Archimapping, l’architettura moderna milanese a portata di smartphone

marco biagi mostra l'app Archimapping

Una app per mappare, valorizzare e far scoprire a milanesi (e non) l’architettura moderna della propria città: è Archimapping, sviluppata dal Politecnico di Milano, applicazione innovativa finanziata dalla Fondazione di Comunità Milano e realizzata in collaborazione con AIM. Questa app, disponibile in italiano e in inglese, ha l’obiettivo di valorizzare il patrimonio architettonico contemporaneo di Milano, includendo i 100 edifici più significativi dall’Unità d’Italia fino ai giorni nostri.

L’app trasforma Milano in un vasto museo di architettura contemporanea accessibile a tutti. Dotata di funzionalità di geolocalizzazione, Archimapping suggerisce percorsi tematici e consente agli utenti di creare itinerari personalizzati basati su criteri tipologici, geografici, autoriali e cronologici. L’obiettivo principale è promuovere la conoscenza del territorio e dell’architettura tra cittadini, studenti e turisti, incoraggiando il riconoscimento e l’identificazione delle persone nei luoghi di residenza.

Le opere selezionate raccontano la storia e l’evoluzione dei diversi quartieri di Milano nei secoli XIX, XX e XXI, riflettendo le dinamiche sociali, economiche e culturali della città. Ciascun edificio è presentato attraverso una scheda descrittiva sintetica, materiali iconografici storici o d’archivio, rimandi bibliografici essenziali, link e contributi video di approfondimento. L’app Archimapping si pone come uno strumento prezioso per la promozione culturale della città, favorendo la partecipazione attiva alla cura, tutela e promozione dell’ambiente urbano.

Marco Biagi, architetto e docente del Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito del Politecnico di Milano, insieme al compianto professore Federico Bucci e al prof. Carlo Berizzi, presidente di AIM – Associazione Interessi Metropolitani, è responsabile della ricerca che ha portato alla nascita della web app. A Frontiere racconta come tutto è partito.

«Archimapping nasce dall’esigenza di mappare e rendere fruibili le architetture moderne di Milano. Io mi occupo da tempo, fin dall’inizio della mia attività, di itinerari e visite guidate. Ho collaborato, alla metà degli anni Novanta, con il Centro per l’Architettura della Città di Milano promosso dall’architetto Titti Busacca e, in seguito, con la Fondazione dell’Ordine degli Architetti. Negli anni, ho notato però che, quando ci sono queste iniziative, manca sempre qualcosa: i disegni, le piante, materiali vari sia per il pubblico degli interessati ma anche per gli addetti ai lavori e gli studenti. Da qui l’idea di utilizzare lo smartphone, il GPS e la geolocalizzazione per creare uno strumento che fosse didattico e allo stesso tempo divulgativo e permettesse di costruire una sorta di censimento dell’architettura moderna, soprattutto degli edifici. La scelta è ricaduta sugli edifici di valore architettonico riconosciuto, con bibliografia e articoli su riviste. Milano è la capitale del “moderno” in Italia e si presta molto per questo obiettivo. Da qui l’idea di raccogliere in uno strumento pratico tutta una serie di informazioni che potessero in qualche modo corredare un’eventuale visita. Il GPS, inoltre, può aiutare i comuni cittadini, i turisti e gli addetti ai lavori a “scoprire” l’architettura. In questa prima versione ci siamo concentrati su Milano ma l’idea sarebbe di replicare la mappatura anche sul territorio: ad esempio, mi trovo nella campagna X, clicco e mi vengono segnalate le presenze architettoniche significative della zona con le relative distanze. Ricordo che una volta ero sul Lago Maggiore, sopra Luino. Sapevo che c’era una casa di Carlo Mollino nelle vicinanze però non conoscevo la sua esatta ubicazione: l’app mi avrebbe sicuramente agevolato. Archimapping vuol essere uno strumento di conoscenza, di arricchimento, di valorizzazione anche del territorio».

«Ci siamo concentrati su quest’ultima perché abbiamo pubblicazioni, riviste e documenti d’archivio spesso dimenticati.

Con il professor Federico Bucci, che era anche responsabile delle biblioteche e degli archivi del Politecnico, avevamo pensato ad Archimapping come modo per recuperare e rendere fruibili materiali che sono difficili da consultare. Le riviste, in particolare, essendo concepite per la divulgazione, sono un ottimo strumento per parlare di architettura a tutti, dal momento che le piante e i testi sono stati adattati per i lettori non addetti ai lavori e spesso i testi sono già bilingue.

Uno degli elementi caratterizzanti è proprio questo essere intermedi tra divulgazione e scientificità: le schede sono scientifiche, sono controllate, avallate da docenti universitari, senza limitarsi all’aneddoto storico».

L’Istituto Marchiondi, da Architecture d’Aujourd’hui, n.  81, 1958

«L’auspicio sarebbe quello di allargare i soggetti coinvolti. Milano è una città con tante iniziative e tante persone fuorisede che vogliono scoprire la città.

