Luca Beltrami, l’architetto che ridisegnò Milano

La vita

Luca Beltrami
Luca Beltrami

Luca Beltrami nasce nel 1854, in una Milano ancora sotto il dominio austriaco. Sono passati solo sei anni dalle Cinque Giornate, siamo in pieno Risorgimento.

Dopo aver ottenuto il diploma di maturità tecnica nel 1872, si iscrive al Politecnico di Milano, allora chiamato Istituto Tecnico Superiore. La nuova Università, fondata dal matematico Francesco Brioschi nel 1863, era parte di un complesso progetto di organizzazione dell’istruzione superiore che voleva collegare tutti gli organismi scientifici della città, ricercando una sinergia con le attività imprenditoriali, per promuovere un progresso economico che la classe dirigente del tempo non vedeva separato da quello delle istituzioni civili e politiche.

Superate brillantemente le prove di ammissione nel campo della geometria descrittiva, viene spinto a scegliere architettura dall’amico Luigi Conconi, pittore e architetto, che lo introduce nell’ambiente della Scapigliatura, movimento protagonista dell’ambiente culturale milanese dell’epoca.

Luca Beltrami è un eccellente allievo: la sua mentalità è razionale e positiva, ma allo stesso tempo pervasa da una vocazione artistica che si manifesta nell’incisione. Si narra che proprio Francesco Brioschi, durante una lezione di matematica, colse il giovane Luca a incidere su una lastra di rame. Durante alcune gite di istruzione organizzate dal Politecnico nella primavera del 1875 a Padova, Venezia, Firenze, Roma e Napoli, Beltrami si dedica a schizzi dei loro affascinanti paesaggi.

Gli studi al Politecnico gli valgono la stima di Camillo Boito, punto di riferimento nazionale nel dibattito sull’architettura, influentissimo sulla politica dell’istruzione artistica, direttore delle Scuole di architettura al Politecnico e all’Accademia, dove è l’unico professore.

Conquista dell’acutezza e della testardaggine di Camillo Boito, la sezione architetti civili dell’Istituto Tecnico Superiore, istituita nel 1865, s’inserisce nel progetto modernista di una città che individua nella sua collocazione geografica il cuore economico dell’area del Nord Italia e il collegamento della nazione con il territorio europeo. La formazione “politecnica”, influenzata dal mondo professionale che fa i conti con l’avanzare della civiltà industriale, propone un approccio razionalista all’architettura, grazie all’inserimento di discipline scientifiche, insegnate anche da ingegneri, a fianco degli ateliers di architettura e di disegno.

La sezione, che prevedeva insegnamenti tecnici a fianco di quelli artistici tenuti dagli stessi docenti della scuola di architettura di Brera, consentiva, dopo la frequenza di tre anni e il superamento degli esami, di accedere al libero esercizio della professione di architetto civile e di differenziare i diplomati dai licenziati in Accademia. Questi ultimi erano idonei a diventare professionisti del disegno architettonico, ma non del progetto.

Nell’agosto 1876, Beltrami consegue il diploma in architettura civile con 38/40 e si trasferisce a Parigi, dove segue i lavori di ricostruzione dell’Hotel de Ville di Garnier, dopo aver frequentato l’École National des Beaux-Arts come primo allievo italiano.

Nel 1879 partecipa al concorso bandito per il monumento alle Cinque Giornate di Milano, che avrebbe decorato la porta della città che era stata rinominata Vittoria dopo l’Unità. Ma la proposta di una torre coronata da un “Vittoria” non risponde alle richieste della commissione, e il concorso è vinto da Giuseppe Grandi, con il monumento che possiamo ammirare tuttora.

Luca Beltrami
Luca Beltrami

Tornato a Milano nel 1880, il ventiseienne Luca Beltrami è docente all’Accademia, un traguardo irraggiungibile per molti artisti più anziani e con una carriera prestigiosa. Nell’aprile 1881 viene nominato socio onorario. A Beltrami è assegnato, oltre all’incarico del rilievo del Lazzaretto nel 1881, quello della rocca di Soncino nel 1882.

Nel 1886 supplisce Archimede Sacchi nel corso di “architettura libera”. Boito gli aveva spianato la strada, facendosi sostituire spesso da lui e segnalando nel 1885 al direttore Brioschi le qualità del giovane, perché lo spronasse a continuare. Morto Sacchi nel 1886, Beltrami fu nominato professore straordinario di Architettura Pratica, insegnamento rivolto sia agli allievi architetti civili che agli allievi ingegneri industriali e ingegneri civili. Per il gruppo boitiano un architetto titolare di un corso rivolto anche ai futuri ingegneri è una grande vittoria. Nel 1890 Beltrami si dimetterà per candidarsi alle elezioni politiche.

