Come monitorare acqua e argini con la fibra ottica

Quando pensiamo alla fibra ottica la prima applicazione che ci viene in mente è quella legata alla connettività, perché grazie ad essa riusciamo a lavorare o intrattenerci sul web nella vita quotidiana. In realtà questa tecnologia, divenuta negli anni accessibile per il costo sempre più contenuto, è alla base di importanti sperimentazioni che riguardano l’acqua e il rischio idrogeologico. Ne sa qualcosa Manuel Bertulessi, ricercatore del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale del Politecnico di Milano, che fin dalla tesi di laurea studia come si possa ‘sensorizzare’ un argine o una tubatura per poter registrarne le criticità grazie proprio alla fibra. Il rischio idrogeologico è stato sempre un suo tema di interesse, tanto da portarlo tra i banchi di ingegneria per l’ambiente e il territorio.

«Ho frequentato il liceo scientifico, ma non avevo le idee chiare su come continuare i miei studi – spiega Bertulessi a Frontiere – L’illuminazione è arrivata durante un viaggio di istruzione per il cinquantesimo anniversario del disastro della diga del Vajont: quella tragedia e le sue dinamiche mi hanno colpito talmente tanto da orientarmi verso l’ingegneria per l’ambiente e il territorio, in modo particolare sulla difesa del suolo e sulla prevenzione dei rischi naturali.

Durante la preparazione per l’esame di Rischio idrogeologico e Protezione Civile mi sono appassionato al tema tanto da scegliere la materia per la tesi di laurea. Ho iniziato a lavorare sul concetto di argini intelligenti, un concept partito dal Nord Europa, soprattutto dai paesi come Olanda, Polonia, Germania, e gradualmente diffusosi in tutto il mondo. L’argine intelligente è dotato di sensori di diverse tipologie che sono in grado, una volta integrati, grazie alle informazioni raccolte, di restituire lo stato di salute dell’argine, sia in tempi tranquilli ma anche in caso di eventi eccezionali.
Basandoci su questo concetto, io e i miei colleghi abbiamo sviluppato una soluzione prototipale di rivestimento antierosione intelligente per i rilevati arginali.

Rete metallica a doppia torsione integrata con cavo in fibra ottica armato.
Rete metallica a doppia torsione integrata con cavo in fibra ottica armato.

L’obiettivo era quello di andare a integrare cavi sensore in fibra ottica a geostuoie rinforzate con rete metallica a doppia torsione, in modo da creare un pannello in grado di “sentire” le deformazioni dell’argine connesse a fenomeni come la tracimazione, l’overflow o le instabilità locali del terreno che possono andare a minare la funzionalità dell’argine stesso. Il lavoro di tesi ha riguardato proprio la concettualizzazione di un prototipo di questa soluzione tecnologica. Abbiamo fatto delle prove di laboratorio per verificare la sensibilità della fibra ottica una volta integrata con la rete. Contestualmente, ho condotto delle analisi con modelli ad elementi finiti per ricostruirne un digital twin, un gemello digitale. Noi lavoriamo sempre in questo modo: di qualsiasi struttura in cui andiamo a inserire la fibra ottica, vogliamo ricreare il digital twin, per avere poi la completa padronanza sulla risposta della struttura alle diverse possibili sollecitazioni e progettare di conseguenza il layout del sistema di monitoraggio.

Una volta laureato, ho avuto la possibilità di continuare con l’assegno di ricerca e poi il dottorato con lo stesso gruppo di ricerca del professor Giovanni Menduni: in questi tre anni e mezzo ho lavorato sull’utilizzo di sensori in fibra ottica per il monitoraggio di infrastrutture idrauliche critiche, quindi argini, un ponte di sostegno di condotte forzate serventi un impianto idroelettrico, canali e tubazioni, quest’ultimo uno degli ultimi campi di applicazione che abbiamo sperimentato».

Perché proprio la fibra ottica?

«Abbiamo scelto la fibra ottica tra altre tipologie di sensore per diversi motivi: il primo è che essendo un sensore lineare ben si sposa con la geometria tipica dell’infrastruttura. Stendendo e fissando il cavo alla struttura, sei in grado di monitorare diversi chilometri di infrastruttura con un unico elemento. In secondo luogo, necessita dell’alimentazione elettrica soltanto l’apparato interrogatore che invia l’impulso ottico nel cavo e, in base al principio optoelettronico su cui si basa il dispositivo, vede se e dove ci sono state deformazioni o variazioni di temperatura lungo il sensore.

La fibra ottica è inoltre immune alle interferenze elettromagnetiche rispetto agli altri sensori. E poi è possibile impiegare la stessa tipologia di cavo utilizzata per le telecomunicazioni, come abbiamo fatto sul ponte condotte in Valle d’Aosta (qui abbiamo installato più di 400 m con una squadra di operai rocciatori), che ha un costo di qualche decina di centesimi di euro al metro. Questo fattore va sommato al fatto che gli interrogatori costano sempre meno, rendendo questa tecnologia sicuramente competitiva rispetto ad altre soluzioni».

Immagini dell’installazione del sistema sperimentale di monitoraggio sul ponte condotte di Introd (AO)
Come avete sviluppato gli “argini intelligenti”?

