Michèle voleva volare… oltre l’atmosfera

Michèle Lavagna è docente di Meccanica del Volo al Politecnico, il volo è una passione da sempre per lei, ce lo ha raccontato quando l’abbiamo incontrata nel suo studio al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali.

Michèle Lavagna
Lei si occupa di progettazione di missioni spaziali, come è iniziato il suo percorso?

Sono entrata nel “contesto Spazio” perché sono un’aeronautica, in realtà non sono una spaziale, non esisteva ancora la laurea in ingegneria spaziale, esisteva solo la laurea in ingegneria aeronautica e l’unico pilastro legato allo spazio al Politecnico di Milano allora era la professoressa Amalia Ercoli Finzi, con cui io ho fatto l’unico corso di spazio che c’era e alla quale poi ho chiesto la tesi. Ma l’avvicinamento all’aeronautica, perché? Prima di iniziare l’università, ero ancora al liceo, ho preso il brevetto da pilota di aerei da turismo monomotore, quindi c’era già questa passione per il “distacco dal suolo” e quindi presa la via in questo modo, poi si è trasformata in un elevarsi oltre, oltre l’atmosfera.

Come è arrivata a lavorare sui progetti di missione e poi di missioni lunari?

Diciamo che nell’ambito dello Spazio avere la visione del sistema completo del satellite e quindi anche della missione in sé è il coronamento delle competenze trasversali e multidisciplinari che si possono avere , diciamo un percorso abbastanza naturale, specialmente in un contesto accademico, sia per acquisire le competenze, ma anche poi per poterle trasmettere agli studenti e cercare di avere una visione di missione, quindi lavorare sui progetti di missione con le agenzie spaziali europee e italiane, le aziende di settore… .

La luna? Perché la luna è vicina e c’è fermento intorno a lei, nell’ambito scientifico e tecnologico il nostro satellite è sempre più oggetto di attenzione e quindi viene abbastanza da sé che la contestualizzazione del lavoro prenda forma su quello che c’è di più fervente in quel momento e la luna lo è sempre stata.

Il suolo lunare in laboratorio
Le agenzie spaziali di tutto il mondo stanno lavorando per portare l’uomo nello spazio, sulla Luna o su Marte, in modo permanente e sostenibile, quali sono gli aspetti più critici e più rilevanti?

Ce ne sono tanti, perché se usciamo dalla superficie terrestre, ma usciamo anche dalla nostra atmosfera e addirittura da un altro scudo di protezione che è la nostra magnetosfera, l’ambiente è proprio diverso e l’essere umano non è fatto per vivere in questo ambiente così diverso, perché, una per tutti, non c’è lo stesso tipo di gas di cui noi abbiamo bisogno per respirare. Non c’è lo stesso tipo di disponibilità di acqua, perlomeno nel formato nella forma che serve a noi, liquida. Quindi le sfide tecnologiche per portare sicurezza per periodi lunghi e le sfide fuori dal contesto terrestre sono, oserei dire, infinite, perché sono su tutti i fronti, soprattutto se si vuole portare l’essere umano fuori dal contesto terrestre, con la filosofia che si sta un po’ adottando adesso, cioè non la filosofia delle missioni Apollo, quindi non un “mordi e fuggi”, ma “un vai resta” per creare una seconda casa, non più al mare o in montagna, ma su un altro Pianeta. Dunque le condizioni locali che ci devono essere sono proprio quasi un taglio completo di un cordone ombelicale dalla terra e quindi saper essere indipendenti, ma indipendenti vuol dire non solo avere l’acqua, avere il cibo, vuol dire avere anche, per esempio, le capacità mediche, le capacità di soccorso, le capacità di riparazione. Noi sulla terra siamo indipendenti da qualsiasi altro pianeta, così dobbiamo diventare se vogliamo veramente spostarci o avere comunque delle basi a lungo termine sulla Luna piuttosto che su Marte e per arrivare a questo ci vogliono decine di anni: per i giovani c’è tanto da fare!

A che punto è rispetto a questo l’Italia?

