Fare ricerca con e per le amministrazioni pubbliche

In questo spazio il ricercatore si racconta in prima persona. Immaginatevelo come un grande diario della Ricerca a cui ciascuno può aggiungere una sua esperienza, un suo racconto o, più semplicemente, la sua pagina. Dopo Paolo Schito, oggi tocca a Gabriele Pasqui, docente di Politiche urbane al Politecnico di Milano

Gabriele Pasqui, docente di Politiche urbane al Politecnico di Milano

Il Politecnico di Milano è una grande università tecnica, una delle più quotate in Europa e nel mondo. Tutti sanno che al Politecnico formiamo ingegneri, architetti e designer. E che produciamo brevetti e pubblicazioni internazionali, che collaboriamo con tantissime imprese grandi e piccole. Forse non tutti sono però consapevoli che il Politecnico di Milano è anche un interlocutore rilevante per la pubblica amministrazione e per le politiche pubbliche.

Nel mio dipartimento, Architettura e Studi Urbani, una parte importante della ricerca è svolta a ridosso delle politiche e dell’azione pubblica, attraverso collaborazioni, accordi, consulenze che supportano operativamente l’iniziativa dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali, ma anche di tante altre amministrazioni pubbliche.

Vorrei qui raccontare una storia, una tra le tante, del modo in cui al DAStU si fa ricerca attraverso un’azione di collaborazione operativa con la pubblica amministrazione. Una storia che è ancora in corso, e che mi sembra esemplare di un modo di intendere la ricerca anche come forma di impegno civile e di responsabilità sociale.

Insegno Politiche urbane alla Scuola di Architettura, Urbanistica e Ingegneria delle Costruzioni e da molti anni mi occupo di periferie urbane, del modo in cui le disuguaglianze sociali si strutturano nello spazio della città e delle possibilità di intervento materiale e immateriale in questi luoghi difficili. Ho studiato il tema (se volete, potete guardare il talk che ho fatto nell’ambito dei TEDxPolitecnico di Milano, lo trovate qua sotto) e ho supportato, quando ero direttore del mio dipartimento e delegato del Rettore alle Politiche Sociali, iniziative di impegno diretto, di ricerca-azione nelle periferie di Milano e non solo.

Il talk di Gabriele Pasqui durante TEDxPolitecnicodiMilanoU

Il tema delle periferie non è un ambito settoriale. Per affrontare i problemi delle periferie servono i saperi dell’architetto e dell’urbanista, ma anche del sociologo e dell’antropologo. Servono risorse, attori e strumenti integrati. Ma soprattutto, serve una ricerca che sia consapevole che la conoscenza esperta non basta: bisogna saper attivare le risorse delle cittadine e dei cittadini, mettere al lavoro l’intelligenza diffusa, costruire luoghi e occasioni di attivazione e partecipazione.

Quelli delle periferie urbane degradate sono problemi davvero complicati, in cui i nostri saperi sono sfidati a produrre conoscenza effettivamente utilizzabile. E la pandemia ha ulteriormente radicalizzato tali problemi, soprattutto per certe categorie di abitanti: le bambine e i bambini in difficoltà con la DAD, le famiglie più fragili e a rischio di povertà, la popolazione anziana. 

In questo quadro è nata un’attività di collaborazione con la Regione Lombardia che è ancora in corso, e che vorrei raccontare brevemente. Francesco Brignone, un bravissimo funzionario regionale che si occupa di programmazione comunitaria, e che diversi anni fa si è laureato in Urbanistica proprio al Politecnico di Milano, durante le lunghe settimane del primo, terribile lockdown ha scambiato con me, ovviamente in remoto, idee e ipotesi per la definizione dei contenuti dei Programmi Operativi Regionali per il ciclo di programmazione 2021-2027, con riferimento alle tematiche urbane.

