Sensori integrati nell’attrezzatura da arrampicata: dalle misurazioni sportive alla riabilitazione

Concept di una parete da arrampicata attrezzata con i sensori Q-Training

Con il brevetto Q-Training, sviluppato al Politecnico di Milano, la tecnologia entra finalmente nel campo dell’arrampicata, sport che ha sempre mantenuto metodi di misurazione decisamente tradizionali. Nasce così un dispositivo di rilevazione di forza integrabile nell’attrezzatura da climbing.

Come funziona

L’invenzione permette di monitorare la distribuzione di forza nel tempo e nello spazio durante l’attività, con applicazioni sia nel campo sportivo che riabilitativo, di tipo funzionale o psicomotorio. Tramite algoritmi dedicati restituisce un quadro chiaro della meccanica d’arrampicata, riducendo la possibilità di infortuni e consentendo ad un pubblico più ampio di provare questo sport.

Il cuore del progetto sono i sensori di forza, che possono essere applicati ad altri strumenti di allenamento, quali barre, postazioni per trazioni, pesistica, ma anche attrezzi da gioco. La geometria del sensore di forza permette il montaggio dietro ad un pannello (parete attrezzata, parete di arrampicata), senza alcun componente addizionale e fornendo un punto di fissaggio per le prese o maniglie.

Il sistema elettronico di raccolta dati campiona i segnali in prossimità del sensore, per minimizzare le interferenze, e li trasferisce in forma digitale ad un sistema di analisi (su pc, tablet, telefono o altro supporto, via cavo o wireless), dove i valori misurati dal sensore possono essere visualizzati in tempo reale, oppure salvati e successivamente analizzati.

Un ragazzo prova una parete attrezzata con Q-Training

Da dove è nata l’idea del brevetto

È nato tempo fa, con il tentativo di andare a inserire delle misurazioni in esercizi di arrampicata sportiva, che è uno sport in cui c’è pochissima tecnologia.

Si tratta di rilevare delle misure tramite sensori, cosa che non era stata fatta prima d’ora nell’arrampicata. Finora ci si basava semplicemente sull’occhio dell’allenatore, oppure al limite su sensori di movimento con misurazioni poco dettagliate.

Gli smartwatch, infatti, danno solo un’indicazione vaga sul movimento, specialmente per quegli sport che coinvolgono l’utilizzo di forze. Nell’allenamento degli arti superiori per trazioni, sospensioni, arrampicata, la componente movimento è abbastanza complessa e difficile da misurare.

Pian piano l’orizzonte del team di ricerca si è ampliato ad applicazioni anche al di fuori dell’arrampicata sportiva. In particolare, sta studiando l’utilizzo di questi sensori in attrezzi più semplici, come le sbarre di trazione e altri strumenti che servono per l’allenamento soprattutto degli arti superiori.

Col passare del tempo si è chiaramente capito che i giochi e le misurazioni durante il gioco possono tornare molto utili in ambito riabilitativo, principalmente pediatrico, ma anche per adulti.

Schema del sensore Q-Training oggi in uso

Come un’idea è diventata realtà

Il professor Alessandro Colombo, che ci ha portato dentro il mondo di Q-Training, ci ha spiegato che per procedere con le loro prove, lui e il suo team si sono ritagliati uno spazio al Leonardo Robotics Labs, dentro il quale hanno installato una struttura di arrampicata che ospita i sensori nelle fasi di prova, per poi essere portati fuori quando e dove servono.

In questo momento hanno a disposizione anche una parete stanziale presso il centro sportivo Playmore di Milano, dove portano i sensori quando necessario per procedere con delle misure.

Dopodiché, quando non viene usato, il modulo centrale con i suoi sensori torna al Campus Leonardo, dove vengono svolti test e sviluppo.

Applicazioni

Il progetto procede oggi su due filoni.

Il primo è quello delle applicazioni medicali e in ambito sociale, con la riabilitazione, particolarmente in pediatria.

Il secondo è quello più prettamente sportivo, da cui l’idea ha avuto origine, con applicazioni di home fitness, smart gym, app e sensoristica sportive.

Il professor Alessandro Colombo con un piccolo utilizzatore della parete Q-Training.
© Fotografia di Eleonora Rettori per FightTheStroke

Vantaggi

Il bello di questa tecnologia e che permette sostanzialmente di fare delle valutazioni tramite apparecchiature a basso costo e di scarso ingombro.

Se le aspettative verranno confermate, sarà molto più facile fare queste valutazioni cliniche sui bambini, che invece di partecipare a una sessione in ospedale, spesso ritenuta noiosa e un po’ invasiva, potranno farla mentre giocano. Essendo inoltre un’attività molto divertente e coinvolgente, seguendo i principi della gamification si riuscirà a farla molto più spesso.

Le misure che si riescono a raccogliere nel contesto di un gioco, ossia di un’attività molto poco strutturata e divertente, riescono a dare indicazioni specifiche riguardo allo stato di funzionalità in particolare degli arti superiori, e quindi potenzialmente forniscono un’indicazione su come sta procedendo il percorso del bambino che ha bisogno di riabilitazione, per esempio a causa di malattie congenite o problemi prenatali che si porta dietro durante tutta la vita.

App di acquisizione dei dati

A che punto è il brevetto

Questa invenzione fornisce uno strumento dei più avanzati tra quelli oggi disponibili.

Per quanto siano ancora prototipi, i sensori vengono già prodotti in maniera industriale, e dietro di essi c’è un software per l’analisi già piuttosto avanzato. L’invenzione è insomma già decisamente uscita dal laboratorio.

Al momento non esiste ancora una startup, quindi l’ultimo tassello mancante è la dimensione commerciale.

Per quanto riguarda gli altri sport, si è ancora in fase esplorativa.

Il team di ricerca

Il responsabile del progetto è il professor Alessandro Colombo del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria.

La passione per l’arrampicata nasce come hobby, perché in realtà il suo mondo è quello degli algoritmi. Il suo coinvolgimento si è esteso con la vincita del Polisocial Award del progetto ACCEPT, sull’utilizzo dell’arrampicata nella riabilitazione dei bambini con Cerebral Palsy. Con il passare del tempo e lo sviluppo della strumentazione di misura, si è quindi riavvicinato al suo effettivo campo di ricerca, lavorando sugli algoritmi di analisi del segnale e sulla modellistica del movimento e dei gesti nello sport.

Con lui lavora la dottoressa Anna Bicchi, assegnista di ricerca. Collaborano la prof.ssa Manuela Galli e la dott.ssa Cecilia Monoli di area biomedica.

© Fotografia di Eleonora Rettori per FightTheStroke
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