Direi che siamo piuttosto arretrati, però abbiamo una forte e fondamentale spinta finanziaria e c’è anche una massa critica disposta a lavorare su queste tematiche che non sono più solo quelle tipiche del contesto spaziale, ma anche quelle del contesto terrestre. Sono coinvolte oggi le discipline della chimica industriale, dell’ingegneria civile, cioè delle competenze molto consolidate che coinvolgono una comunità molto più ampia rispetto a quella esclusivamente spaziale. Oggi possiamo andare molto più lontano, basta pensare a tutti gli sforzi che si stanno facendo a livello mondiale. Devo dire che l’Italia ha un ruolo importante in questo, per esempio per la produzione di risorse importanti in loco, come la produzione dell’acqua dalla regolite, così si chiama la sabbia superficiale della Luna. E qui al Politecnico il mio gruppo sta lavorando e ha realizzato un impianto prototipale che riesce a produrre il quantitativo desiderato di acqua dalla sabbia lunare. Ovviamente la sabbia è simulata in laboratorio e con un processo chimico messo a punto sempre nel nostro laboratorio riusciamo a produrre acqua in forma liquida e poi l’ossigeno. Le percentuali di produzione sono ancora basse, ma molto promettenti! Importanti per l’obiettivo dell’indipendenza che dicevamo prima. E così vale per i nuovi materiali capaci di resistere alle radiazioni che ci sono fuori dalla magnetosfera terrestre, nuove capacità propulsive per potersi spostare non solo alla luna, ma anche a Marte, la realizzazione di tute più comode per gli astronauti, che consentano anche a personale non necessariamente addestrato, come potrebbero essere dei geologi piuttosto che degli scienziati, di fare attività in loco.

Impianto di produzione di acqua dalla regolite – Progetto ISRU

Quindi ci sono tanti piccoli sviluppi tecnologici in corso in cui l’Italia è coinvolta insieme all’Europa, che sono i tasselli di un grande puzzle che richiede tante tessere, però ci si sta lavorando molto bene!

Quindi non solo Luna, ma anche Marte…

Non solo l’una, ma anche Marte, perché l’obiettivo, diciamo finale, è proprio Marte perché ha delle similarità con la Terra molto, molto più forti.

La comunità mondiale, in primis gli Stati Uniti, stanno lavorando e hanno già parecchi risultati su Marte, ma l’Europa e l’Italia stessa non sono da meno. Infatti il rover per l’esplorazione marziana è stato realizzato con un grande contributo della robotica italiana. Il trapano per esplorare e raccogliere campioni dalla superficie marziana e dal suo sottosuolo per studiarli scientificamente, ha visto il Politecnico di Milano dare il suo contributo, così come abbiamo lavorato sui primi concetti di costellazioni di satelliti che possano dare un servizio di localizzazione per le comunicazioni, come il sistema Galileo e il sistema GPS danno a tutti noi un aiuto per muoverci e sapere dove siamo sul nostro Pianeta, la Terra. Quindi si sta lavorando per creare sistemi di questo genere non solo sulla Luna ma anche su Marte. In entrambi i progetti il mio gruppo è coinvolto e sta lavorando in maniera molto attiva per realizzare queste infrastrutture planetarie. Sono strutture che copiano quello che c’è sulla terra, ma ovviamente sono più complesse perché sono in un territorio più aggressivo, non noto, con tutte le complessità di trasportare un insieme di satelliti a Marte piuttosto che alla Luna, per diventare un’infrastruttura per le basi future.