La Fondazione di Comunità di Milano ha finanziato questo progetto perché l’idea era di promuovere anche la conoscenza della città tra i cittadini. Infatti, sulla mappa, nella selezione, abbiamo fatto sì che ci fossero edifici di tutti municipi di Milano, non solo il centro. L’obiettivo è far scoprire e apprezzare l’architettura moderna, spesso vissuta in maniera negativa. Ad esempio, l’Istituto Marchiondi di Vittoriano Viganò è percepito come un ecomostro abbandonato, un luogo di degrado, ma è un capolavoro dell’architettura moderna, apparso su tutte le riviste internazionali. In casi come questi la mappatura è il primo passo per la valorizzazione e il recupero.

Sicuramente il progetto è in evoluzione; se si dovesse ampliare il lavoro su Milano non basterebbe più la squadra di partenza, bisognerebbe coinvolgere altri docenti di architettura e di storia, progettisti… sia all’interno della Scuola di architettura che nella città (Comune, Fondazione dell’Ordine degli architetti, etc.), insomma, aprire a delle collaborazioni».

Il Centro sociale e cooperativo ‘Grandi e Bertacchi’, da Architettura cronache e storia, novembre 1956

«Milano ha una tradizione di edilizia popolare, cooperativa, sociale, con degli esempi anche importanti di grande qualità a cui sono molto affezionato. Un esempio si trova sui Navigli: il Centro sociale e cooperativo “Grandi e Bertacchi” di Franco Marescotti, un complesso abitativo autofinanziato costruito in cooperativa nel dopoguerra con un disegno moderno. Stiamo parlando di case popolari costruite allora al margine con la campagna con all’interno un centro sociale aperto al quartiere con annessa sala dove si ballava, mangiava, si facevano feste e riunioni, un posto affascinante ancora oggi.

Sono legato anche a edifici più noti, sempre nel campo della residenza popolare, penso al Monte Amiata, complesso residenziale nel quartiere Gallaratese, progettato da Carlo Aymonino con una stecca di case a ballatoio disegnata da Aldo Rossi.

Ci sono tante guide all’architettura moderna a Milano, anche di recente pubblicazione, che però si concentrano spesso, in prevalenza, sull’architettura borghese, degli architetti noti come Caccia Dominioni, Gardella, Albini… perché è lo stile tipicamente milanese degli anni ‘50-‘60, che ha fatto scuola nel mondo. Spesso però vengono trascurati degli esempi di architettura magari meno “raffinati” sul piano del gusto che però hanno migliorato la vita urbana dal punto di vista funzionale, che ci forniscono informazioni molto importanti per leggere l’architettura quale elemento di evoluzione della città.

L’idea è di coinvolgere maggiormente anche gli studenti, soprattutto dal momento che gli studenti di oggi vivono poco la biblioteca e mancano degli strumenti necessari a leggere le trasformazioni di Milano in una indispensabile prospettiva storica. L’app potrebbe essere un’esca per incuriosirli e farli tornare tra gli scaffali».

Monte Amiata, complesso residenziale nel quartiere Gallaratese
Monte Amiata, complesso residenziale nel quartiere Gallaratese

«La prima ambizione sarebbe di incrementarlo innanzitutto su Milano, ma non escludiamo di esportarlo in altre città italiane e in altri territori, soprattutto dove evidentemente c’è una presenza dell’architettura moderna. La massima aspirazione sarebbe quella di replicare il progetto anche in altre città europee, magari costruendo una rete di università internazionali attraverso finanziamenti UE».

«Un’esperienza di mappatura simile è quella elaborata nell’anno accademico 2021-22, con i miei studenti universitari del primo anno, per il programma didattico “Inventing Schools”, organizzato dal Politecnico in collaborazione con il Comune di Milano. L’obiettivo di questa iniziativa coordinata da Elvio Manganaro e Barbara Coppetti era quella di lavorare su alcuni edifici scolastici di Milano, in modo da segnalare criticità e proporre soluzioni da finanziare con fondi dedicati del PNRR. Dal progetto è nata anche una pubblicazione digitale».

Esempio di approfondimento nell’app Archimapping
Esempio di approfondimento nell’app

«Sono molto interessato a leggere l’architettura, non solo come oggetto ma come parte della città che contribuisce alla vita di tutti. Se di un edificio non ti fermi ai dettagli superficiali e lo contestualizzi inizi a capire le dinamiche della città: chi fa costruire, chi fa progettare, chi permette il progetto… e questo consente di comprendere meglio come cambia la qualità dell’architettura nel tempo. 

Faccio un esempio: per il numero di febbraio di «Casabella», rivista con cui collaboro ormai da vari anni, ho seguito la pubblicazione della ristrutturazione dell’ex Istituto Piero Pirelli, in viale Fulvio Testi, un tempo scuola di formazione per i figli degli operai dell’omonima azienda per imparare il mestiere. Costruito negli anni ‘50 e progettato dall’architetto Roberto Menghi, l’Istituto è stato appena riqualificato dallo studio ARW di Camillo Botticini e Matteo Facchinelli. Il confronto tra l’architettura di Menghi, tipico professionista milanese dell’epoca (aveva lavorato con Gardella, Zanuso, Magistretti, Albini, Ponti) e gli architetti della ristrutturazione mette in risalto anche l’evoluzione del professionismo, della cultura e della visione della città».

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