Newsletter n. 21 – La ricerca e il senso per il territorio

Manuel Bertulessi e il monitoraggio degli argini con la fibra ottica
Manuel Bertulessi e il monitoraggio degli argini con la fibra ottica

“Lo scienziato nel suo laboratorio non è solo un tecnico, è anche un bambino davanti a fenomeni della Natura che lo affascinano come un racconto di fate”.

È intrigante pensare che lo spirito con cui gli scienziati affrontano il mondo sia in fondo lo stesso con cui i bambini lo conoscono per la prima volta: il voler conoscere tutto, arrivare al centro delle cose, essere stupiti sempre, giorno dopo giorno, delle infinite cose che esistono.

Ma non sempre il rapporto dell’essere umano con la natura è così innocente come quello disegnato da Maria Skłodowska Curie in questa sua riflessione. La storia della scienza e della tecnologia è anche una storia di modificazione del mondo, di rivincita sulla natura, di dominio, di continua corsa verso il “progresso”. Con la sempre maggior coscienza dell’impatto che hanno le attività umane sul nostro pianeta, la dialettica tra fautori di una natura benigna e di una natura maligna non sembra essersi mai sopita; semmai, ha riacquistato vigore.

Questo numero di Frontiere parla molto di questo, del rapporto fluido che abbiamo con l’ambiente: a volte vi siamo immersi, a volte vogliamo sovrastarlo, a volte ne siamo schiacciati. Ma sicuramente ne facciamo parte.

Partiamo dal ricordo di un disastro tremendo di 60 anni fa, quello del Vajont, per aprire una finestra sui nuovi sviluppi della tecnologia, che ci aiutano a fare in modo che sia sempre più difficile che possano ripetersi certi avvenimenti.

E perché l’ispirazione dei maestri è sempre importante per guardare al futuro, imparando dal passato, vi riporteremo per un momento in un’aula del Politecnico, a seguire la lezione di un professore d’eccezione, Renzo Piano.

Vi salutiamo ricordandovi che è cominciata una nuova stagione di #ilPOLIMIrisponde, dove i nostri docenti e ricercatori vi chiariscono le idee sui quesiti più curiosi che ci inviate. Oggi scoprirete con noi cosa sono le comunità energetiche.


Il gruppo di ricerca AMAZING assieme alla comunità locale
Il gruppo di ricerca AMAZING assieme alla comunità locale

Acqua, tradizione e tecnologia per salvare la valle dell’Aurès

La regione dell’Aurès intorno a Biskra, non lontano dal Sahara algerino, sta affrontando difficili sfide, legate al cambiamento climatico e non solo: desertificazione, calo di produttività agricola, sgretolamento del tessuto comunitario rurale, spopolamento dei nuclei antichi dei centri abitati tradizionali e perdita di quelle conoscenze che per millenni hanno reso l’area abitabile e produttiva.

Il progetto AMAZING, finanziato con i fondi del Polisocial Award 2022 dedicato a sviluppo locale e transizione ecologica, vuole rendere la valle del Uadi Abiod, oggi tra le più aride dell’Aurès, centro di una rete attiva di produzione di conoscenza, in grado di coniugare tecnologia e scienze tradizionali nel gestire sfide climatiche, naturali e sociali.

A coordinare la ricerca, Giovanni Porta, che ci racconta il progetto accompagnandoci in questi luoghi lontani.


60 anni dal disastro del Vajont: cosa abbiamo imparato?

Negli anni Cinquanta del secolo scorso, le acque del torrente Vajont furono sbarrate da una diga alta 262 metri. Il 9 ottobre 1963, una frana si distaccò dal monte Toc e cadde nel bacino idrico. L’onda risultante distrusse interi villaggi e causò la morte di quasi 2.000 persone, rendendo la tragedia del Vajont uno dei peggiori disastri idrogeologici nella storia moderna italiana.

Cos’abbiamo imparato da questa tragica esperienza collettiva? Ne abbiamo parlato con Massimiliano Cremonesi, che lavora nel campo della Meccanica Computazionale Avanzata. Ci ha spiegato come la modellazione numerica sia uno strumento fondamentale per la prevenzione e la sicurezza di opere umane, in particolare quelle soggette a rischi naturali come alluvioni, terremoti, frane e eventi idrogeologici. E come, in tempi come questi, rappresenti un importante contributo alla pianificazione del territorio, alla gestione del rischio e alla formulazione di politiche pubbliche.


Renzo Piano a lezione con le matricole di architettura
Renzo Piano a lezione con le matricole di architettura

Il benvenuto di Renzo Piano alle matricole di architettura

Il 21 settembre, l’architetto Renzo Piano ha voluto accogliere le matricole dei corsi di architettura del Politecnico di Milano con una lezione dal titolo “Fare architettura”. Perché anche lui ci è stato, su questi banchi. E ha voluto far iniziare il percorso dei nuovi studenti mostrando loro il punto di arrivo. Al Trifoglio, in un’aula gremita, il nostro alumnus ha ricordato alcune tappe fondamentali della sua carriera, articolando il percorso attorno a una raccomandazione e tre suggerimenti rivolti al suo giovane pubblico.

Raccontiamo questa giornata speciale anche a chi non c’era, con foto esclusive e i passaggi più potenti della sua presentazione, che sicuramente saranno fonte di ispirazione per gli architetti di domani, ma anche per tutti noi.


Monitorare acqua e argini con la fibra ottica

Quando pensiamo alla fibra ottica, qual è la prima applicazione che ci viene in mente? Ovviamente la connessione a internet, entrata prepotentemente nelle nostre case.  Ma questa tecnologia, che negli anni è diventata sempre più accessibile grazie alla contrazione dei costi, è alla base di importanti sperimentazioni che riguardano l’acqua e il rischio idrogeologico.

Ne sa qualcosa Manuel Bertulessi, il nostro ricercatore che fin dalla sua tesi di laurea studia come si possa “sensorizzare” un argine o una tubatura per poterne registrare le criticità, proprio grazie alla fibra. Il rischio idrogeologico è stato da sempre uno dei temi che l’hanno più interessato, tanto da portarlo tra i banchi di ingegneria per l’ambiente e il territorio. In questa intervista ci racconta la sua “passione per il rischio”.


Centraline meteo
Centraline meteo

Benvenuti nell’agricoltura 4.0

Quando parliamo di agricoltura, il nostro immaginario potrebbe rivelarsi ancora legato a immagini bucoliche di vita nei campi, lavoro manuale, fattorie remote. Ma sebbene un certo immaginario da quadro macchiaiolo sia sicuramente suggestivo, dobbiamo renderci conto che l’agricoltura di oggi è tutto tranne che arretrata. Siamo nell’era dell’agricoltura 4.0, che nasce dall’unione dell’agricoltura di precisione con le tecnologie più recenti, come l’internet delle cose, l’intelligenza artificiale, la sensoristica…

Per svelarci i segreti di questo mondo, abbiamo incontrato Filippo Renga e Matteo Matteucci. Insieme, tengono il corso di Data Analytics for Smart Agriculture, del programma PoliMI Ambassador in Green Technologies, che si occupa di applicare le tecniche di intelligenza artificiale all’analisi dei dati in ambito agronomico, e di valorizzare il mondo dei dati anche dal punto di vista economico e strategico.

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