Innovazione e multidisciplinarità al servizio della riabilitazione

Nella cornice del Polo di Lecco del Politecnico di Milano, il laboratorio WE-COBOT LAB – Wearable and collaborative robotics rappresenta un esempio di eccellenza nell’ambito della robotica indossabile e collaborativa, con un focus particolare sulle applicazioni nel settore della riabilitazione e del supporto alle persone fragili.

Abbiamo avuto il piacere di intervistare la professoressa Alessandra Pedrocchi, ricercatrice e referente del laboratorio, per scoprire come nasce questo centro d’eccellenza e quali sono gli obiettivi e le prospettive di sviluppo.

Alessandra Pedrocchi
Alessandra Pedrocchi, docente del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria © phocourtesy A. Pedrocchi

Come nasce il WE-COBOT LAB e quali sono stati i suoi primi passi?

WE-COBOT LAB nasce dall’esperienza e dalla volontà di integrare competenze multidisciplinari per rispondere alle esigenze di persone con disabilità o fragilità. La sua genesi risale a un momento in cui, lavorando con Villa Beretta, presidio di riabilitazione dell’Ospedale Valduce, abbiamo iniziato a sviluppare dispositivi robotici per la riabilitazione.

Nel 2015, rappresentanti della Unione Italiana per la Lotta alla Distrofia Muscolare, persone con Distrofia Muscolare e loro famigliari, sono venuti a conoscere le nostre attività ponendoci la richiesta di creare soluzioni che andassero oltre i tradizionali ausili, come le carrozzine motorizzate, e che aiutassero le persone con distrofia muscolare nelle attività quotidiane, in particolare a supporto di azioni delle braccia, che rappresentano spesso il limite più grave nella loro autonomia e nella dipendenza dal caregiver.

Da questa esigenza è nata l’idea di sviluppare dispositivi indossabili e robotici attivi, progettati in stretta collaborazione con gli utenti finali, i pazienti e le loro famiglie. La complessità di integrare competenze di bioingegneria, meccanica, design e anche architettura, ha portato alla creazione di un laboratorio interdipartimentale, capace di lavorare in modo sinergico per affrontare queste complesse sfide. Ringrazio i colleghi e amici dei diversi dipartimenti: i professori Marco Tarabini (Meccanica), Giuseppe Andreoni (Design), Emanuele Lettieri (Gestionale) e Stefano Capolongo (Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito), che hanno accolto questa sfida per rendere WE-COBOT la realtà che vediamo oggi.

Quali sono i principali ambiti di applicazione del laboratorio?

Il nostro focus principale è sulla riabilitazione e sull’assistenza alle persone con disabilità neuromuscolari. Per esempio, abbiamo sviluppato sistemi robotici indossabili, come esoscheletri e dispositivi di supporto per la presa, che permettono di migliorare la qualità della vita e l’indipendenza.

Inoltre, abbiamo esteso il nostro lavoro anche al settore dell’assistenza agli anziani, in strutture residenziali, dove i robot sociali come TIAGo vengono impiegati per attività di socializzazione, supporto cognitivo e prevenzione delle cadute. Un esempio è il progetto attualmente in valutazione INTERREG con RSA svizzere, che mira a creare modelli transfrontalieri di assistenza robotica integrata.

Un altro filone riguarda la robotica per il benessere sul lavoro, con soluzioni volte a ridurre i rischi muscolo-scheletrici nei contesti industriali. Qui utilizziamo sensori e sistemi di valutazione ergonomica, combinati con modelli simulativi, per valutare dispositivi commerciali, migliorare l’integrazione uomo-robot e sviluppare nuove soluzioni, migliorando la sicurezza e l’efficienza.

Alessandra Pedrocchi con TIAGo e Luca Pozzi, dottorando in Ingegneria Meccanica
Alessandra Pedrocchi con TIAGo e Luca Pozzi, dottorando in Ingegneria Meccanica © Polo Territoriale di Lecco, Politecnico di Milano

Come funziona l’interazione tra robot e persone con disabilità?

