Dagli impulsi laser alla ricerca sugli asteroidi

Lo European Research Council (ERC), l’organizzazione dell’Unione Europea che premia studiosi di talento impegnati in attività di ricerca di frontiera, ha deciso di finanziare quattro progetti guidati da ricercatori del Politecnico di Milano: Fabio Ferrari con il progetto TRACES, Margerita Maiuri con ULYSSES, Paola Occhetta con EvOoC e Gianvito Vilé con il progetto SAC_2.0. Gli Starting Grant sono destinati a ricercatori a inizio carriera, con un curriculum scientifico molto promettente e con un’esperienza compresa tra i 2 e i 7 anni dal conseguimento del dottorato. Ogni progetto è finanziato con 1.5 milioni di euro, per una durata di 5 anni.

Le ricerche sono state selezionate tra le quasi 3mila proposte ricevute da ERC. Un grande risultato per il Politecnico che in Horizon Europe, il programma quadro dell’Unione europea per la ricerca e l’innovazione 2021-2027, ha raggiunto a oggi, lo straordinario risultato di 125 progetti vinti, di cui 17 ERC, per un valore di oltre 63 milioni di euro. Attualmente il tasso di successo di Politecnico è del 19,83% rispetto a circa il 15% a livello europeo. Nell’Ue il Politecnico è la quinta università per numero di progetti finanziati (dati Cordis al 16/01/2023). 

Noi di Frontiere abbiamo incontrato i quattro ricercatori vincitori dei Grant, per conoscere meglio la loro ricerca. Iniziamo i nostri incontri con i primi due ricercatori, Margherita Maiuri e Fabio Ferrari. Margherita Maiuri, docente e ricercatrice presso il Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano e attualmente Visiting Professor negli Stati Uniti presso la Princeton University, propone con il progetto ULYSSES un nuovo modello di controllo dei processi fisici e chimici attivati dalla luce, per migliorarne l’efficienza. ULYSSES svilupperà una nuova piattaforma che sfrutta nanostrutture ottiche e impulsi di luce laser ultra-brevi, per la manipolazione in tempo reale di reazioni molecolari. Le possibili applicazioni, che spaziano dal fotovoltaico alla fotocatalisi, sono indirizzate dunque verso l’utilizzo di energia sostenibile.

Fabio Ferrari, ricercatore senior al Politecnico di Milano, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali, con TRACES propone di studiare le proprietà fisiche e dinamiche degli asteroidi, con particolare attenzione verso il comportamento evolutivo di questi corpi, la cui struttura interna e superficiale è assimilabile ad un mezzo granulare poco coeso. Il progetto consiste nello sviluppo di una nuova metodologia per lo studio della meccanica granulare degli asteroidi, in condizioni di microgravità e di vuoto. TRACES fornirà nuovi strumenti teorici e numerici per lo studio degli asteroidi, strumenti che saranno validati per mezzo di esperimenti a terra e in microgravità, mediante l’utilizzo dati scientifici provenienti dalle missioni DART della NASA e Hera dell’Agenzia Spaziale Europea.

Margherita Maiuri, docente e ricercatrice presso il Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano e attualmente Visiting Professor negli Stati Uniti presso la Princeton University
Com’è nata l’idea alla base della tua ricerca?

Margherita Maiuri: «Questo progetto è fortemente interdisciplinare, a cavallo tra l’ottica, la spettroscopia molecolare e la nanofotonica, e unisce i miei interessi di ricerca consolidati durante le mie esperienze di studio e ricerca in spettroscopia laser ultraveloce, con i miei studi più recenti sulla caratterizzazione di nuove nanostrutture che controllano la luce tramite la luce stessa.

L’idea è quella di proporre un nuovo tipo di controllo delle reazioni chimiche per migliorarne l’efficienza, tramite lo sviluppo di una nuova piattaforma fatta da strutture sottili periodiche note come “metasuperfici”, che permettono di innescare interazioni tra la luce e la materia (ovvero la reazione chimica) completamente “on demand”, cioè che si possano accendere e spegnere in tempo reale utilizzando la luce stessa. Per caratterizzare queste nuove metasuperfici e la loro risposta ottica, svilupperò una nuova spettroscopia mai proposta prima».

Fabio Ferrari: «L’idea nasce dalla constatazione che abbiamo una conoscenza molto limitata degli asteroidi e delle loro proprietà dinamiche ed evolutive. In particolare, le recenti missioni di esplorazione verso gli asteroidi Bennu (missione OSIRIS-REx della NASA) e Ryugu (missione Hayabusa2 della JAXA) hanno rivelato alcune loro proprietà inattese, la cui natura fisica è ancora da comprendere a pieno. Inoltre, gli asteroidi rivestono un ruolo fondamentale per diversi motivi. Dal punto di vista scientifico, gli asteroidi rappresentano dei testimoni primordiali della formazione del nostro Sistema Solare: a differenza dei pianeti, che hanno subito processi evolutivi di differenziazione che ne hanno alterato significativamente le proprietà, gli asteroidi sono aggregati di materiale poco coeso, rimasto pressoché invariato. Sono dunque fondamentali per capire le prime fasi dell’evoluzione del nostro Sistema Solare, e quindi anche del nostro pianeta. Dal punto di vista tecnologico, rappresentano una tappa fondamentale nell’esplorazione dello spazio».

