In volo con Hybris, l’aereo del futuro

Uno degli scopi della ricerca scientifica è quello di produrre risultati che abbiano un impatto sulla società. Tali risultati costituiscono il patrimonio di proprietà intellettuale del nostro Ateneo e possono essere tutelati con i brevetti. Il brevetto è il diritto di produrre, usare e commercializzare in esclusiva un’invenzione – una nuova idea che ha un’applicazione industriale – per un massimo di 20 anni.
Al Politecnico di Milano ci sono ogni anno più o meno 200 tecnologie che aspirano a diventare brevetti: circa la metà di loro arriva al traguardo, ovvero al brevetto. Di tutte queste tecnologie si occupa il Technology Transfer Office (TTO), la cui missione principale è quella di supportare ricercatori, studenti e personale docente nel trasferire le conoscenze scientifiche dal laboratorio al mercato.
Noi di Frontiere abbiamo pensato a una rubrica mensile per capire come nascono e come si sviluppano le idee migliori che ogni anno popolano i banchi e i laboratori del Politecnico. E, soprattutto, come potrebbero influenzare il nostro futuro.

Il primo ospite della nostra rubrica è Hybris, un brevetto depositato nel 2016 e nato tra i banchi di un corso del Politecnico di Milano. I protagonisti sono gli studenti e, prima di tutto, le loro idee. Che in questo caso potrebbero avere un impatto potenzialmente molto importante sulle nostre vite. Questo brevetto si rivolge infatti al settore del trasporto aereo, responsabile secondo le stime pre-Covid del 2% delle emissioni totali di anidride carbonica (CO2) nel mondo. Anche per questo sempre più spesso negli ultimi anni si è parlato di aerei elettrici, come naturale evoluzione di auto, motorini e monopattini elettrici che già popolano le nostre città. Nel caso degli aerei, però, c’è un problema di fondo, che scopriremo più avanti. E che la tecnologia alla base di Hybris propone di risolvere.

COME NASCE IL BREVETTO HYBRIS

Partiamo dalle origini, però. E quindi dal contesto in cui nasce questa idea. Siamo nell’ultimo semestre dell’ultimo anno della laurea magistrale in Ingegneria aeronautica. Uno dei corsi si chiama “Progetto di velivoli” ed è tenuto dal professor Lorenzo Trainelli. Lo dice già il nome: durante il corso viene proposto agli studenti di eseguire il progetto preliminare completo di un velivolo. Un obiettivo ambizioso, che diventa terreno fertile per idee innovative e in alcuni casi addirittura dirompenti come appunto quella di uno speciale velivolo ibrido-elettrico, ovvero dotato di un sistema di propulsione a due componenti. Si parte da zero, dunque, e si arriva al progetto di un aereo vero e proprio. Che, nel caso di Hybris, ha portato al deposito di un brevetto internazionale.

LE BATTERIE SONO “DIFFUSE”

Hybris è un velivolo leggero ibrido-elettrico e la sua particolarità sta nel fatto che è stato progettato per un uso estensivo di batterie strutturali. Per capire meglio il concetto di batterie strutturali possiamo dire che hanno una doppia natura. Da una parte sono, appunto, delle batterie: possono quindi immagazzinare e rendere disponibile energia elettrica. Ma contemporaneamente queste batterie sono capaci di sostenere dei carichi, andando quindi a formare una parte della struttura del velivolo. In altre parole potremmo chiamarle delle “batterie diffuse”, che permettono quindi di risolvere uno dei problemi fondamentali della transizione verso un’aviazione ecosostenibile. Quale? Ce lo spiega il professor Lorenzo Trainelli, uno degli inventori del brevetto Hybris: “Le batterie elettriche pesano troppo. Di fatto il loro peso limita in modo eccessivo le prestazioni dei velivoli ed è difficile pensare ad applicazioni basate solo su di esse nel settore del trasporto aereo”.

Rendering del progetto Hybris

Per questo motivo si è deciso di virare sulle batterie strutturali, una tecnologia che non è ancora a TRL elevato (Technology Readiness Level), ovvero non è ancora completamente matura dal punto di vista tecnologico. Nonostante questo, parliamo comunque di una tecnologia che è giunta a uno stato avanzato di sperimentazione. Nel caso di Hybris, le batterie strutturali compongono la quasi totalità della fusoliera e della parte esterna delle ali. Sono quindi parte essenziale della struttura stessa dell’aereo, evitando così un uso esteso delle batterie elettriche, che una volta esaurite sarebbero soltanto un “peso morto” per il velivolo.

