Spostarsi in aerotaxi: il futuro della Urban Air Mobility è più vicino di quanto pensiamo

Quello degli aerotaxi o eVTOL, come vengono chiamati nel modo aeronautico, è uno degli argomenti più attuali del momento. L’evoluzione tecnologica corre veloce, e voci ottimiste già annunciano che in occasione delle prossime Olimpiadi vedremo volare questi nuovi mezzi di trasporto per i cieli di Parigi. Qui sopra potete ad esempio vedere il prototipo di un velivolo Vahana di Airbus (che ringraziamo per averci fornito l’immagine).

Noi di Frontiere, aperti alle novità e curiosi per natura, siamo andati da un vero esperto di questi temi. Abbiamo infatti intervistato Alex Zanotti, nostro ricercatore del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali, che ci ha spiegato cosa possiamo veramente aspettarci di vedere nei nostri cieli cittadini nel prossimo futuro.

Ciao Alex. L’idea di aerotaxi potrebbe evocare un certo immaginario fantascientifico dagli sfumati contorni. Ma in realtà di cosa parliamo quando parliamo di aerotaxi nel 2021?

Parliamo più generalmente di ricerca nel campo della Urban Air Mobility o Advanced Air Mobility, ovvero di veicoli per il trasporto tipicamente di persone su raggio medio/corto. Si tratta di un raggio di 50/100 km, coperto da velivoli con una velocità più bassa rispetto a quello di un classico aeroplano di linea da trasporto passeggeri: 100/200 km/h.

Proprio questo tipo di velivoli dovrebbe rappresentare il nuovo concetto di mobilità urbana sostenibile.

Alex Zanotti davanti alla galleria del vento S. De Ponte del Laboratorio di Aerodinamica del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali
Come è nata la vostra idea di una ricerca in questo ambito?

Il nostro primo contatto è stato, attorno al 2017, quello di un ex dottorando, con cui per tanti anni ho condiviso ufficio e tanti lavori corredati da pubblicazioni. Al termine del suo periodo qui al Poli, in quel periodo aveva trovato impiego presso il centro di innovazione di Airbus in Silicon Valley.

Un contatto di questo genere è stato molto importante, perché ci ha permesso di avere finanziamenti per iniziare ad occuparci dei complessi aspetti aerodinamici di queste nuove macchine lavorando su un progetto di velivolo concreto.

C’è ancora una volta la Silicon Valley al centro di questo nuovo business?

Bisogna dire che uno degli aspetti caratterizzanti di queste nuove macchine volanti sarà l’utilizzo di tecnologie informatiche e di comunicazione all’avanguardia, per cui sicuramente la Silicon Valley sarà sicuramente protagonista nello sviluppo di questa nuova realtà. Inoltre, in quella parte del mondo ci sono alcuni degli agglomerati urbani più grandi del pianeta. Penso ad esempio all’area di San Francisco. Per cui direi che è stato naturale che proprio da quelle parti negli Stati Uniti siano nate delle realtà che hanno iniziato a sviluppare idee per decongestionare il traffico urbano delle grandi aree metropolitane.

Tuttavia, ad oggi le aziende che si occupano di mobilità urbana aerea sono tantissime e si trovano ad ogni latitudine terrestre. Pensa che ad oggi si contano almeno 150, tra compagnie grandi, piccole, medie e startup che stanno sviluppando idee in questo ambito. Infatti, in questo periodo, vengono investiti una vera e propria pioggia di milioni su questo settore, che ha permesso a tante aziende di fare grandi progressi dal punto di vista tecnologico e far sì che queste nuove macchine volanti non siano più solo qualcosa di immaginabile. In effetti si può dire che questa è la più grande novità nel campo aeronautico degli ultimi anni; sicuramente un affare in cui tutti in questo momento vogliono investire e lavorare.

Qual è lo stato attuale del settore?

Queste realtà si stanno occupando di sviluppare svariate tipologie di nuove configurazioni di velivoli. La base da cui si parte sono le conoscenze pregresse sugli elicotteri, sui convertiplani, sugli aeroplani e sui droni.

Come in tutti i campi, quando c’è una novità, dalle piccole realtà fino alla grande azienda, si parte con un approccio trial and error. Si stanno sperimentando configurazioni molto diverse tra loro che sono in pratica una via di mezzo tra un grande drone ed un convertiplano. Si continuano a studiare e verificare le loro performance per arrivare ad una configurazione convincente dal punto di vista tecnologico e vincente sul mercato dal punto di vista del business.

Prova di interazione aerodinamica tra due propeller in tandem nella galleria del vento S. De Ponte
In che modo si inserisce la tua ricerca al Poli in questo scenario?

