Abbattere le barriere perché tutti i bambini vivano lo sport come momento di inclusione

Nel mese di novembre, in occasione del tema dell’Inaugurazione dell’Anno Accademico 2024-25, anche Frontiere si mette in tenuta da gara, offrendovi una panoramica dei più importanti progetti di ricerca a tema sportivo in corso al Politecnico.

Uno dei luoghi di eccellenza dove si svolge questo tipo di ricerca è il Polo di Lecco, che ospita il grande laboratorio multidisciplinare E⁴SPORT.

Abbiamo incontrato Manuela Galli, docente di Bioingegneria, una delle responsabili di questo centro all’avanguardia, coinvolta anche nel grande progetto ActivE³, che approfondiremo in questa intervista

Manuela Galli
Manuela Galli

Buongiorno professoressa Galli, grazie di averci accolto. Incominciamo con una presentazione del suo percorso accademico?

Il mio percorso universitario parte ancora una volta dal Politecnico, dove mi sono laureata in ingegneria meccanica. Ho quindi fatto una breve esperienza in ambito industriale, per poi decidere di intraprendere la strada del dottorato di ricerca in meccanica applicata.

Dopo il dottorato ho cominciato il percorso tipico e quasi obbligato di ogni giovane ricercatore. Prima ho ottenuto una borsa di ricerca, quindi sono diventata professoressa associata, poi ordinaria. Questa volta, però, in bioingegneria, perché a partire dal dottorato mi ero orientata verso la biomeccanica.

E oggi di cosa si occupa, nello specifico?

Attualmente mi occupo di valutazione motoria. L’analisi del movimento umano ha ricadute molteplici sia dal punto di vista clinico che sulla biomeccanica dello sport, dell’ergonomia, dell’ingegneria forense.

Nello specifico, per il caso clinico, valutiamo i deficit funzionali verificabili in seguito a condizioni patologiche, muscolo-scheletriche, psicologiche.

Sappiamo che diverse patologie muscolo scheletriche e/o neurologiche possono comportare un’alterazione del movimento: pertanto è importante monitorare come questo movimento è alterato. Lo facciamo utilizzando alcune apparecchiature specifiche che abbiamo all’interno del nostro laboratorio.

Qual è il suo laboratorio e come è nato?

Svolgo la mia attività su due laboratori: Il laboratorio MOVLAB o laboratorio di Analisi della Postura e del movimento “L. Divieti” del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria (DEIB) e il laboratorio Human Performance Lab presso il Polo Territoriale di Lecco, nato nel maggio 2022 nell’ambito di E⁴SPORT.

Le origini di HPL affondano in quelle del MOVLAB, nato alla fine degli anni Ottanta, che è sempre stato caratterizzato dall’utilizzo di metodi e strumenti per applicazioni dell’analisi del movimento in ambito clinico.

Fu fortemente voluto dal professor Divieti, con la missione di effettuare un servizio per la valutazione clinica finalizzata alla riabilitazione biomeccanica. Tant’è che diversi ospedali della zona di Città Studi, avendo la necessità di fare questo tipo di valutazioni, ci mandavano i pazienti da valutare attraverso delle convenzioni.

L’ospedale Buzzi è stato uno dei maggiori utilizzatori del nostro laboratorio. Ci ha inviato parecchi pazienti pediatrici per eseguire le valutazioni con le nostre metodiche, sul tipo di intervento da fare con il paziente: chirurgico, farmacologico oppure di ortesi.

L’attività del laboratorio è poi cresciuta?

Sicuramente molto. Abbiamo incominciato a effettuare anche attività di formazione per laboratori che nel contempo nascevano nelle realtà cliniche. Stava crescendo sempre più l’esigenza da parte del mercato di utilizzare il nostro laboratorio. E dall’attività clinica, siamo arrivati poi all’ambito sportivo, fino alla creazione di HPL.

Come si è evoluta l’attività di Human Performance Lab nel tempo?

L’attività di cui parlavo, la valutazione funzionale dell’atleta, la facciamo in modo ancora più raffinato rispetto a quello che avevamo fatto in una prima analisi all’interno del laboratorio Luigi Divieti per la clinica, per il fatto che si tratta di un laboratorio di recente realizzazione, dotato di attrezzature che oggi sono sicuramente all’avanguardia.

