nel 2025, ci saranno quattro membri dell’equipaggio, due scenderanno sulla luna, un uomo e una donna, ci sarà una nativa americana, ci sarà il primo uomo di colore a scendere sulla luna proprio per dimostrare che la diversità è un valore dell’umanità.

Una cosa di cui sono molto orgoglioso è che per la prima volta l’ESA ha selezionato un astronauta disabile che è mancante di un arto che adesso farà una missione speciale. Dobbiamo infatti cominciare ad abituarci ad avere a bordo astronauti disabili, ad avere astronavi che siano compatibili con astronauti disabili. Ancora una volta un messaggio, secondo me potentissimo, proprio per dire lo spazio di tutti. 

Non troveranno nulla devono cominciare a costruire. Intanto atterreranno probabilmente al Polo Sud, perché è la zona più indicata per un insediamento stabile, lì c’è l’acqua, ci sono centinaia di migliaia di tonnellate di acqua ghiacciata. Stiamo sviluppando tecnologie per sghiacciarla, noi la vediamo con dei radar però non sappiamo se è separata completamente o magari se è mischiata a terriccio, quindi stiamo sviluppando tecnologie per estrarre l’acqua. Acqua vuol dire vita, vuol dire acqua da bere, ma anche ossigeno da respirare e idrogeno per alimentare le cellule a idrogeno quindi per fare l’elettricità e idrogeno e ossigeno come propellenti da inviare al gateway, cioè a questa stazione spaziale che stiamo costruendo attorno alla luna per rifornire le navi che andranno su Marte.

Potential_Ice_Thickness on Mars_copyright ESA
Potential_Ice_Thickness on Mars_copyright ESA

Poi al Polo Sud ci sono raggi solari pressoché costanti, quindi si possono alimentare i pannelli solari, per alimentare la base. E poi faranno una sorta di campeggio, cioè staranno sulla luna con un lander che avrà all’interno degli utensili e degli strumenti, come una sorta di camper. Progressivamente tenderemo ad aumentare la nostra permanenza, fino ad arrivare ad una permanenza completamente stabile. E lì cambiamento di paradigma completo, cioè dobbiamo avere un ingegnerizzazione di missione che sia da un lato utilizzo delle risorse in situ e dall’altra riciclo.

Già lo stiamo facendo abbiamo costruito con una stampante 3D un blocco di base lunare di una tonnellata e mezzo usando il sole come fonte di energia, la stampante 3D strato per strato cuoce la regolite, che è già sulla luna, e la trasforma in cemento armato. Sempre dalla regolite lunare abbiamo estratto alluminio, titanio, ferro e silicio e con stampanti 3D abbiamo stampato oggetti utili per quella fase di missione.

E poi faremo un riciclo sistematico, ricicleremo tutto, sia i materiali dei lander che una volta atterrati non servono più, li trasformeremo con stampanti 3D in oggetti utili, sia la regolite stessa, ma anche tutti gli scarti di tutti i tipi, anche gli scarti umani che verranno trasformati in metano per alimentare la base, l’urina verrà ribevuta, questo già lo facciamo sulla stazione spaziale, ritrasformata in acqua ovviamente è ribevuta, cioè avremo una serie di tecnologia a ciclo chiuso per essere completamente auto sostenibili.

Il cibo verrà coltivato sulla luna e stampato in 3D, esempio bistecche stampate in 3D con cellule staminali delle mucche. 

Tommaso Ghidini © Cristiano Bonassera

Moltissime, prima di tutto tutti i sistemi di telecomunicazione. Lì la priorità per noi nel futuro sarà la protezione, quindi protezione dei dati. Al giorno d’oggi trasferiamo tutti i dati personali, finanziari, militari, medici, tutti via sistemi satellitari. Dobbiamo proteggerli. Quindi cyber security, ma anche sicurezza delle infrastrutture.

Altro futuro è la parte di scienza, abbiamo in corso delle missioni straordinarie come Euclid appena lanciata, avremo Plato che fra poco verrà lanciato, abbiamo James Webb Space Telescope, la rockstar dello spazio, il satellite più straordinario che abbiamo costruito nella storia dell’astronautica. Tutte queste missioni e molte altre risponderanno alle domande fondamentali: da dove viene l’universo? Dove sta andando? Perché c’è vita sulla terra? C’è vita altrove, la troveremo mai?

In più stiamo guardando con Euclid la materia oscura. Noi vediamo il 5% di ciò che esiste, mentre il 95%, che è la materia oscura e l’energia oscura, noi non la vediamo, finora. Adesso la guarderemo. E poi, naturalmente, la priorità è e rimane la protezione della terra, quindi sistemi di satelliti sempre più precisi per monitorare tutte le 50 variabili del Climate change.

Sì, siamo stati molto poco virtuosi negli anni, perché abbiamo inquinato le orbite basse e adesso abbiamo circa 3800 satelliti inoperativi completamente fuori controllo. Quindi quello che faremo è afferrare questi satelliti, portarli sulla luna e usarli come materiale da costruzione, quindi costruirci la nuova “casa” in maniera del tutto riciclata. Naturalmente ha un certo costo, ma sono già nello spazio dobbiamo solo riposizionarli e sono materiali di altissimo valore perché sono già qualificati per lo spazio, sono costruiti con materiali nobili come titanio, acciaio inossidabile, alluminio.