Luca Beltrami non è solo architetto, ma un intellettuale con svariate attitudini, una figura del tutto organica alla cultura liberal-conservatrice che amministrava Milano al tempo. La sua carriera, coscientemente e efficacemente programmata, lo vedrà architetto, restauratore, protagonista della tutela dei monumenti in Lombardia con funzioni e autorevolezza nazionali, storico dell’architettura e dell’arte, studioso e trascrittore di Leonardo, protagonista di molte imprese culturali, fondatore di riviste, giornalista (per un breve periodo direttore del Corriere della Sera), autore satirico, caricaturista di talento, narratore e autore di racconti di critica sociale, instancabile battagliero polemista sulle più varie questioni, uomo politico di successo. Degni di nota i racconti satirici sull’immaginario borgo di Casate Olona, spesso firmati con lo pseudonimo “Polifilo” o con l’anagramma “Marcel Libaut”, che comparvero a puntate sul Corriere.

Il sindaco di Milano, Gaetano Negri, nel 1885 lo vuole come assessore all’Edilizia, ma il liberale e conservatore Beltrami non si sarebbe astenuto dal denunciare comunque gli errori dell’amministrazione comunale.

Proprio quando Beltrami è deciso a lasciare l’attività politica, nel novembre del 1890 gli viene proposta la candidatura alla Camera nel primo Collegio di Milano. Deputato per tre legislature successive, nel 1905 Giolitti lo vuole senatore del Regno.

Amareggiato dalle vicende politiche della sua città, nel 1920 Beltrami lascia il capoluogo lombardo per stabilirsi a Roma. Papa Achille Ratti lo chiama in Vaticano con la qualifica di conservatore dello Stato Pontificio, carica che gli consente di aggiudicarsi la progettazione della Pinacoteca Vaticana nel 1931. Come direttore del nuovo piano regolatore della Città Santa, si occupa inoltre della risistemazione del Tevere e dell’Isola Tiberina.

Muore un anno dopo avere terminato i lavori alla Pinacoteca Vaticana, nel 1933. La salma viene trasportata sul lago d’Orta, a Cireggio, dove da ragazzo Beltrami trascorreva l’estate; successivamente le sue spoglie verranno deposte nel Cimitero Monumentale di Milano.

Beltrami storico dell’architettura

La storia dell’architettura scritta da Beltrami si pone, fin dai primi lavori sul Lazzaretto di Milano, nella scia tracciata dalla cultura del positivismo: si basa sui fatti, analizza i motivi che stanno alla base del fare architettura, esamina come essa risponda a esigenze pratiche, della committenza e della comunità; quasi una moderna storia sociale.

Il suo orizzonte è vasto: i temi principali sono i grandi monumenti lombardi come il Duomo, Santa Maria delle Grazie di Milano, la Certosa di Pavia, l’abbazia di Chiaravalle, l’architettura d’epoca sforzesca in generale, l’opera lombarda di Bramante e di Leonardo da Vinci; la dimensione regionale è privilegiata, ma sono tuttavia molte decine gli articoli che riguardano altre aree geografiche italiane e straniere.

La sua poliedrica attività si manifesta anche nel campo museografico: collabora al riordino della Pinacoteca Ambrosiana con il prefetto Achille Ratti, destina a un’organica serie di musei il Castello Sforzesco, progetta la Pinacoteca Vaticana e ne disegna l’allestimento interno, nei più minuti particolari, fino alle cornici dei principali quadri.

Beltrami restauratore

Intensa e assidua è la sua vocazione per la salvaguardia del patrimonio artistico di numerose città italiane e in particolare per Milano e Roma, anche se non sempre la sua battaglia avrà esiti positivi, perché in molti casi prevarrà la smania distruttrice. Un esempio milanese è la Pusterla dei Fabbri che sorgeva in fondo a via Cesare Correnti, l’ultima testimonianza delle sei porte maggiori che delimitavano la città.

D’altra parte, il Castello Sforzesco, Palazzo Marino, il Lazzaretto, la Torre San Gottardo, l’abbazia di Chiaravalle, la chiesa di Sant’Ambrogio, il Palazzo dei Giureconsulti con l’annessa piazza Mercanti e la chiesa di Santa Maria delle Grazie sono stati restituiti ai milanesi grazie alle cure dell’instancabile architetto.