Abbiamo per esempio treadmill, macchine di misura della forza muscolare, che fanno sì che oggi il laboratorio sia totalmente consacrato allo sport.

Human Performance Lab fa parte della “macro-struttura” E⁴SPORT, nata quasi 10 anni fa, che riunisce in sé le principali attività di ricerca del Politecnico a tema sportivo. Ci può parlare di come nasce e le diverse linee di ricerca?

A quell’epoca arrivammo alla proposta di creare un laboratorio interdipartimentale sullo sport.

La caratteristica principale di E⁴SPORTè la multidisciplinarità. Infatti, racchiude in sé un team molto ampio di ricercatori provenienti da sei diversi dipartimenti del Politecnico.

Grazie anche alle numerose tecnologie che abbiamo disponibili, siamo in grado di proporre nuovi modelli di innovazione; un ponte tra ricerca e industria dello sport in grado di analizzare richieste, progettare e rispondere a quesiti riguardanti ogni disciplina sportiva e tipologia di atleta.

L’obiettivo del laboratorio è la comprensione e il miglioramento delle prestazioni, risultato dell’interazione tra le caratteristiche biomeccaniche e fisiologiche dell’atleta, l’attrezzatura e l’ambiente nel quale il gesto sportivo viene sviluppato.

Qual è l’apporto caratterizzante del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria in E⁴SPORT?

Noi del DEIB abbiamo messo a disposizione le nostre competenze per la valutazione biomeccanica dell’atleta: valutarne le prestazioni, caratterizzare l’abilità motoria del soggetto e capire come migliorarla.

Bambini e bambine sperimentano le tecnologie di Active3
Bambini e bambine sperimentano le tecnologie di ActivE³

La sua attività su cosa si focalizza, in particolare? Lavora a Milano, a Lecco o si divide tra i due poli?

Le mie attività si focalizzano soprattutto su un filone di ricerca un po’ trasversale, quello tra sport e disabilità, al crocevia dove si incontrano Human Performance Lab, E⁴SPORT e laboratorio “L. Divieti”.

La mia attività è principalmente incardinata su Milano, anche se frequento spesso il Polo di Lecco, soprattutto nel periodo in cui tengo le lezioni di Sport Biomechanics per il corso di laurea in Ingegneria Meccanica di Sport Engineering, che viene erogato nella sede di Lecco.

Quali sono i vantaggi concreti nel mettere a sistema le diverse competenze e le strumentazioni di diversi dipartimenti dell’ateneo in questo settore?

Sicuramente i vantaggi concreti sono molteplici, e si sono via via amplificati nel corso del tempo

Prima di tutto, sottolineo l’importanza di avere dei colleghi esperti in determinate tematiche. L’ambito sportivo è sicuramente l’ambito dove è coinvolto sia l’atleta che l’attrezzatura e l’ambiente circostante.

Per la misurazione e valutazione della capacità motoria, dello stato attentivo, della capacità di reclutamento, del controllo motorio è necessario il background del Dipartimento di Informazione, Elettronica e Bioingegneria. Nello stesso tempo, l’atleta utilizza attrezzi, per esempio una bicicletta, per cui deve essere studiata la meccanica (Dipartimento di Meccanica), la realizzazione e il design (Dipartimento di Design). E inoltre, l’atleta si muove all’interno di determinati ambienti, ad esempio le piste di atletica, con un manto fatto di particolari materiali (Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica). La progettazione di altri attrezzi come sci e racchette da tennis necessita di valutazioni strutturali (Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale). Non dimentichiamo poi l’aspetto della gestione dell’atleta e del sistema sport in un contesto economico di “business”, dove entra in gioco il Dipartimento di Ingegneria Gestionale.

Può farmi l’esempio di un progetto in cui queste sinergie sono risultate fondamentali per il raggiungimento dei vostri obiettivi?

Porto ad esempio il successo del progetto GIFT, progetto per lo “sport per tutti”, che ha vinto anche il finanziamento di Polisocial Award.