«L’Agenzia per la sicurezza territoriale e la protezione civile della Regione Emilia-Romagna un anno fa ha finanziato la sperimentazione di rivestimenti antierosioni intelligenti per i rilevati arginali, in collaborazione sia con partner tecnico scientifici, come l’Università degli Studi di Padova, che con partner industriali come Officine Maccaferri e Optosensing, con il coordinamento generale della Fondazione Politecnico di Milano.

A Modena abbiamo installato un sito sperimentale sull’argine sinistro del torrente Grizzaga, un piccolo affluente del fiume Tiepido che confluisce a sua volta nel Panaro, uno dei fiumi più importanti della Pianura emiliano-romagnola. È un nodo idraulico molto importante che in passato ha subito diverse criticità in quanto questa zona si allagava frequentemente. L’argine si trova nella zona industriale est della città, dove ci sono molte aree produttive e commerciali.

Installazione dei rivestimenti intelligenti sull’argine sinistro del Torrente Grizzaga (loc. Fossalta di Modena)

Accanto a lavori di tipo strutturale di messa in sicurezza idraulica operati dall’Agenzia, ci hanno commissionato l’installazione di 200 m quadri di un primo prototipo di rivestimenti intelligenti. Il lavoro è stato preceduto da una intensa fase di sperimentazione, dove siamo andati a valutare qual era la soluzione migliore per fissare la fibra ottica al pannello di rete. Insieme ai colleghi dell’Università di Padova abbiamo poi progettato questo sito sperimentale, dove abbiamo inserito, oltre a questi rivestimenti, sensori per misurare il contenuto d’acqua e la temperatura del terreno. Abbiamo inoltre progettato e installato un sistema di testing meccanico dei rivestimenti in sito, costituito da un set di cuscini di sollevamento interrati al disotto dei rivestimenti posti lato campagna.

Una volta finita e collaudata l’installazione, abbiamo avuto “la fortuna nella sfortuna” di assistere a due eventi alluvionali veramente importanti lo scorso maggio. Se è vero che l’alluvione ha avuto gli effetti peggiori in Romagna, anche nella zona di Modena i fiumi hanno raggiunto i livelli di guardia, superando i record di misura di piena. Abbiamo quindi avuto un collaudo vero e proprio con due stress test importanti: i pannelli lato fiume, sommersi per più di 48 ore durante gli eventi di piena, hanno conservato pienamente la propria funzionalità. Siamo inoltre riusciti a misurare la risposta dei pannelli sensore e adesso siamo nella fase di interpretazione dei dati, che è proprio il lavoro su cui mi sto concentrando, anche per il mio dottorato di ricerca.

A livello applicativo, ovviamente non è possibile ricoprire migliaia di km di arginature per ogni corso d’acqua con questi rivestimenti intelligenti, però l’idea è quella di attenzionare le sezioni fluviali più critiche, ad esempio in corrispondenza di un’area urbana. Lì avresti un “sorvegliante idraulico fisso” che avvisa da remoto, osserva che il livello sta salendo e, se c’è qualcosa che non va, invia informazioni ai responsabili della manutenzione o agli organi locali di protezione civile: diventerebbe un prezioso strumento di supporto per la gestione e monitoraggio degli argini».

La rivista internazionale Sensors ha pubblicato i risultati della sperimentazione al Politecnico di Milano che utilizza sensori in fibra ottica per monitorare le reti idriche contro gli sprechi e lei è il primo firmatario. Come è arrivato a queste conclusioni?

«È stata un’esperienza parallela. Abbiamo sperimentato insieme a Cohaerentia, startup innovativa del Politecnico di Milano nel campo dei sensori in fibra ottica, il monitoraggio di tubazioni in HDPE, quelle comunemente utilizzate per impianti idrici urbani. In questo caso la fibra ottica è stata avvolta e fissata sulla superficie esterna del tubo. Con gli altri ricercatori ho costruito un modellino in laboratorio che ci ha permesso di testare, fare un primo benchmark, di questa tecnologia applicata a tubazioni in HDPE.

Setup sperimentale per testare il layout sensoristico selezionato
Setup sperimentale per testare il layout sensoristico selezionato

La sperimentazione si è articolata in due fasi. Nella prima abbiamo valutato la sensibilità del layout sensoristico su una tubazione in HDPE sollecitata con pressione statica. Superata positivamente questa prima fase, ci si siamo concentrati sul rilevamento dell’anomalia di pressione prodotta da una perdita in un circuito di tubazioni con acqua corrente. I risultati ottenuti hanno restituito complessivamente un riscontro positivo sull’uso di questa tecnologia, confermando la possibilità di identificare e localizzare perdite idriche anche molto contenute.

I risultati che abbiamo pubblicato sono sicuramente promettenti per un ulteriore sviluppo della tecnologia, che dovrà quindi essere “tradotta” nel linguaggio industriale per produrre dei tubi sensorizzati».

Come si vede nel futuro? Le piacerebbe continuare in questo ambito?

«Questo campo di ricerca mi piace molto e vorrei finalizzare questi risultati, soprattutto per quanto riguarda la sperimentazione per il monitoraggio degli argini. Vorrei renderlo sicuramente qualcosa di riproducibile anche a livello industriale, soprattutto come strumento utile alla gestione degli argini per quanto riguarda le procedure di protezione civile».

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