Diviene membro della Commissione conservatrice dei monumenti, cioè dell’organo consultivo del ministero per la tutela delle architetture considerate di rilevanza storico-artistica; è membro del Consiglio superiore di Antichità e Belle Arti, l’istituzione che decide in ultima istanza sulle questioni del restauro; viene nominato delegato del Ministero per la conservazione dei monumenti della Lombardia; nel 1892 è direttore dell’Ufficio regionale per la conservazione dei monumenti.

Nel periodo in cui cura la direzione dell’Ufficio regionale, moltissimi edifici lombardi vengono restaurati, basti ricordare la grandiosa ricostruzione del Castello Sforzesco che diviene la sede dei musei civici e di istituzioni culturali, i lavori a Santa Maria delle Grazie, alla Certosa di Pavia, al Duomo di Brescia, agli edifici del primo romanico milanese e comasco; diede anche pareri per la Basilica Palladiana e il Teatro Olimpico di Vicenza, per il Duomo di Piacenza, il campanile di San Marco, tutte opere che si collocano tra i due ultimi decenni dell’Ottocento e il primo del nuovo secolo; agli ultimi anni di vita risalgono i restauri alla cupola di San Pietro a Roma.

Il significato della sua azione è, secondo le sue stesse parole, patriottico: la conoscenza dell’arte, la sua presenza, hanno la funzione di far comprendere a tutti, ancor più di far sentire con tutto l’animo di cui un uomo è capace, l’appartenenza a una comune civiltà; la formazione della coscienza nazionale è lo scopo di fondo.

Beltrami è protagonista del superamento di un restauro stilistico basato su impressioni emotive, in cui l’edifico è ricondotto a una forma unitaria genericamente appartenente alla sua epoca d’origine; è fondatore di quel metodo che si definisce, già mentre viene elaborato, “storico”.

Beltrami costruttore

La cultura dell’eclettismo architettonico di Beltrami non è l’adesione a un modo di operare abituale nel suo tempo, ma una pratica profondamente sentita, un ulteriore legame con la storia e la tradizione, che egli difenderà sempre.

Le sue costruzioni più rilevanti a Milano sono: il Palazzo per l’Esposizione Permanente in via Turati (1883-1885); la sede del Corriere della Sera in via Solferino ( 1903-1904); i palazzi per le Assicurazioni Generali (1897-1901) e Dario Biandrà ( 1901-1903), che delimitano il lato est di piazza Cordusio; i due edifici per la Banca Commerciale Italiana (1906-1911, verso via Manzoni; 1919-1927, verso via Santa Margherita) che, insieme al fronte di Palazzo Marino (1886-1892) danno forma a piazza della Scala, uno dei principali luoghi di Milano; le case Bernasconi in via Mascheroni ( 1911-1912).

Sono tutti edifici che riecheggiano i temi dell’architettura del Rinascimento, prevalentemente del Cinquecento, con esiti che vanno dal classicismo nelle sue forme più semplici a un manierismo misurato nelle forme generali e molto marcato negli elementi architettonici e decorativi.

Beltrami, pur non avendo costruito molto, e non avendo avuto un ruolo particolare nella progettazione urbanistica di Milano, ha caratterizzato alcuni fra i punti più vivi della città: il Castello Sforzesco è tra i luoghi più frequentati, piazza Cordusio, soprattutto piazza della Scala, che è di sua architettura per tre lati.

La Milano di Luca Beltrami

Palazzo della Permanente

Nel 1883 Beltrami riceve il prestigioso incarico per la costruzione della sede per la Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente. L’edificio si colloca lungo la direttrice di espansione della città verso la stazione ferroviaria centrale, in prosecuzione della via Manzoni al cui termine si trovano gli antichi archi che a metà secolo erano stati oggetto di grandi polemiche tra conservatori e demolitori, punto cruciale dello snodo tra città antica e nuova. L’architettura, costruita negli anni 1885- 1886, è pensata da Beltrami in stile rinascimentale, con forme ispirate al tardo XV secolo.

La risistemazione della piazza del Duomo

Il problema della sistemazione di piazza del Duomo e delle sue adiacenze era stato dibattuto lungo tutto il XIX secolo.

Alla fine dell’Ottocento, a causa delle nuove ampliate dimensioni della piazza del Duomo e alla monumentalità degli edifici di contorno, torna la questione della sua facciata. Nel 1886 la Fabbrica del Duomo bandisce un concorso nel quale emerge la proposta di Luca Beltrami che, oltre allo studio della facciata, propone un nuovo assetto della piazza presentando l’idea di erigere una torre campanaria dove oggi sorge l’arengario, da realizzarsi con il reimpiego di materiali ed elementi decorativi recuperati dalla demolizione della facciata.

