Le tecnologie digitali nella transizione circolare del settore tessile

L’industria tessile è uno dei settori dominanti dell’economia mondiale, e di conseguenza uno dei più controversi. In un pianeta in profonda trasformazione, il ruolo delle tecnologie digitali è fondamentale per affrontare le sfide del futuro, prima tra tutte quella della sostenibilità.

Ne abbiamo parlato con Rabia Hassan, dottoranda del Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano.

Rabia Hassan
photocourtesy © Rabia Hassan 2025

Buongiorno, Rabia. Cosa caratterizza il settore tessile in questo momento?

Al giorno d’oggi, il settore tessile è caratterizzato da due trasformazioni contemporanee: uno spostamento verso la circolarità e un’enfasi crescente sulla digitalizzazione. Allo stesso tempo, è in aumento la pressione esercitata da consumatori, decisori politici e gruppi ambientalisti che vogliono spingere l’industria ad adottare pratiche più sostenibili.

Stiamo assistendo a una rivoluzione tecnologica segnata da innovazioni come la blockchain, l’intelligenza artificiale e le tecnologie 3D. Ciononostante, dalla letteratura emerge un divario significativo nell’integrazione di queste due trasformazioni e sono pochissimi gli studi dedicati alla convergenza tra i principi dell’economia circolare e la digitalizzazione.

Ed è proprio qui che entrano in gioco le tue ricerche. Qual è l’obiettivo principale?

L’obiettivo principale era colmare questo divario e fornire linee guida al settore tessile per facilitarne la transizione verso la circolarità. La collaborazione con i miei coautori, Federica Acerbi, Paolo Rosa e Sergio Terzi, si concentra sull’utilizzo delle tecnologie digitali per favorire il passaggio dell’industria tessile dall’economia lineare tradizionale, caratterizzata da un approccio “take-make-waste”, a un modello più circolare.

L’industria tessile consuma grandi quantità di risorse e ha un impatto ambientale significativo: in termini di utilizzo delle risorse si posiziona infatti al quarto posto, dopo il settore alimentare, abitativo e della mobilità. Tutto questo sottolinea l’urgente necessità di definire dei processi di ottimizzazione per migliorare la trasparenza e ridurre gli sprechi all’interno del settore.

Per rispondere a questa esigenza, abbiamo elaborato un quadro di tecnologie digitali tese a supportare il potenziamento della circolarità in campo tessile. Crediamo che, integrando queste tecnologie, il settore possa compiere dei progressi sostanziali verso pratiche più sostenibili.

Secondo te, cosa ha portato alla carenza di studi sulla digitalizzazione nel settore tessile?

A mio avviso, questo può essere attribuito a diversi fattori correlati. Una ragione significativa è la scarsità di dati onnicomprensivi in grado di collegare la tecnologia digitale alle pratiche di economia circolare in questo ambito.

Le aziende tessili vanno incontro a sfide tecniche e organizzative nel tentativo di integrare queste tecnologie a supporto delle proprie pratiche sostenibili.

Un ostacolo di primaria importanza sono i costi sostanziali associati all’implementazione delle tecnologie digitali, come la blockchain e l’intelligenza artificiale. Per investire con successo in queste tecnologie, le aziende devono considerare non solo gli elementi hardware e software richiesti, ma anche la formazione dei dipendenti necessaria per garantire una gestione e un’implementazione efficaci.

Inoltre, molte imprese tessili incontrano difficoltà legate alla mancanza di competenze. Spesso le conoscenze tecniche all’interno delle organizzazioni sono insufficienti, e questo complica l’implementazione e la gestione di questi sistemi avanzati.

Incombono, inoltre, le preoccupazioni sulla sicurezza dei dati: man mano che i sistemi digitali diventano sempre più integrati nelle operazioni aziendali, il rischio di attacchi informatici aumenta.

Questi ostacoli sono legati in modo specifico ai costi o dipendono anche dai flussi di lavoro e dai processi?