Fabio Ferrari, ricercatore senior del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali del Politecnico di Milano

La loro abbondanza, unita alla loro accessibilità (una missione verso asteroidi costa decisamente meno di una verso Marte) li rende target ideali per lo sviluppo di tecnologie a supporto dell’esplorazione spaziale verso obiettivi più difficili da raggiungere ed economicamente impegnativi. Inoltre, sono ricchi di materie prime fondamentali per sostenere l’esplorazione umana e robotica nello spazio, come acqua e metalli. Infine, un motivo di ordine pratico risiede nella loro potenziale pericolosità. Negli ultimi decenni le agenzie spaziali si sono adoperate per istituire programmi di monitoraggio e mitigazione di possibili danni causati da impatti di asteroidi. In questo contesto risalta la missione DART della NASA (di cui io sono parte del Team Scientifico), che ha recentemente effettuato con successo il primo test di difesa planetaria».

Quali sviluppi futuri e quali applicazioni si aspetta da questa ricerca?

Fabio Ferrari: «L’obiettivo primario è quello di studiare il comportamento di un mezzo granulare in scenari legati alla dinamica di asteroidi. Si tratta di ricerca di base e le applicazioni sono molteplici, su diversi campi. Un impatto diretto è atteso nel campo delle scienze planetarie e dello sviluppo dell’esplorazione spaziale. Date le loro peculiarità, la superficie e la struttura interna degli asteroidi può essere rappresentata come un mezzo granulare. È quindi essenziale capire come questo si comporti nel contesto asteroidi.

Dal punto di vista scientifico, questo ci permetterà di capire meglio la loro origine e storia passata, nonché di prevedere la loro storia evolutiva futura. Dal punto di vista tecnologico, ci permetterà di capire meglio come un asteroide (o la sua superficie) possa reagire ad una sollecitazione causata dall’uomo (ad esempio: un impatto artificiale volto a deviare la sua traiettoria, come nel caso di DART; oppure l’interazione tra un braccio robotico ed il materiale superficiale, nel contesto di utilizzo ed estrazione di risorse minerarie o acqua). Un impatto indiretto è poi previsto in generale sul vastissimo campo che comprende la meccanica granulare “a terra”. Le applicazioni qui sono davvero tante e vanno dall’agricoltura all’industria, dall’ingegneria dei processi alla distribuzione e stoccaggio, e includono tutti i processi che fanno utilizzo di mezzi granulari, che sono ovunque nelle nostre case e industrie».

Il progetto TRACES propone di studiare le proprietà fisiche e dinamiche degli asteroidi

Margherita Maiuri: «Lo scopo finale del progetto è quello di migliorare l’efficienza di reazioni attivate con la luce, ad esempio di quelle reazioni che vengono indotte dalla luce solare, quindi con applicazioni dirette in fotocatalisi, o nel fotovoltaico oppure verso una fotosintesi artificiale. Ci sono anche altri sviluppi tecnologici trasversali nelle discipline, sia della spettroscopia ottica che in nanofotonica: da una parte l’introduzione di una nuova classe di metasuperfici riconfigurabili per applicazioni chimiche, dall’altra l’avanzamento di nuove tecniche di spettroscopia multidimensionale. Questi elementi potranno rappresentare nuovi strumenti che si potranno utilizzare per studi di ricerca fondamentale, spaziando dalla fisica dello stato solido alla chimica quantistica molecolare».

Il progetto ULYSSES propone un nuovo modello di controllo dei processi fisici e chimici attivati dalla luce, per migliorarne l’efficienza.
Quanto è difficile vincere un finanziamento ERC? Che soddisfazione rappresenta per un ricercatore?

Margherita Maiuri: «L’ERC è un progetto molto competitivo, come ci dicono le statistiche. Sicuramente serve avere un buon CV, ma non basta. La cosa più difficile è definire bene l’idea alla base. Il progetto deve ambire ad essere una ricerca “di frontiera”, ad alto rischio e con alto impatto, ma allo stesso tempo potenzialmente fattibile e personalizzata sulle proprie esperienze scientifiche. Oltre a tutto questo esiste anche una parte più imprevedibile, che dipende dalla commissione che valuterà il progetto, per cui anche il modo di presentare la propria idea è fondamentale.  Aver ricevuto il finanziamento è certamente motivo di grande orgoglio personale, prima di tutto. L’ERC è tra i riconoscimenti scientifici europei più prestigiosi. Ma la cosa più importante è che permette a noi giovani ricercatori finanziati di essere scientificamente del tutto autonomi, una condizione non banale da raggiungere nel contesto italiano. Credo molto nel mio progetto e non vedo l’ora di iniziare».

Margerita Maiuri nei laboratori di Fisica del Politecnico di Milano

Fabio Ferrari: «L’ERC è il Grant di maggiore prestigio in Europa ed ha pochi eguali al mondo. È sicuramente il riconoscimento più ambito per un ricercatore che lavora in Europa, e per questo motivo è anche il più difficile da conquistare! Il processo di preparazione è lungo e faticoso, ma allo stesso tempo stimolante e gratificante. Si imparano tante cose lungo il percorso, non solo nell’approfondire le tematiche scientifiche che riguardano il cuore del progetto, ma anche nello scoprire le proprie attitudini e nel dare sfogo alla propria capacità di immaginazione e creatività. In particolare, credo che quest’ultima sia l’ingrediente fondamentale per l’ERC: questo grant ti pone alla frontiera della ricerca scientifica, allo studio di una soluzione che nessuno ha ancora trovato. È quindi fondamentale dare sfogo alla propria creatività, per immaginare ciò che ancora non esiste, e per incanalarlo in una struttura scientificamente rigorosa».

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