Beltrami è secondo e, a sorpresa, viene scelto il progetto di Giuseppe Brentano, che non viene però realizzato a causa della morte prematura dell’architetto. Con l’ennesimo concorso e progetto non realizzato, tramonta definitivamente l’idea di una nuova facciata per il Duomo di Milano.

Sinagoga di Milano

Sinagoga di Milano
Sinagoga di Milano (Foto di FLLL su licenza CC BY 4.0)

Risale al 1890-1892 la costruzione della sinagoga di Milano, un edificio a pianta pressoché quadrata absidata in cui sono presenti, nella fronte come negli interni, elementi propri dell’architettura religiosa cristiana nei riferimenti orientaleggianti comuni all’Eclettismo ottocentesco. Beltrami disegna anche gli arredi: dalle lampade a sette bracci alla tenda ricamata che copre la porta del vano di custodia delle Bibbie, alle decorazioni, luminose e fortemente colorate della fronte e, all’interno, della calotta absidale dorata e percorsa da raggi di un vivido colore oltremare.

Il restauro del Castello Sforzesco

L’attenzione di Beltrami per la scala urbana dei problemi si manifestò in maniera esemplare nella vicenda del Castello. Abbandonata infatti l’idea della demolizione – dopo il veto del Ministero, intervenuto su sollecitazione dello stesso Beltrami e della Commissione Conservatrice dei Monumenti – il Castello venne a costituire l’elemento cardine per la realizzazione di un quartiere alto borghese di elevata qualità architettonica. In questa ottica la nuda cortina muraria, i due torrioni cilindrici incompiuti, il modesto portone, risultavano poco decorosi. Il Comune affidò quindi nel 1893 a Luca Beltrami l’incarico di un graduale recupero dell’edificio.

Il progetto da lui messo a punto e realizzato negli anni seguenti contemplò in una riuscita sintesi le ragioni del decoro, quelle del restauro e quelle, sempre importanti per le casse comunali, dell’economia. L’inserimento nei locali recuperati del Castello di alcune delle più importanti istituzioni museali e archivistiche della città costituì un polo culturale atto a contribuire alla valorizzazione complessiva del quartiere. Anche l’utilizzazione delle torri angolari, restaurate innalzando il giro dei merli, per inserirvi i serbatoi del nuovo acquedotto concorse a rendere più conveniente l’intero recupero dell’edificio.

La costruzione sul fronte verso città della Torre Umberto I, detta più comunemente “Torre del Filarete”, anche se molto discutibile dal punto di vista della veridicità storica, completò l’immagine dell’edificio dotando, nel medesimo tempo, la sequenza monumentale Cordusio-via Dante-Foro Bonaparte, appena terminata, di un degno punto focale.

La nuova piazza Cordusio

Un ruolo di rilievo Beltrami svolse ancora nella riconfigurazione della piazza Cordusio. Si trattava del punto in cui si intersecavano, con un cambio di direzione, le vie provenienti da piazza del Duomo con via Dante formando uno slargo triangolare. Beltrami propose un ampio piazzale di forma ellittica e una nuova strada in asse con lo sbocco laterale della Galleria per perfezionare il complesso di opere tra il Duomo e il Castello sulla base di considerazioni di topografia storica e di viabilità.

Un regolamento stabilì un’uguale altezza degli edifici e l’uso di decorazioni e materiali costruttivi omogenei. Due degli edifici che si affacciano sulla piazza furono realizzati dallo stesso Beltrami, la Casa Riandrà e il Palazzo Venezia delle Assicurazioni Generali. Di particolare rilievo è il caso del Palazzo Venezia, che doveva costituire la quinta di fondo della nuova piazza ellittica per le viste da via Dante e, nel medesimo tempo, fungere da snodo visivo delle due strade di accesso verso piazza del Duomo. Perciò la commissione edilizia, all’atto del riconoscimento del carattere di monumentalità, dettò alcune condizioni da rispettare durante la costruzione. Tra queste quelle relative alla decorazione a mosaico del nicchione mediano e all’obbligo di sopraelevare la parte centrale della facciata con una cupola o analoga costruzione di rilevanza monumentale derivavano da considerazioni sul disegno della città e furono imposte nonostante il parere contrario del progettista che riteneva si dovesse mantenere la continuità delle linee conclusive del fabbricato, senza sopraelevazioni.

