Alla scoperta di Emoty, l’allenatore delle emozioni

A volte la tecnologia assume, nel nostro immaginario, una connotazione distaccata. Quasi di freddezza, influenzata dall’atteggiamento reverenziale con cui guardiamo alla scienza. Ma in realtà tante applicazioni pratiche di quelle tecnologie hanno effetti concreti su aspetti quotidiani e molto personali della vita sociale di ognuno di noi.

Un esempio è quello delle tecnologie e applicazioni innovative nel settore della promozione del benessere, uno dei più floridi filoni di ricerca al Politecnico di Milano.

C’è un disturbo molto diffuso nella popolazione, ma poco conosciuto: la disregolazione emotiva. Si tratta di un disturbo del neurosviluppo (NDD), cornice che racchiude un gruppo di condizioni caratterizzate da gravi deficit nelle aree cognitive, emotive e motorie, che producono menomazioni nella comunicazione e nella vita sociale. Si stima addirittura che ne soffra a vari livelli circa il 10% della popolazione.

La disregolazione emotiva si articola in diversi stadi di gravità: dalla difficoltà nel riconoscimento delle emozioni degli altri, agli impedimenti nella produzione delle proprie, fino alla totale incapacità di identificarle e riconoscerle in sé stessi, chiamata scientificamente alessitimia.

Abbiamo intervistato Fabio Catania, 27 anni, dottorando in Information Technology con una tesi sull’utilizzo delle tecnologie conversazionali e dell’affective computing nel supporto alla terapia dei disturbi del neurosviluppo.

Fabio Catania, dottorando in Information Technology

Ciao Fabio, raccontaci che cos’è Emoty.
Emoty è un progetto di ricerca che ha l’obiettivo di alleviare, attraverso la tecnologia, le difficoltà di alcune persone nel riconoscere ed esprimere emozioni.
Non si tratta di un assistente virtuale per il supporto alla vita quotidiana, è più un “allenatore” che aiuta a sviluppare un migliore controllo emotivo e maggiore consapevolezza di sé, per migliorare le capacità comunicative e di conseguenza la qualità di vita.
Il progetto è realizzato in stretta collaborazione con psicologi, linguisti, terapisti, medici neurologi, caregiver e le stesse persone con disturbi del neurosviluppo.

Quali sono le tecnologie alla base di Emoty?
Emoty è basato su tecnologie conversazionali, uno dei principali territori di ricerca del laboratorio I3lab, quello in cui svolgo la mia tesi. Si tratta di quelle tecnologie che ogni giorno utilizziamo interagendo con gli ormai conosciutissimi assistenti vocali.
Di fatto Emoty è un sistema di dialogo vocale in lingua italiana su schermo, in grado di conversare con gli utenti in linguaggio naturale e di intrattenerli con chiacchierate e giochi educativi.
Il suo obiettivo è quello di stimolare la conversazione. Ci sono infatti molte persone che non si sentono a loro completo agio nell’interagire con gli altri. Per loro, comunicare con il computer è un vantaggio, perché comporta un unico canale di interazione, eliminando il livello non verbale, che può risultare ostico e distraente.

Come funziona?
Emoty propone diversi giochi, in modo da coinvolgere i ragazzi in maniera divertente e interattiva.
Ad esempio, in una delle sue attività Emoty propone un audio, una frase pronunciata secondo una certa intonazione, e chiede a chi gli sta di fronte: “Che emozione è?”.
Oppure propone una frase sullo schermo, e chiede di ripeterla esprimendo una certa emozione modulando il tono della voce.
A quel punto l’intelligenza artificiale contenuta in Emoty, utilizzando tecniche di machine learning e di deep learning, identifica quale emozione è stata effettivamente trasmessa dal tono della voce dell’utente, in base all’elaborazione del tracciato audio, e dà il feedback.

Quali risultati hai ottenuto finora?
Sono state fatte sperimentazioni con i ragazzi per verificare la percezione e l’usabilità dell’applicazione.
I risultati sono stati di doppia natura. In alcuni momenti i ragazzi hanno apprezzato le caratteristiche umane di Emoty, interagendo con la macchina come avrebbero interagito con una persona. In momenti diversi ne riconoscono i connotati di macchina, attribuendo al computer l’autorità e l’infallibilità che solo un calcolatore elettronico può avere.

Cosa ci dicono i dati raccolti?
È ancora troppo presto per dirlo, la raccolta dei dati è ancora in corso. Posso però anticiparvi che all’interno del gioco abbiamo notato un miglioramento delle performance dei ragazzi. Ma per i risultati definitivi dovrete attendere la mia tesi, che dovrei pubblicare a settembre.