La mancanza di strategie specifiche per l’implementazione delle tecnologie digitali che si rileva in molte aziende può generare confusione e ostacolare il progresso sia per i dipendenti che per i manager.

È importante riconoscere che molte realtà tessili si basano su metodi di produzione tradizionali profondamente radicati e che questo può portare a forti esitazioni nell’adottare nuovi sistemi, sulla scorta di una mentalità resistente al cambiamento. Questa combinazione di sfide, in definitiva, inibisce il potenziale di realizzazione di pratiche circolari.

Capi d'abbigliamento
Capi d’abbigliamento © triocean iStock 2018

In che modo le imprese possono superare gli ostacoli all’aumento della circolarità nel settore tessile?

Le partnership con i fornitori di tecnologie possono avere un ruolo cruciale nel superare queste sfide. Le collaborazioni con gli esperti di tecnologia possono aiutare a ridurre i costi sostanziali associati all’implementazione delle tecnologie digitali, consentendo un approccio di investimento graduale. Il sostegno a livello governativo è altrettanto essenziale. I finanziamenti, le sovvenzioni e le iniziative politiche possono contribuire ad accelerare l’adozione di pratiche circolari.

Altrettanto importante è lo sviluppo delle conoscenze tra la forza lavoro. Le aziende devono dare la priorità alla formazione sulle tecnologie digitali rivolta ai dipendenti, poiché è essenziale che i collaboratori comprendano appieno queste innovazioni per implementare con successo la circolarità all’interno dell’organizzazione. Una volta fornite le competenze necessarie ai dipendenti, bisogna iniziare a educare i consumatori. Se la forza lavoro non è in grado di accogliere e applicare queste tecnologie, non sarà facile raggiungere l’obiettivo più ampio della circolarità.

Non solo, i leader devono anche promuovere attivamente una cultura dell’innovazione. Questo obiettivo può essere raggiunto organizzando workshop, seminari e altre iniziative studiate per incoraggiare il personale e i consumatori a mettersi alla prova con nuovi sistemi e migliorare incessantemente i processi. Il coinvolgimento dei consumatori nel processo di circolarità è fondamentale, poiché sono loro ad avere un ruolo centrale nel successo di queste iniziative. I brand dovrebbero sforzarsi di accrescere la sensibilità del pubblico su come incorporare le pratiche circolari nella vita quotidiana attraverso il riutilizzo, la riparazione o il noleggio di prodotti.

Tali politiche possono effettivamente essere implementate dai brand più grandi? Il loro impegno a favore della circolarità è sincero o stanno semplicemente adottando pratiche di greenwashing?

Sì, questi brand possono realmente adottare queste politiche, e stiamo già assistendo a degli esempi pratici. Per esempio, un noto marchio di abbigliamento ha implementato una tecnologia blockchain per monitorare il ciclo di vita dei suoi prodotti.

Oltre a garantire trasparenza, questa tecnologia offre ai consumatori una prova della riciclabilità dei materiali usati nei loro prodotti. Inoltre, gli acquirenti sono incoraggiati a restituire i capi non più utilizzati, assicurandone un riciclo corretto. Questa iniziativa consolida la fiducia dei consumatori e aumenta la credibilità dell’impegno del marchio per la circolarità.

Ci sono altri esempi?

Un altro esempio è l’adozione di una tecnologia di stampa 3D in negozio da parte di un brand di abbigliamento sportivo, che può così creare in poche ore prodotti su misura per i clienti con una personalizzazione del design e delle scelte dei materiali.

Questi esempi confermano che l’implementazione di pratiche circolari può davvero fare la differenza. Mostrandosi trasparenti e promuovendo attivamente la sostenibilità, i brand possono accrescere la fiducia dei consumatori e favorire l’adozione della circolarità nel settore.

Dove si collocano, in termini di sostenibilità, i marchi tessili italiani?