Un esempio emblematico è TIAGo, un robot mobile che ascolta e comprende comandi, si muove e interagisce con l’utente. È una piattaforma commerciale che stiamo progettando per essere un “attore” nelle attività quotidiane di persone fragili, come raccontare storie, aiutare nei giochi di memoria o facilitare la comunicazione a distanza, anche in modalità remota. L’esperienza della pandemia, in particolare, ci ha suggerito il potenziale di TIAGo in strutture residenziali, aiutando a mantenere il contatto tra pazienti e familiari, e a prevenire il senso di isolamento e migliorando la sicurezza, per esempio TIAGo può riconoscere gesti come l’alzata da seduto, avvicinandosi e segnalando per prevenire cadute o rispondere a comportamenti rischiosi. Questo approccio necessita di integrare tecnologie di intelligenza artificiale e sensori per adattarsi alle esigenze di ogni utente.

Tra i vostri progetti di punta c’è anche il Trike, una bicicletta che favorisce l’accessibilità allo sport e alla mobilità alle persone con disabilità, promuovendo l’inclusione sociale. Come funziona il Trike?

Il trike è una bicicletta reclinata a tre ruote, sensorizzata e progettata per l’utilizzo da parte di persone con fragilità motorie. È dotato di un encoder per la misurazione dell’angolo alla pedivella, di pedali sensorizzati per rilevare la potenza esercitata dalle gambe, di un motore elettrico per l’assistenza alla pedalata e di un sistema di Stimolazione Elettrica Funzionale (FES) in grado di stimolare 8 gruppi muscolari degli arti inferiori. La piattaforma è completata da un tablet con un’interfaccia grafica che consente la configurazione dei parametri di allenamento e la visualizzazione dei dati in tempo reale. Diverse modalità di controllo sono state implementate per permettere l’utilizzo della piattaforma a persone con diverso grado di disabilità.

Come nasce questo progetto?

È stato favorito dalla partecipazione a Cybathlon, competizione internazionale che riunisce atleti con disabilità provenienti da tutto il mondo, i quali si sfidano in diverse discipline utilizzando tecnologie assistive all’avanguardia. Uno degli obiettivi è quello di promuovere lo sviluppo e l’utilizzo di tecnologie assistive innovative. Scienziati, ingegneri e aziende di tutto il mondo lavorano per creare dispositivi sempre più performanti e intuitivi, che possano migliorare la qualità di vita delle persone con disabilità. Un altro obiettivo della competizione è la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui temi della disabilità e dell’inclusione, mostrando come la tecnologia possa essere un potente strumento per superare le barriere e favorire l’autonomia.

A partire dal 2019, abbiamo riunito una squadra presso il Politecnico di Milano formata principalmente da studenti e dottorandi in Ingegneria Biomedica e Ingegneria Meccanica, con la quale abbiamo partecipato alla disciplina del Cybathlon FES bike (Functional Electrical Stimulation bike) nelle due edizioni svolte nel novembre del 2020 da remoto e ad ottobre 2024 a Zurigo. Nell’ultima edizione abbiamo conquistato il terzo posto (su 10 squadre partecipanti), con il pilota Andrea Gatti.

Quali sono oggi le sfide principali di WE-COBOT LAB?

Una delle sfide più grandi è integrare la persona, con tutte le sue capacità residue, e le tecnologie, creando soluzioni collaborative che siano efficaci, sostenibili e facilmente accessibili. E soprattutto ottenere che quanto è disponibile sia pienamente utilizzato nella clinica al servizio dei bisogni dei pazienti. Per questo, ci siamo resi conto che la formazione è la chiave di volta.