Si tratta della realizzazione di un’ortesi, ovvero di una scarpa particolare, che permette lo svolgimento dell’attività motoria in ambito scolastico a bambini con emiplegia, un tipo di paralisi cerebrale.

Il bambino o la bambina con emiplegia presenta un piede cadente, che si corregge abitualmente con un’ortesi all’interno della scarpa, che permette di tenere il piede in posizione corretta. Il problema è che l’ortesi è un dispositivo riservato alla camminata, omologato solo a quello scopo. Con quel tipo di ortesi, quindi, non si potrebbe correre, azione fuori dalla prescrizione d’uso.

Il nostro obiettivo era quello di realizzare un’ortesi che potesse risolvere questo gap ed essere adatta a svolgere anche l’attività sportiva. E per i bambini in età scolare, svolgere attività sportiva con gli altri compagni non è importante solo per il fatto fisico in sé, ma anche per poter vivere il momento dell’attività assieme, per poter sentirsi inclusi nella comunità di compagni di classe.

Ora il progetto è concluso. Abbiamo prodotto dei prototipi che sono stati testati dai bambini. Il risultato finale che ci auspichiamo e verso cui continuiamo a muoverci è il brevetto e la messa in produzione.

Arriviamo ad ActivE³, uno dei progetti di punta della ricerca in E⁴SPORT. Ci racconta gli obiettivi i diversi ambiti di azione?

ActivE³ – Everyone, Everywhere, Everyday è il Progetto Emblematico Maggiore finanziato da Fondazione Cariplo e Regione Lombardia, che ha come capofila UniverLecco. I suoi obiettivi sono la promozione di uno stile di vita attivo come strumento di benessere e prevenzione, l’accessibilità e inclusione nella pratica sportiva e il sostegno delle fragilità, fisiche e cognitive, per il benessere dell’individuo.

Si articola in tre azioni, focalizzate sulle diverse età della vita e condizioni di salute, e sviluppa altrettante piattaforme: una per l’inclusione motoria a scuola, una per il coaching personalizzato e un’altra per la sport-terapia.

Lei si concentra soprattutto sull’azione wp1…

Esatto, quella dedicata all’età pediatrica. Il progetto si pone l’obiettivo di abbattere, grazie alla tecnologia, le barriere legate alla disabilità: autoesclusione e isolamento, genitori che preferiscono esonerare il bambino dall’attività motoria, insegnanti non sempre preparati a queste situazioni, normative inadeguate e carenze tecnologiche nelle strutture.

A causa di queste barriere, spesso i bambini più fragili, con disabilità motoria o cognitiva, vengono esclusi dall’ora di educazione motoria. In questo modo il momento di sport diventa momento di esclusione.

Il nostro approccio multidisciplinare vuole dare l’opportunità a tutti i bambini della scuola primaria di vivere lo sport come esperienza ludica, educativa e diventare finalmente momento di inclusione per tutti. Lo fa fornendo nuovi strumenti tecnologici e metodologie per supportare una scuola che promuove la salute e il benessere (fisico e psicologico) dei suoi bambini attraverso l’attività motoria.

Quali sono state le fasi del progetto?

Innanzitutto, abbiamo proceduto con l’analisi delle barriere presenti e dei bisogni dei bambini e delle bambine, coinvolgendo i partner clinici. Con gli insegnanti abbiamo identificato gli obiettivi formativi ministeriali per l’attività motoria a scuola.

Siamo quindi passati a selezionare le tecnologie e le strumentazioni che consentissero anche ai bambini fragili di svolgere attività motoria, prevedendo l’esecuzione di attività ludiche sia individuali che di gruppo.

Quali sono le tecnologie e le strumentazioni che avete messo a punto?