La mia ricerca non si è concentrata specificamente sul settore tessile italiano, ma di recente ho discusso con un esperto italiano dell’argomento. Mi ha sorpreso scoprire che c’è ancora molto lavoro da fare, in Italia, per la sostenibilità in ambito tessile. Tuttavia, vi sono anche aziende italiane che desiderano implementare delle tecnologie digitali e delle pratiche circolari, rivelando un approccio positivo nel passaggio a soluzioni sostenibili.

Oggi, l’industria italiana sembra trovarsi a un bivio. Nonostante i progressi, le imprese si trovano ad affrontare sfide significative nella ricerca di una completa adozione delle tecnologie digitali. Ritengo che, nei prossimi cinque-dieci anni, le tecnologie digitali diventeranno essenziali per implementare con successo la circolarità. È fondamentale che i governi introducano norme applicabili per imporre l’integrazione di queste tecnologie nel settore. Il legame tra innovazione digitale e circolarità non è qualcosa che può essere esagerato, ed è cruciale per il futuro dell’industria tessile.

Il tuo interesse per l’economia circolare e la sostenibilità è influenzato dal fatto che l’industria tessile è il più grande settore manifatturiero del Pakistan?

Assolutamente sì. Il Pakistan vanta uno dei settori tessili più grandi del mondo e produce un’ampia gamma di prodotti tessili. Confrontando l’implementazione delle strategie di economia circolare tra i Paesi dell’Unione europea e il Pakistan, tuttavia, emerge un divario notevole.

Mentre alcune nazioni hanno compiuto dei significativi passi avanti, il Pakistan sta tuttora incontrando delle sfide nell’adozione di strategie simili su vasta scala. Ciò è dovuto, in parte, alla mancanza delle infrastrutture e del supporto governativo necessari per attuare efficacemente i principi dell’economia circolare.

Rabia Hassan

Qual è la principale differenza di mentalità che distingue Pakistan e Italia, parlando di sostenibilità?

Vi è una differenza di mentalità significativa nell’utilizzo delle risorse e nella sostenibilità.

Per fare un esempio, posso condividere un aneddoto personale. Nel mio guardaroba, non accumulo più abiti del necessario. Compro solo quello che mi serve e uso i vestiti fino a quando non sono inutilizzabili. In Pakistan, si tende a sfruttare al massimo ciò che si ha a disposizione destinando a nuovi scopi gli oggetti, per esempio trasformando i vestiti vecchi in stracci per pulire anziché buttarli all’istante. Nonostante questa parsimonia, tuttavia, mancano strategie e sistemi adeguati per una gestione dei rifiuti che consenta di ottimizzare la circolarità.

Al contrario, in Italia vige un approccio alla sostenibilità più strutturato, dovuto in gran parte a un sostegno più solido del governo e a infrastrutture più consolidate per il riciclo e la circolarità. Sebbene vi sia ancora molto da fare, il divario, in termini di risorse e sistemi, è meno pronunciato rispetto al Pakistan.

In futuro, quali tecnologie potrebbero agevolare l’implementazione di una mentalità fondata sull’economia circolare in ambito tessile?

Guardando al futuro, una delle tecnologie più promettenti per favorire la circolarità è l’adozione diffusa di passaporti digitali dei prodotti.

In questi passaporti verrebbero raccolte e condivise informazioni fondamentali sull’intero ciclo di vita del prodotto, aiutando le parti interessate (consumatori, produttori, responsabili del riciclo e brand) a comprendere i dati chiave e prendere decisioni informate sul riutilizzo, sul riciclo o sullo smaltimento del prodotto.

Cos’è un passaporto digitale del prodotto?

Un passaporto digitale del prodotto è, essenzialmente, un sistema di identificazione univoco per ciascun prodotto. Conterrebbe informazioni dettagliate sui materiali usati per crearlo, per esempio cotone organico, poliestere riciclato o lana, e dettagli sulle tinture e sulle sostanze chimiche utilizzate.

Un consumatore potrebbe, per esempio, scansionare il passaporto digitale di un prodotto per conoscere l’origine del cotone utilizzato in un capo o il tipo di sostanze chimiche impiegate nella produzione.