Il nostro approccio in questo caso è diverso, più accademico, in quanto non vogliamo sviluppare un nostro modello di velivolo. Il nostro è un po’ un lavoro di servizio, dietro le quinte, che però è qualcosa che ci viene fortemente richiesto, sia dalle aziende che dal mondo della ricerca.

Siamo partiti infatti dalla richiesta di Airbus, in Silicon Valley, di mettere a disposizione le nostre conoscenze scientifiche nell’ambito dell’aerodinamica per sviluppare un codice numerico valido che potesse guidare la progettazione di queste nuove configurazioni.

Dall’altra, la parte sperimentale, cioè soprattutto le prove in galleria del vento che sono fondamentali per la validazione degli studi teorici che si fanno sull’aerodinamica di macchine così complesse.

Il fatto che sia un settore ricco di investimenti da parte delle aziende e che il tema della mobilità sostenibile sia molto caldo, ci permette di ottenere finanziamenti per fare anche tante prove sperimentali in galleria del vento che sono molto costose.

Qual è l’obiettivo della tua ricerca?

Siamo partiti dalla grande esperienza del nostro Dipartimento nell’ambito degli elicotteri e dei convertiplani, perché questi velivoli hanno in comune con loro decollo ed atterraggio verticale e l’utilizzo di rotori, a volte tanti. D’altra parte, queste macchine sono abbastanza nuove, e quindi non c’è tanta letteratura scientifica o diversi studi sistematici sui fenomeni aerodinamici che interessano questa specifica tipologia di velivoli, per esempio sulle interazioni tra i tanti rotori che caratterizzano queste macchine.

Il nostro obiettivo è, in sostanza, effettuare degli studi sistematici su tali configurazioni per fornire delle linee guida al mondo industriale che possano essere utilizzate per ottimizzare i loro prodotti prima dell’inserimento sul mercato.

I primi risultati di questa ricerca sono già stati pubblicati?

Sì. Abbiamo impiegato un po’ di anni a sviluppare il nostro codice aerodinamico finalizzato allo studio di queste configurazioni partendo da un “foglio bianco”, ma grazie alla competenza ed alle capacità dei nostri giovani ricercatori che ci hanno lavorato da qualche tempo lo abbiamo rilasciato. Una cosa che vorrei evidenziare è che il codice aerodinamico è stato rilasciato in modalità open source, per cui chiunque può andare sul nostro repository, può scaricarlo, lavorarci, e magari migliorarlo. Il riscontro è ottimo: continuiamo a ricevere notifiche di utilizzo e di soddisfazione da tutto il mondo Sicuramente abbiamo sviluppato un software allo stato dell’arte per questi scopi.

Abbiamo chiamato questo codice DUST. Non si tratta di un acronimo, più che altro suonava bene. E alla fine quello che stavamo facendo era simulare le scie dei rotori di queste macchine con nuvole di particelle… Per cui rilasciando polvere nell’aria!

Simulazione di due propeller in tandem eseguita con il codice aerodinamico DUST
E poi mi parlavi della parte sperimentale…

Sì, ovviamente nella sperimentazione la pandemia purtroppo ha rallentato il processo ma i risultati delle prime prove in galleria del vento su queste configurazioni sono già stati pubblicati.

Per quanto riguarda la parte sperimentale, noi andiamo a studiare delle configurazioni base in maniera sistematica, ossia cambiando ogni volta i parametri geometrici e di volo a uno a uno, per vedere quali sono gli effetti positivi e negativi sulle prestazioni aerodinamiche dei nostri modelli dovuti a queste variazioni.

In questa parte della ricerca fa da padrone il know-how del Dipartimento nelle misure in galleria del vento. Ne abbiamo una più piccola, nel nostro laboratorio, la Galleria De Ponte, che usiamo per fare test su modelli in scala e poi la più grande e famosa, finalizzata alle prove di componenti di questi velivoli in scala 1:1, quali i rotori, che studiamo utilizzando le varie tipologie di tecniche di misura che abbiamo a disposizione.

Qual è il passo successivo?

Quello che stiamo studiando in questo momento, che è forse il tema più sentito recentemente in questo ambito, è l’impatto acustico. È una grandissima problematica per queste macchine, che devono lavorare in ambiente urbano, ovviamente a quote molto più basse rispetto a quelle di un aeroplano.

L’impatto acustico sarà un aspetto molto importante, per cui prima di vedere questi velivoli correntemente in azione su una città, sarà necessario effettuare un’ottimizzazione acustica della macchina. Per fare questo, stiamo lavorando ad un ambiente numerico unico di simulazione aeroacustica che verrà validato da misure sperimentali. L’obiettivo è fornire uno strumento valido che possa permettere di guidare il progetto di queste macchine anche dal punto di vista del loro impatto acustico sull’ambiente urbano.

In pratica, quale sarà la nostra esperienza di volo in aerotaxi?