Il problema dei satelliti pone anche il problema di detriti spaziali…

Si… i detriti spaziali rientrano in una maggior consapevolezza del mondo spaziale e ha obiettivo il mantenimento dell’ecosistema. Quello che sta succedendo un po’ con tutte le filosofie, le politiche green di preservazione degli aspetti naturali del nostro Pianeta, si sta riflettendo anche nello spazio. Quindi il fatto di occupare una risorsa come è lo spazio attorno alla terra, ma vale anche lo spazio attorno alla Luna, lo spazio intorno a Marte o a qualsiasi altro pianeta, come una risorsa che non è infinita e che va preservata e perciò bisogna lavorare con un’ottica di riciclo per quello che verrà. Dunque satelliti che siano in grado a fine vita di spostarsi dalle zone che stanno occupando o addirittura di essere riutilizzati come materiale di base per costruire nuovi satelliti in orbita, se abbiamo un satellite che non funziona più, ma ha un’antenna ancora integra, ha dei pannelli solari ancora integri, stiamo lavorando per realizzare sistemi robotici in grado di prendere queste unità e ricostruire un satellite nuovo proprio per avere una sorta di riciclo. Su questo serve anche molta attività legislativa, perché, come succede anche sulla terra, se le politiche di regolamentazione non vengono condivise da tutti gli attori in gioco, non servono a nulla e quindi, se anche l’Italia e l’Europa, gli Stati Uniti stessi assumessero una regolamentazione per l’utilizzo green dello spazio, quindi la rimozione dei detriti e politiche di dismissione e spostamento degli oggetti non più attivi, ma ci fosse tutto un altro comparto mondiale di altre nazioni che comunque sfruttano lo spazio che non accettassero questo tipo di regolamentazione, ovviamente il lavoro sarebbe inutile, quindi si apre anche tutta una Space Policy e una Space Legacy di cui prima non c’era bisogno, che adesso sta diventando invece una disciplina molto importante sia per i debris, ma anche per lo sfruttamento delle risorse lunari e marziane steroidee, perché non diventi un Far West, ma diventi uno spazio condiviso in maniera equilibrata ed equa.

Team Astra
Secondo lei quali sono le competenze, le caratteristiche indispensabili per lavorare in questo settore?

Io credo che ci voglia proprio quello che l’etimologia della parola ingegnere contiene, cioè l’ingegno, quindi la creatività, il guizzo di fantasia e di visione, assolutamente! L’ingegno sposato a una forte competenza tecnica che, purtroppo o per fortuna, in questo campo, come in tutti i campi di punta della tecnologia e della scienza, non si può acquisire una tantum, è necessario avere un atteggiamento da perenne studente. Quindi la curiosità che uno studente ha di approfondire, aggiornarsi, conoscere perché da una parte ci deve essere la coscienza che l’idea geniale o il guizzo inventivo possano essere effettivamente realizzati, ma questo lo si costruisce solo con il continuo aggiornamento e la continua crescita nella competenza, ma non ci può essere solo questa perché lo spazio è talmente innovativo, talmente di frontiera, talmente opportunità che è il bacino dell’ancora non esistente quindi per creare, laddove non c’è nulla, ci vogliono la creatività, l’entusiasmo, l’andare oltre il razionale e il  fattibile… ci vogliono perché non basta essere metodici e preparati come un buon ingegnere o un buon tecnico… Bisogna avere anche quel guizzo che ha lo scienziato, quindi la creatività, la visione di insieme, la sfida verso l’impossibile, sapendo che è impossibile. (E queste sono caratteristiche in qualche modo prettamente femminili.) Quindi si lavora perché l’impossibile diventi possibile con la consapevolezza che si può arrivare a non farcela, ma volendo arrivare al limite della fattibilità, perché se si rimane nella propria comfort zone non si va oltre frontiera. A questo aggiungo un altro aspetto estremamente importante in questo settore, proprio per la complessità delle competenze che richiede, il gruppo: da soli non si va da nessuna parte! Si deve avere la consapevolezza che il risultato lo si ottiene di gruppo. Ma bisogna anche essere certi che laddove il gruppo venisse a mancare si ha la forza e ci si è posti degli obiettivi che sono comunque gestibili e raggiungibili anche da soli, quindi la forza sta nel gruppo, ma la robustezza e la fattibilità e la responsabilità deve avere la consapevolezza che ci sia un nucleo ridotto che può portare avanti il lavoro che si sta sviluppando, perché non sempre un team, un gruppo, un insieme di persone può rimanere assieme o è destinato a rimanere assieme per tutto il tempo che è necessario a raggiungere l’obiettivo. Importantissimo quindi il lavoro di gruppo, perché le competenze non possono essere tutte in un’unica persona… sono troppe, bisogna avere sempre pragmaticamente ben presente che cosa si può fare e fino a che punto si può arrivare anche con le sole proprie forze.

Team Astra
Cosa consiglia a un giovane, in particolare ad una giovane, che voglia intraprendere questa strada? Lei ha avuto difficoltà in un mondo più maschile?