Abbiamo insieme condiviso l’idea che fosse utile spingere i Comuni più importanti della Lombardia a identificare aree critiche nel loro territorio e ad ipotizzare una strategia integrata e multisettoriale di sviluppo sostenibile centrata sul contrasto alle disuguaglianze e alle fragilità sociali già presenti e acuite dalla pandemia.

Abbiamo inoltre immaginato di lanciare una manifestazione di interesse per tutti i comuni capoluogo o con popolazione maggiore di 50mila abitanti (in Lombardia sono 19) in cui le amministrazioni locali fossero chiamate a proporre una strategia preliminare centrata su tre assi: qualità dell’abitare, scuole e servizi socio-sanitari.

La manifestazione di interesse si proponeva di selezionare le strategie preliminari più interessanti, assegnando a ogni comune un massimo di 15 milioni di euro (fino a un totale di 150/180 milioni circa).

In questo contesto è maturata l’ipotesi di un accordo di collaborazione tra la Regione Lombardia e il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani, che è stato sottoscritto a novembre del 2020 e scadrà alla fine del 2021. Nell’ambito di questo accordo sono stato affiancato da una giovane e bravissima assegnista di ricerca: Alice Buoli.

Il nostro lavoro è consistito nell’accompagnare la struttura di coordinamento della programmazione comunitaria della Regione, e in particolare del gruppo di lavoro coordinato da Federica Marzuoli, contribuendo a redigere il testo della manifestazione di interesse, lavorando fianco a fianco con Regione nella fase di interazione con i Comuni durante la preparazione delle proposte e, dopo la redazione da parte del Nucleo di valutazione della Regione della graduatoria delle proposte, collaborando alla messa a punto delle strategie attraverso incontri con tutti i Comuni che saranno finanziati

Che razza di ricerca sarebbe questa, si potrebbe chiedere? In sostanza, abbiamo contribuito a scrivere dei documenti pubblici, abbiamo organizzato della presentazioni ai Comuni della filosofia e degli obiettivi della manifestazione di interesse, abbiamo redatto un documento di best practice italiane ed europee che è servito ai Comuni come fonte di possibile ispirazione, abbiamo fatto moltissime riunioni con dirigenti e funzionari.

Bene, la mia idea è che questa attività, svolta a ridosso dell’azione pubblica, sia una declinazione molto interessante dell’utilizzo delle nostre competenze in un contesto reale. La sensazione, in questa specifica vicenda, è di aver fatto qualcosa di realmente utile per le amministrazioni e i cittadini, mettendo a servizio delle politiche pubbliche l’autorevolezza e le competenze del Politecnico di Milano.

Ma non è tutto. Facendo questo lavoro ho (abbiamo) imparato moltissimo. Spesso le nostre riflessioni sono astratte dai processi reali. In questo caso abbiamo potuto misurarci con la quotidianità dell’azione amministrativa, ma anche con la possibilità di costruire un programma sperimentale di qualche interesse, capace di dare maggiore precisione e concretezza alla redazione degli spesso noiosissimi documenti di programmazione.

Contribuendo anche, almeno lo speriamo, ad utilizzare risorse ingenti praticando un approccio sensibile alle caratteristiche e alle varietà territoriali delle nostre città. Sfidando le amministrazioni (compresa la Regione) a lavorare in modo diverso da quello tradizionale. Portando in luce la necessità di appoggiare le azioni immateriali di contrasto alla povertà e alle disuguaglianze su una piattaforma di luoghi e di opportunità fisiche rilevanti.

Anche questa, a mio avviso, è ricerca, sebbene non sia semplice riportarla entro i canonici (e qualche volta limitati) canali di accreditamento e di pubblicazione. Una ricerca che si fa carico di questioni sociali rilevanti, che contribuisce a innovare processi anche finanziariamente significativi, che prova a introdurre elementi di innovazione nell’azione pubblica e nei processi di programmazione e pianificazione.

Mai come ora, nel difficile futuro che ci ha consegnato la pandemia, mi sembra si possa affermare che ne abbiamo molto bisogno.

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