Nel 2020, su iniziativa del rettore Resta, della professoressa Carrozza, allora Direttrice scientifica di Fondazione Don Gnocchi, e del Dottor Molteni, Direttore di Villa Beretta, abbiamo creato il master “RehabTech”, un corso universitario post-lauream, dedicato a ingegneri, medici, fisioterapisti e altri professionisti della riabilitazione, con l’obiettivo di formare figure capaci di integrare tecnologie innovative nei contesti clinici e sociali. Nella seconda edizione nel 2022, il Master ha è diventato internazionale, con partner in Svizzera e Spagna, e ha arricchito ulteriormente l’approccio multidisciplinare e globale. Ora stiamo preparando la nuova edizione, sempre internazionale, che inizierà a Ottobre 2025, con integrazioni ulteriori relative a Intelligenza Artificiale, Realtà Estesa e dispositivi al domicilio.

Sul fronte della ricerca in neuroriabilitazione, stiamo lavorando a sistemi ibridi che combinano stimolazione elettrica funzionale e robotica attiva, con l’obiettivo di migliorare la plasticità neurale e favorire il recupero motorio.

Qual è la vostra visione del ruolo del laboratorio nel contesto territoriale e internazionale?

Il nostro laboratorio si inserisce in un ecosistema territoriale di eccellenza in cui Politecnico – Polo di Lecco, ASST Lecco, ATS Brianza, Villa Beretta, IRCCS Eugenio Medea – La Nostra Famiglia, IRCCS INRCA Casatenovo e CNR lavorano in sinergia da oltre 20 anni. Abbiamo creato, anche grazie alla preziosa attività di coordinamento svolta da Univerlecco, e all’energia del suo Presidente, ing. Vico Valassi, una rete forte e dinamica, capace di lavorare in sinergia per attrarre collaborazioni internazionali e di sviluppare progetti di impatto globale.

Penso che il valore aggiunto di We-Cobot sia proprio questa capacità di mettere insieme competenze diverse, condividere risorse e idee, e lavorare con entusiasmo e responsabilità per migliorare la qualità della vita delle persone.

Quali sono i progetti più sfidanti e le prospettive di sviluppo?

Tra i progetti attualmente in corso, uno dei più promettenti è la sperimentazione di sistemi di robotica ibrida combinati con stimolazione elettrica funzionale, per il recupero post-ictus e mielolesioni. Si tratta di dispositivi che supportano il movimento naturale, stimolando il cervello e i muscoli contemporaneamente, con un approccio che mira a facilitare la plasticità cerebrale.

Inoltre, stiamo lavorando a soluzioni per l’ortopedia, come dispositivi robotici che facilitino il recupero funzionale di arti e articolazioni, e sviluppiamo moduli didattici e programmi formativi per diffondere queste tecnologie a livello internazionale.

Infine, il nostro obiettivo è trasformare queste innovazioni in servizi concreti, accessibili e sostenibili, per portare il valore della robotica a beneficio di più persone, ovunque si trovino.

In conclusione, cosa vi dà la maggiore soddisfazione nel lavorare a questi progetti?

Vedere giovani studenti e studentesse, ricercatori e ricercatrici crescere, entusiasmarsi e contribuire a innovare il settore della riabilitazione è la più grande ricompensa. Quando un paziente, grazie alle tecnologie sviluppate, riesce a recuperare autonomia o a migliorare la propria qualità di vita, il senso del nostro lavoro si amplifica. La sfida quotidiana è mantenere vivo questo entusiasmo, condividere idee e lavorare in un ambiente di collaborazione e passione.

WE-COBOT LAB rappresenta dunque non solo un centro di ricerca, ma un punto di riferimento per l’innovazione sociale e tecnologica, con uno sguardo sempre rivolto al futuro e alle persone che può aiutare.

Portandovi con noi in questo viaggio virtuale, abbiamo scoperto come WE-COBOT LAB sia un esempio vivente di come la multidisciplinarità, la collaborazione e l’innovazione possano trasformare la vita delle persone, portando avanti una missione che unisce tecnologia e umanità. Un luogo dove il futuro si costruisce oggi, con passione, competenza e visione inclusiva.

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