Il palazzo del Corriere della Sera

La sede del “Corriere della Sera” viene costruita nel 1903-1904. La capacità di Beltrami di interpretare l’incalzante stile Liberty affascinò subito l’amico Luigi Albertini, direttore del Corriere della Sera, proprio per il modo di coniugarlo con il “buonsenso meneghino”, certamente meno propenso alle avventure del gusto.

I precedenti sono scarsi, sia in Italia che in Europa. Sono poche, infatti, le testate che possiedono un fabbricato realizzato in base alle esigenze di un giornalismo in rapida trasformazione, soprattutto tecnologica. L’intervento aveva previsto successivamente anche l’incorporazione della casa Feltrinelli, per ampliare la fabbrica e l’edificio per le rotative, che trent’anni dopo avrebbe realizzato Rosselli. Altre modifiche vennero fatte da Mariani negli anni Trenta e Quaranta, in perfetta linea con il progetto di Beltrami, soprattutto all’interno del corpo di fabbrica.

La facciata, bassa e allungata, prevede già nel 1907 un sopralzo, sempre arricchito da decorazioni di carattere eclettico; un linguaggio magniloquente che approda ad una sorta di “nuovo classicismo”, con qualche concessione al modernismo dilagante. Non mancano riferimenti al Rinascimento e alle squisitezze della Secessione viennese. Beltrami pensa ad una facciata austera dove tradizione e innovazione si mischiavano insieme, prefigurando un’architettura istituzionale. Al primo piano c’è la sala riunioni, battezzata Luigi Albertini, con lampade, tavoli, sedie e scaffalature disegnate dallo stesso Beltrami, la stanza del direttore, le sale della redazione, il locale dei fattorini, l’archivio e i servizi. L’edificio, immagine della “trasparenza dell’informazione”, internamente è ben imbottito di legno, sobrio ed efficiente, destinato a diventare la memoria storica del giornalismo italiano.

Piazza della Scala

L’ultimo spazio pubblico alla cui definizione partecipò in maniera determinante Beltrami è la piazza della Scala, che, con l’eccezione dell’edificio neoclassico del Piermarini e dello sbocco della Galleria, è interamente a lui dovuta, compreso il disegno degli arredi urbani: lampioni e fontanelle.

Aperta a metà Ottocento, per dare risalto al Teatro e come perno dei collegamenti verso il Broletto e San Babila, è collegata al Duomo dalla Galleria Vittorio Emanuele II di Giuseppe Mengoni, che crea un varco che già l’ambizioso Tommaso Marino voleva aprire per la sua sontuosa residenza.

Beltrami vi interviene prima facendo prevalere, da assessore, la sua volontà di restaurare il fronte incompiuto di Palazzo Marino, che il nuovo spazio aveva scoperto nel suo pittoresco insieme di cortine edilizie che non potevano soddisfare il desiderio di sontuoso decoro che si voleva per la città. Venne utilizzato un progetto il più possibile fedele a quello di Galeazzo Alessi, sulla base dei dati storici d’archivio e dello studio della costruzione, secondo linee già tracciate evisibili nel risvolto del fronte su via Case Rotte.

Per quanto riguarda il secondo lato della piazza, risale al 1906 il grande progetto per la costruzione della sede della Banca Commerciale Italiana all’angolo con via Manzoni. L’edificio risultante è il più “neoclassico” fra quelli realizzati da Beltrami, che assomma i caratteri di alto decoro propri della sua architettura alla monumentalità. La struttura formale è di straordinaria semplicità, tesa a realizzare una moderna interpretazione del grande palazzo cinquecentesco, in linea con una tendenza diffusa nell’architettura italiana più rappresentativa, ma condotta qui con una particolare purezza di linee.

Una scelta che probabilmente nasce dalla sua volontà di porsi in continuità con il classicismo piermariniano della Scala, dai desideri del committente che ambiva a un carattere di alta rappresentatività, e anche, come sottolinea la critica al momento dell’inaugurazione, di mostrarsi con un edificio che si riallaccia alla tradizione rinascimentale e insieme a quell’interpretazione del classicismo che ha preso il nome di stile “Impero”.

Ad essere sacrificata fu la Chiesa di San Giovanni Decollato alle Case Rotte, un edificio barocco di proprietà comunale utilizzato per archivio. Non mancarono le critiche al difensore dei monumenti cittadini che, per rendere un servizio ai committenti, dichiarava l’antica chiesa priva di valore d’arte.

La conclusione del disegno formale della piazza avverrà con il più tardo, tormentato e meno monumentale progetto della seconda sede della Banca, verso via Santa Margherita, costruita dopo la Grande guerra, in cui Beltrami riprende invece le linee di Palazzo Marino.

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