Questa tecnologia è particolarmente preziosa in fase di riciclo, momento in cui conoscere la composizione dei materiali, come le sostanze chimiche utilizzate, può aiutare a determinare il processo di riciclo meccanico o chimico più efficace.

I passaporti digitali dei prodotti miglioreranno significativamente la gestione del ciclo di vita dei prodotti stessi e l’ottimizzazione delle risorse, con una conseguente riduzione degli sprechi e una maggiore sostenibilità del settore tessile.

Dalla tua ricerca è emerso, tra i vari risultati, un quadro di riferimento per le aziende del settore tessile. Come può essere letto facilmente?

Lo schema di riferimento è suddiviso in due sezioni, rappresentate da due colori. La sezione di colore blu rappresenta le tecnologie attuali, mentre la sezione di colore rosso pone l’enfasi sulle tecnologie avanzate che hanno un potenziale futuro. Questa distinzione è importante perché consente alle aziende di capire a che punto sono, in questo momento, in termini di implementazione delle tecnologie e in che direzione potrebbero muoversi in futuro.

Nella fase iniziale, tecnologie come la visualizzazione 3D, la stampa 3D e la progettazione 3D sono funzionali alla creazione di campioni e alla riprogettazione, con una minimizzazione del consumo di acqua e sostanze chimiche. La visualizzazione 3D, in particolare, aiuta gli acquirenti a valutare i capi prima dell’acquisto, riducendo la domanda di nuovi prodotti.

Nella fase intermedia, tecnologie come la visualizzazione 3D e le piattaforme digitali partecipano alla promozione dell’abbigliamento di seconda mano consentendo ai consumatori di visualizzare gli articoli online, in modo da facilitare la valutazione delle loro condizioni e della loro idoneità. Le piattaforme digitali aiutano anche a creare connessioni tra i venditori di capi pre-loved e i potenziali acquirenti, mentre tecnologie come i codici QR e i tag RFID migliorano lo smistamento e il monitoraggio dei capi per condizioni e usabilità. Tali tecnologie aumentano la trasparenza e la tracciabilità lungo tutta la catena di approvvigionamento, che sono fondamentali per amplificare la fiducia nei mercati dell’usato.

Nella fase finale, è possibile ricorrere alla stampa 3D per riciclare vecchi capi trasformandoli in nuovi prodotti, fornendo così un’alternativa sostenibile allo smaltimento. Le piattaforme digitali hanno un ruolo chiave nel sensibilizzare sull’importanza del riciclaggio, coinvolgendo consumatori e imprese in pratiche di gestione sostenibile dei rifiuti.

Perché la blockchain è così essenziale per rivoluzionare le pratiche del settore tessile?

Consentendo un monitoraggio sicuro e trasparente dell’intero ciclo di vita dei capi, la blockchain agevola la verifica dei prodotti, la trasparenza della supply chain e la gestione dei materiali riciclati.

La blockchain potrebbe facilitare lo scambio sicuro di dati tra i soggetti interessati, rendendo più efficace il riciclo e aiutando le aziende a ottimizzare il consumo di risorse.

Ritieni che questo quadro di riferimento riuscirà a indirizzare le imprese verso la circolarità?

Credo che sarà molto prezioso per le aziende tessili che sono pronte a integrare le tecnologie digitali nelle proprie operazioni. Vuole essere una guida di supporto alle imprese e al mondo accademico per identificare le tecnologie essenziali nella transizione verso un’economia circolare.

Vorremmo conoscerti meglio. Potresti parlarci un po’ del tuo percorso accademico e professionale?

Il mio percorso accademico è iniziato in Pakistan, dove sono nata e cresciuta. Mi sono laureata nel 2013 e ho iniziato a lavorare nel settore automobilistico, nello specifico nello sviluppo di prodotti. Nei cinque anni successivi, dal 2014 al 2019, ho acquisito una vasta esperienza e affinato le mie capacità gestionali, affiancando alle mansioni professionali ulteriori studi.