Piacere, mi chiamo Emoty

Qual è stato il tuo percorso di studi?
L’informatica mi ha sempre appassionato. Per questo, dopo il liceo scientifico, ho deciso di iscrivermi ad ingegneria informatica al Politecnico di Milano. Ho continuato poi il mio percorso anche con la laurea magistrale che ne era la naturale continuazione.

Come è nata la tua passione per le tematiche di human-computer interaction?
Durante la magistrale ho fatto l’Erasmus a Las Palmas di Gran Canaria. È stata un’esperienza che mi ha segnato perché, una volta tornato in Italia, mi ha fatto riflettere su quello che realmente volevo. Non volevo più fare qualcosa che fosse legato esclusivamente alle macchine, ma qualcosa che potesse essere concretamente utile alle persone.

E al Politecnico hai trovato spazio per queste tue aspirazioni?
Sull’utilizzo delle tecnologie conversazionali nel trattamento dei disturbi del neurosviluppo c’era poco in letteratura. Si trattava di un ambito di ricerca essenzialmente nuovo.
Mi sono così avvicinato all’I3lab (Innovative, Interactive Interfaces Laboratory). È un laboratorio che si concentra sull’applicazione di tecnologie e applicazioni interattive innovative in vari settori molto stimolanti, come il benessere e l’istruzione. Uno dei principali destinatari a cui si rivolge da anni la ricerca di I3lab sono i bambini con bisogni speciali, per aiutarli nello sviluppo dei loro bisogni sociali, emotivi e intellettuali.

L’idea del dottorato come è nata?
Ti racconto un episodio che ricordo ancora con emozione. Ero in fase di conclusione della tesi magistrale, e stavo facendo sperimentazione in un centro terapeutico. C’era una ragazza con sindrome di Down che mi stava aiutando a testare Emoty nell’attività di produzione di frasi in forma emotiva. In quel momento stava provando a enunciare una frase in maniera arrabbiata, e devo dire che la ragazza ci stava riuscendo veramente bene. Ma ecco che Emoty si impalla. Dopo diversi tentativi andati a vuoto, lei mi guarda e mi dice: “Per questa volta passi, ma la prossima volta mi arrabbio davvero”.
Ero un po’ demoralizzato per quel risultato e la sua reazione, ma la terapista mi prende in disparte e si complimenta per l’ottimo lavoro. In quella semplice frase erano infatti contenuti tre importanti risultati: la ragazza sapeva di stare recitando, sapeva che cosa fosse la rabbia, e si era resa conto che le emozioni si possono controllare.

Immagino la soddisfazione che devi aver provato…
In quel momento mi si era aperto un mondo: avevo visto i possibili risultati concreti del tool che avevo ideato. Il mio obiettivo era sempre più chiaro: volevo aiutare le persone. Volevo utilizzare una tecnologia che ci è già familiare in un campo dove non era stata mai applicata: quello del trattamento degli NDD.
Ne ho parlato con la professoressa Franca Garzotto, la direttrice di I3lab, che mi ha sempre sostenuto e ha spinto molto su questo progetto.

Fabio durante una presentazione di Emoty

Hai già pensato a cosa vorrai fare dopo il dottorato di ricerca?
Al momento non lo so ancora con sicurezza, sono molto concentrato sulla tesi. Sicuramente mi piacerebbe portare avanti il progetto Emoty. Ma ci vorrebbero molte più risorse, perché nel team ci sono principalmente solo io. Il mio sogno è che diventi un progetto con tante persone coinvolte. Un progetto di tutti, com’è nel suo spirito.

So che sei ancora alla ricerca di voci per Emoty
Esatto. La piattaforma “Emozionalmente”, che ho sviluppato, è una parte fondamentale del mio progetto. Acquisendo le registrazioni vocali dei volontari, aiuta Emoty ad essere più accurato nel riconoscere le emozioni, in modo da migliorare sempre di più il tool. Fino ad oggi sono state raccolte 10.000 voci, ma ne servono il più possibile. Quindi faccio un appello a chi ci legge: sul sito Emozionalmente potete “donare” la vostra voce in maniera totalmente anonima, o anche solo ascoltare quelle degli altri, per tentare di capire l’emozione trasmessa. Grazie di cuore.

Fabio al concorso di idee “Strike!, storie di giovani che cambiano le cose”, vinto con il progetto di Emoty
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