Ce ne sono molte, ma la prima è il momento del count down del lancio di Vega, un razzo al quale ho dedicato moltissimo della mia carriera, il 13 Febbraio del 2012. Il Countdown è una cosa che resta dentro l’anima, proprio quei numeri che sembra che non si girino mai, perché sembra che il 2 resti il 2 per un’eternità, poi arriva l’1, poi lo zero e lì si prova una sensazione di leggerezza, di gioia nel vedere questo razzo che vola bene, il primo pensiero che ho fatto è stato, “vola benissimo!” E poi è stata un’ora e mezzo di volo straordinario, lì c’è tutto, sono quei momenti che valgono un’eternità.

Poi altri momenti bellissimi sono quando i nostri satelliti di scienza ci regalano delle fotografie straordinarie per esempio vedere per la prima volta la Cometa Rosetta oppure il satellite Planck, che è riuscito a fotografare la luce dopo il Big Bang, la prima luce di tutti i tempi. Quella sta ancora viaggiando nell’universo e noi siamo riusciti a fotografarla e lì si vedono le galassie future, cioè si guarda indietro nel tempo di 14 miliardi di anni e si vede una fotografia dell’universo bambino. Del come l’universo sarà. È qualcosa di straordinario, veramente emozionante, davvero, cioè l’idea di guardare indietro nel tempo e allo stesso tempo di vedere il futuro.

Insegno Additive manufacturing for Space application, che per noi è una tecnologia abilitante. Con la NASA abbiamo fatto un esperimento, avevamo una stampante 3D sulla stazione, abbiamo mandato un’email con il disegno e lì il disegno si è materializzato. Una sorta di teletrasporto alla fine quell’oggetto non è mai stato lanciato, ma solo inviato per mail e si è materializzato.

Invece di lanciare tutti i possibili pezzi di ricambio noi lanciamo soltanto una stampante 3D e del materiale in polvere e se ci sarà un problema Houston lancerà un disegno su Marte e la stampante materializzerà il pezzo che serve. Questo farà la vera differenza tra la vita e la morte in missioni così distanti dalla terra.

Il viaggio fra andata e ritorno durerà due anni e mezzo e sei saranno i mesi in superficie. Quindi la missione in tutto durerà 3 anni. E quelli che andranno saranno dei martiri perché quel volo è devastante, avranno un fortissimo decadimento fisico e mentale.

Sì tantissimi. Abbiamo fatto un esperimento che si chiama Mars 500 perché 500 sono i giorni che abbiamo tenuto sei analog astronauti, quindi non veri astronauti che hanno già volato, ma che hanno gli stessi requisiti, dentro a una scatola pseudo astronave, con tutte le limitazioni di un volo di quel tipo. La cosa che li ha maggiormente impattati psicologicamente è stata la mancanza della natura. L’homo sapiens è progettato per essere circondato dalla natura altrimenti soffre. Questi astronauti non solo non vedranno più la natura, ma non vedranno più la terra, nessuno nella storia ha perso di vista la terra, mai, quindi loro verranno completamente disorientati; poi luce solare perfetta, terzo corpo e mente in decadimento verticale, in più l’effetto prolungato causa un cabin fever che porta a rischio di suicidio e omicidio.  

Mars500 _equipaggio alla conferenza stampa_ Copyright ESA
Mars500 _equipaggio alla conferenza stampa_ Copyright ESA

Potranno comunicare con una latenza di 40 minuti, quindi immaginate il nervoso nel dover aspettare 40 min una risposta… Abbiamo quindi sviluppato dei modi per diluire il tempo, non devono mai perdere il senso, il purpose, il senso di responsabilità e non devono mai perdere il senso di utilità. Noi li terremo occupati con delle attività per quei 40 minuti, per dare loro l’idea che il tempo sia diluito.

Con gli ologrammi! Già 6 anni fa in un centro di ricerca mi hanno mostrato l’ologramma di Frank Zappa che cantava una canzone che lui non aveva mai scritto ma in modi e atteggiamenti del tutto plausibili rispetto a tutta la sua produzione video. Questo vuol dire che si può lasciare anche la propria personalità. E questo si ricerca per aiutare gli astronauti su Marte, ma nello stesso tempo aiuterà noi. Io lo trovo straordinario e allo stesso tempo spaventoso. Perché loro avranno la loro moglie o il loro marito, col quale potranno giocare a carte e interagire; non un video preregistrato, ma figure che avranno reazioni contestualizzate in base a quello che sta avvenendo sull’astronave. Non sarà un video fasullo, sarà una reazione plausibile della personalità della moglie posta di fronte a quella domanda.

Sì, subito! Se mi dicessero hai due ore per prepararti, partirei subito!  
Sì, perché quell’esperienza vale tutto Neil Armstrong però all’ennesima potenza, anche perché Marte è abitabile, non lo è ancora, lo è stata, ma lo può essere. Lì stai dicendo all’umanità gli alieni siamo noi. Sono io che posso portare la mia vita nel sistema solare. Nella mia carriera non c’è altro, qui la sfida è proprio portare il nostro essere umani altrove. 

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