I VANTAGGI

Tra i vantaggi di Hybris, oltre al contenimento del peso del velivolo raggiungendo prestazioni molto promettenti, c’è la riduzione per circa il 20% dei costi operativi. E poi, ovviamente, la sensibile riduzione di emissioni di CO2, che è il punto da cui siamo partiti nel nostro racconto. Un brevetto amico dell’ambiente dunque, ma anche delle persone. Grazie al motore ibrido-elettrico, infatti, si ridurrebbe anche l’inquinamento acustico soprattutto nelle fasi di decollo e atterraggio. Ovvero i due momenti più fastidiosi per la popolazione a terra.

LE POSSIBILI APPLICAZIONI: IL MERCATO DELL’AVIAZIONE REGIONALE

Rendering del progetto Hybris

Ma, concretamente, come potrebbe essere impiegato Hybris? La risposta arriva direttamente dal professor Trainelli, che punta il dito sul mercato dell’aviazione regionale come quello ideale per questo brevetto. “Ad oggi – sottolinea – in Europa l’aviazione regionale è asfittica, poco diffusa e incapace di offrire un’alternativa valida a tanti spostamenti in auto. Poche compagnie aeree offrono un servizio regionale e, quando lo fanno, principalmente è per ragioni di feeding (quindi per portare i passeggeri verso i grandi hub aeroportuali da cui poi salgono su un altro volo, ndr). In altre parole, l’aviazione regionale è intesa in modo sensibilmente diverso rispetto a come la intende l’Unione Europea, ovvero come un servizio per promuovere e aumentare la mobilità del cittadino”.

Nel Flightpath 2050, un documento della Commissione Europea in cui si prova a immaginare il futuro a lungo termine dell’aviazione, tra gli obiettivi c’è anche quello di far sì che, fra circa 30 anni, il 90% dei cittadini sia in grado di completare un viaggio all’interno del territorio europeo in un tempo massimo di quattro ore. Per fare un esempio concreto, proviamo a immaginare uno spostamento da Lecce a Reggio Calabria: in aereo non è assolutamente conveniente (servirebbe almeno uno scalo a Milano o a Roma) ed è tutt’altro che efficiente dal punto di vista ambientale. In macchina servono più di cinque ore, in treno circa il doppio. Entrambe le città, però, sono dotate di un aeroporto e con un velivolo elettrico in grado di sfruttare la tecnologia di Hybris il tempo di spostamento si ridurrebbe drasticamente.

“L’aviazione regionale basata su velivoli elettrici – aggiunge Carlo Riboldi, professore di Fondamenti di Meccanica del Volo Atmosferico e coautore del brevetto – avrebbe un grandissimo impatto sulla mobilità dei cittadini. In questo senso ci sono delle opportunità gigantesche, basti pensare che in tutta Europa ci sono circa 3000 aeroporti di piccole dimensioni che non sono utilizzati oppure che ospitano soltanto delle scuole di volo. Questi piccoli aeroporti potrebbero invece essere sfruttati per sostenere l’aviazione regionale basata su velivoli elettrici. Che, oltre a offrire un servizio comodo alla cittadinanza (senza inquinare né dal punto di vista ambientale, né da quello acustico), potrebbe dare un contributo anche alla riduzione del traffico su strade e autostrade anche per il trasporto delle merci, magari riducendo il numero di tir che viaggiano da una parte all’altra del nostro continente”. Trainelli e Riboldi sono impegnati da diversi anni nel settore dell’aviazione elettrica, anche attraverso la partecipazione a diversi progetti finanziati dalla Commissione Europea (MAHEPA, UNIFIER19, SIENA).

GLI INVENTORI

Nella squadra degli inventori di Hybris ci sono otto persone in totale. Oltre ai due professori, Lorenzo Trainelli e Carlo Riboldi, tra i coautori ci sono un ricercatore, Federico Gualdoni, e ben cinque studenti (ormai ex, visto che sono tutti già inseriti nel mondo del lavoro) di quell’annata del corso “Progetto di velivoli”. Tra di loro c’era anche una studentessa Erasmus proveniente dalla Spagna. Con il loro lavoro si sono aggiudicati un concorso indetto dalla più prestigiosa società aeronautica al mondo, la Royal Aeronautical Society, nel 2016. Proprio a questo concorso è legata la scelta di chiamare il loro progetto Hybris, ispirandosi al termine greco che indica chi ha ambizioni troppo elevate. “L’abbiamo scelto proprio perché ci sembrava di peccare di superbia a partecipare al concorso presentando l’applicazione di una tecnologia così innovativa”, ci ha raccontato Alberto Favier, il loro team leader. Se volete approfondirla, la loro storia l’abbiamo raccontata qui.

Condividi