Sarà molto simile a quello che abbiamo oggi con le app di sharing mobility. Cioè tu con la tua app prenoti il tuo aerotaxi, e al tuo arrivo nel luogo di pick-up troverai il mezzo che ti attende. Poi basterà indicare il luogo di destinazione sul software di bordo e si parte…

I vertiporti, così sono chiamate le infrastrutture che gestiranno questi velivoli, saranno realizzati presso luoghi di interesse come grandi hub aeroportuali, stadi, fiere, sedi di grandi aziende o luoghi di interesse cittadini. L’esempio classico di utilizzo sarà per esempio dall’aeroporto al centro città. Oppure tra un tetto di un grattacielo e l’altro!

Alex Zanotti all’interno della galleria del vento S. De Ponte
Quale pensi sia un termine temporale realistico per il lancio di un servizio regolare?

Dal punto di vista tecnologico non vedo particolari difficoltà, perché, come ti dicevo, partiamo da una base di conoscenze in ambito aeronautico ben nota. Queste macchine voleranno, e voleranno a breve. Si stanno concentrando gli sforzi per l’obiettivo delle Olimpiadi di Parigi 2024 e quelle invernali di Cortina e Milano 2026, per creare degli aerotaxi che colleghino gli hub aeroportuali ai luoghi dove si terranno le competizioni sportive, come gli stadi.

È probabile che tra pochissimi anni li vedremo in volo più che altro a fini dimostrativi, per poi pensare ad un servizio regolare nell’arco di 10-20 anni.

Quali problemi bisogna ancora risolvere?

Un tema molto importante è sicuramente quello dell’indotto attorno a questa nuova realtà.

Non solo aerotaxi, quindi, ma tutto quello che gira loro intorno…

Sì, esatto. C’è la parte di handling che consiste nella realizzazione dei vertiporti e dei servizi a terra per i velivoli ed i passeggeri. I vertiporti saranno piccoli aeroporti che permetteranno il decollo e l’atterraggio di questi velivoli, sia in ambiente urbano che in ambiente extraurbano. Queste strutture forniranno inoltre gli strumenti di ricarica dei velivoli che – ricordo – saranno tutti a propulsione elettrica, a impatto sostenibile. Inoltre c’è la parte software… Tieni conto che alcuni di questi velivoli saranno comandati automaticamente – sì hai capito bene – senza pilota.

E poi c’è la loro certificazione, perché oltre ad avere una configurazione innovativa rispetto ai classici aeroplani o elicotteri dovranno viaggiare in un ambiente molto più delicato: la città.

In tutte questi ambiti è fiorito un gran numero di società dedicate, che hanno però le idee già piuttosto chiare.

Simulazione aerodinamica per un velivolo eVTOL Vahana
E l’aspetto psicologico?

Anche questo è un punto caldo. Quali saranno le reazioni di una persona comune che sale su un oggetto del genere? Soprattutto nel caso di macchine volanti senza pilota a bordo? Non è una cosa trascurabile. E poi c’è l’effetto del traffico aereo: pensare di avere un gran numero di grossi “insetti” che si muovono in città sopra le nostre teste non è proprio una cosa di poco conto. Bisogna avere un piano di regolamentazione molto robusto del traffico aereo cittadino, avere sistemi efficaci per evitare le collisioni, quindi studiare le traiettorie, i percorsi…

Come è successo per gli aeroplani, il mondo degli addetti ai lavori dell’aeronautica deve creare fiducia nella popolazione, per rendere questi nuovi tipi di velivoli parte del nostro quotidiano. Ci vorrà qualche anno dalla presa di servizio di queste macchine ovviamente…

Sarà più simile a un trasporto individuale a prenotazione o a un trasporto pubblico di massa?

Ci sono varie tipologie allo studio: in tanti ci stanno provando e ognuno si sta dedicando più o meno a una certa fetta di mercato.

Ci sono le tipologie più semplici, quelle simili a un grande drone, che devono portare pochissimi passeggeri, uno massimo due, e fare tragitti molto brevi. Ad esempio, il caso in cui in un grande centro urbano come San Francisco o New York debba spostarmi da un grattacielo a un altro.

Poi ci sono quelli simili a vip services. Si parla, per esempio, dei tragitti dall’aeroporto al centro città, per una distanza di 50 o 60 km. Oltre alle persone, fino a 4 o 5, questi velivoli, più simili a un convertiplano, saranno studiati anche per trasportare bagagli, merce o strumentazione.

Le applicazioni sono molteplici: quella turistica, per esempio; oppure quella sociale, per un servizio di ambulanze volanti. E ancora, sempre nell’ambito del trasporto passeggeri, non solo per gli spostamenti dall’aeroporto alla città, ma tra luoghi peculiari per le loro caratteristiche. C’è ad esempio un bellissimo caso di studio sul loro utilizzo tra Venezia e le varie isole della laguna…

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