Sono abbastanza favorevole e condivido tutto quello che riguarda il discorso del Glass Ceiling fino a un certo livello di carriera o di anzianità o di anzianità professionale o di responsabilità. Questo è un mondo in cui la parità di genere esiste, si lavora sul piano tecnico senza nessun problema e senza nessuna difficoltà di relazione, indipendentemente da qualsiasi genere o categoria si appartenga. Le difficoltà o l’evidenza di una non completa parità si percepisce quando si inizia, come dire, a risalire la piramide, quindi quando si inizia ad avere delle responsabilità o a “salire di piano”, diciamo così, allora un rapporto di genere paritario non c’è sempre, c’è ancora tanto lavoro da fare in questo senso, assolutamente.

Il suggerimento per una ragazza ricade un po’ in quello che dicevo prima. Ci vuole sicuramente tanta motivazione, non è falso che ancora al giorno d’oggi, una ragazza deve impegnarsi almeno una volta e mezzo rispetto ad un ragazzo. Con risultati che poi sono di media tipicamente migliori, perché quando le ragazze arrivano sono sicuramente di qualità nettamente superiore, forse perché più determinate o più sollecitate. Quello che suggerisco è tanta forza di volontà, credere in sé stesse, essere sempre competenti. Perciò documentarsi, studiare, essere sempre preparate, in modo tale da non essere mai attaccabili dal punto di vista professionale. Ma anche non perdere la propria unicità in quanto donne, non bisogna appiattirsi ad essere caratterialmente o gestionalmente come la nostra controparte maschile, perché c’è un po’ la tendenza ad assumere gli atteggiamenti più maschili per poter discutere sullo stesso piano oppure lavorare allo stesso modo: sbagliato! Perché quello che può portare una figura femminile, proprio per la capacità di vedere le cose in un modo diverso, di gestire le persone in un modo diverso, è estremamente arricchente, quindi non appiattirsi o non adeguarsi a un modo di essere, un modo di comportarsi anche professionale che non è proprio, ma anche contro tutto quello che può essere l’apparenza, il contesto, portare comunque avanti la propria indole, il proprio modo di affrontare il lavoro con correttezza, precisione e accuratezza. Portare avanti le proprie caratteristiche peculiari, caratteriali di persona ma anche dell’indole femminile, non demoralizzarsi mai!

Lo spazio dunque pone molte sfide, quale è la conquista più importante che dobbiamo ancora raggiungere? Quale è il suo sogno nel cassetto?

Domanda difficile… difficile perché…  forse direi che siccome lo spazio è esplorazione e curiosità, quello che ancora non siamo in grado di fare è capire se possano esserci non solo altri mondi simili ai nostri, ma mondi in qualche modo abitati, quindi poter portare la tecnologia a un punto che consenta di avere le tecnologie che possano perlomeno consentirci di esplorare questa possibilità. La certezza, infatti, sarà lunga a venire… Già tutto quello che è stato fatto in termini di studio di esopianeti, quindi della presenza di altri sistemi planetari intorno ad altre stelle di altre galassie va in questa direzione, diciamo che un sogno sarebbe proprio quello di poter scoprire se siamo davvero una casualità unica o c’è qualcuno nel tempo, nello spazio, parallelamente a noi e che magari si sta facendo un po’ la stessa domanda, anche se probabilmente è completamente diverso da noi. Questo però potrebbe accadere solo nell’Universo, nella gigantesca entità dell’Universo. E sarebbe una bella risposta su tanti piani, filosofico, religioso, personale, tecnologico, scientifico…. Questo è il mio sogno nel cassetto, sì!

Dimentichi di essere una scienziata ora e mi dica: siamo soli nell’Universo?

Secondo me no. Però è veramente una risposta molto, molto basata… solo sul fatto che certo probabilmente siamo soli così come siamo noi. Ma non siamo l’unica forma di vita, voglio dire, potrebbero esserci degli esseri che sopravvivo non respirando ossigeno… cioè in condizioni che non devono per forza essere le nostre, magari sono totalmente diverse, ma hanno sviluppato anche loro un’intelligenza, un’emotività, una forma d’anima…  questo ritengo possa essere possibile. È possibile tutto. Tutto da scoprire chiaramente!

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