Abbiamo messo a punto un laboratorio con diverse tecnologie all’interno del Polo di Lecco del Politecnico. Eccole:

  • La Stanza Magica: stanza smart che usa luci, suoni, e proiezioni per permettere ai bambini di interagire con oggetti fisici e contenuti multimediali.
  • ACCEPT: parete d’arrampicata sensorizzata e interattiva che misura la forza e analizza il movimento.
  • Nirvana: dispositivo di realtà immersiva che utilizza proiezioni per stimolare il bambino durante i giochi e fornisce report sulle prestazioni.
  • D’Wall: specchio digitale che utilizza proiezioni e sensori per analizzare la postura e il movimento del corpo durante giochi interattivi.
  • Giochi sensorizzati che utilizzano sistemi di tracking per migliorare l’apprendimento nei bambini, raccogliendo dati sui movimenti ed emozioni.
Bambini e bambine sperimentano le tecnologie di Active3
Bambini e bambine sperimentano le tecnologie di ActivE³

Quali sono stati i risultati?

Abbiamo avuto risultati molto promettenti. Il vantaggio più evidente è stato che la classe poteva finalmente giocare insieme. Tutti potevano partecipare, tutti erano coinvolti.

E i giochi erano regolati secondo le caratteristiche specifiche dei bambini. Se un bambino, ad esempio, ha una DSA, ha bisogno di alcune immagini che lo stimolino e che lo coinvolgano in modo differente rispetto a un bambino con paralisi cerebrale o con altre patologie.

A che punto siete con lo sviluppo?

Abbiamo messo in campo una sperimentazione corposa. Sono state coinvolte due scuole e più di quattrocento bambini e bambine. Proprio un bel successo.

Si figuri che, nonostante la sperimentazione fosse conclusa, le scuole ci hanno chiesto di aprire ad altre classi questa esperienza. Quindi, una volta al mese apriamo questo laboratorio alle scuole del territorio, per consentirne questo utilizzo. In questo modo continuiamo a capire quali giochi e tecnologie sono i più adatti alle diverse situazioni.

Quali sono le prossime fasi del progetto?

L’ultimo anno sarà dedicato alla realizzazione di kit low-cost che saranno trasferiti alle scuole.

Nella fase precedente abbiamo capito quali sono i giochi più adatti ai bambini con le patologie più frequenti. Ora abbiamo ideato una tecnologia più semplice possibile, che possa essere implementata e distribuita nelle scuole agevolmente e con costi contenuti.

Inizieremo dal prossimo gennaio, distribuendo questi kit a tre scuole del territorio che hanno aderito al progetto, dove maestri e maestre li utilizzeranno per le loro necessità.

La piattaforma prevede anche di realizzare MOOC, ossia corsi online gratuiti. Qual è l’obiettivo?

Il Politecnico ha una lunga tradizione di produzione di MOOC grazie a METID, la struttura di Learning Innovation. Assieme a loro abbiamo realizzato un corso di formazione per abbattere le barriere culturali sia nelle scuole che nelle famiglie. Emanuele Lettieri e il suo team di ingegneri gestionali se ne stanno occupando con efficacia.

Lavorare come ricercatrice in progetti per il sociale e per l’inclusione. È un valore aggiunto, immagino?

Sì, per me è proprio una mission. Noi bioingegneri abbiamo un po’ questa ambizione sempre presente in noi, di fare qualcosa di utile per l’essere umano. Ma devo essere sincera: quando ci sono dei progetti che hanno una ricaduta in ambito sociale, io li sposo sempre con grande convinzione ed entusiasmo.

L’ambito sportivo mi piace, ma il mio coinvolgimento è decisamente più intenso quando lo sport si occupa di disabilità e inclusione. Vuol dire impegnarsi per consentire sempre più a tutti di godere di una buona qualità di vita. Quando ci sono bandi per progetti di ricerca in tema sociale, io cerco sempre di essere in prima linea.

Come è nata questa sua inclinazione?

Non è capitato per caso. All’inizio della mia carriera, al laboratorio Divieti, un medico mi incitò ad andare negli Stati Uniti per vedere da vicino come si faceva e dove era arrivata la ricerca bioingegneristica sull’analisi del cammino, per i bambini con paralisi cerebrale. L’ho fatto, e lì ho capito che potevo mettere a disposizione di questi temi la competenza che avevo maturato come ingegnere meccanico.

Se ci penso, è proprio da lì che è nata la mia passione. È stata sicuramente una scelta consapevole.

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