In questo periodo ho frequentato un master in ingegneria gestionale, che ho completato con successo nel 2017. Non è stato facile conciliare studio e lavoro, ma sono riuscita a trovare un equilibrio e a consolidare la mia esperienza gestionale.

Il 2020 è stato un anno di passaggio verso il mondo accademico, grazie a una possibilità di insegnamento che ha segnato una svolta nella mia carriera. La transizione all’università ha scatenato in me una forte passione per la ricerca scientifica, che ha da ultimo influenzato la mia scelta di proseguire il percorso accademico.

Nel 2023, mi sono iscritta al dottorato di ricerca del Politecnico di Milano per approfondire ulteriormente le mie conoscenze e partecipare alla ricerca sulla sostenibilità e sull’economia circolare.

Macchinario tessile
Macchinario tessile © kldlife iStock 2025

Come hai iniziato a studiare il tema della circolarità nel settore tessile?

Ho avuto la fortuna di ricevere dei finanziamenti del PNRR in Italia per la sostenibilità per il miglioramento della circolarità nel Made in Italy. Sotto la guida del professor Sergio Terzi, ho proseguito la mia ricerca per tre anni presso il Dipartimento di Ingegneria Gestionale.

Negli ultimi due anni, ho collaborato con alcuni esperti del settore tessile, che è il campo più adatto per condurre questo tipo di studi nei loro diversi aspetti.

Quali sono i tuoi progetti per il prossimo futuro?

Sono al terzo anno di dottorato, perciò il mio obiettivo è finire il dottorato concentrandomi sulla mia ricerca e, contemporaneamente, pianificare i prossimi passi del mio percorso accademico. Sto valutando la possibilità di continuare il mio lavoro al Politecnico di Milano anche dopo il dottorato, magari con un post-dottorato o come ricercatrice, ma devo ancora esplorare le opzioni possibili.

Sicuramente, per ora, mi sto focalizzando principalmente sui miei risultati e, in particolare, sul finalizzare la tesi sulla sostenibilità dell’economia circolare, che è il mio campo di interesse principale.Buongiorno, Rabia. Andiamo dritti al punto. Cosa caratterizza il settore tessile in questo momento?

Al giorno d’oggi, il settore tessile è caratterizzato da due trasformazioni contemporanee: uno spostamento verso la circolarità e un’enfasi crescente sulla digitalizzazione. Allo stesso tempo, è in aumento la pressione esercitata da consumatori, decisori politici e gruppi ambientalisti che vogliono spingere l’industria ad adottare pratiche più sostenibili.

Stiamo assistendo a una rivoluzione tecnologica segnata da innovazioni come la blockchain, l’intelligenza artificiale e le tecnologie 3D. Ciononostante, dalla letteratura emerge un divario significativo nell’integrazione di queste due trasformazioni e sono pochissimi gli studi dedicati alla convergenza tra i principi dell’economia circolare e la digitalizzazione.

Ed è proprio qui che entrano in gioco le tue ricerche. Qual è l’obiettivo principale?

L’obiettivo principale era colmare questo divario e fornire linee guida al settore tessile per facilitarne la transizione verso la circolarità. La collaborazione con i miei coautori, Federica Acerbi, Paolo Rosa e Sergio Terzi, si concentra sull’utilizzo delle tecnologie digitali per favorire il passaggio dell’industria tessile dall’economia lineare tradizionale, caratterizzata da un approccio “take-make-waste”, a un modello più circolare.

L’industria tessile consuma grandi quantità di risorse e ha un impatto ambientale significativo: in termini di utilizzo delle risorse si posiziona infatti al quarto posto, dopo il settore alimentare, abitativo e della mobilità. Tutto questo sottolinea l’urgente necessità di definire dei processi di ottimizzazione per migliorare la trasparenza e ridurre gli sprechi all’interno del settore.

Per rispondere a questa esigenza, abbiamo elaborato un quadro di tecnologie digitali tese a supportare il potenziamento della circolarità in campo tessile. Crediamo che, integrando queste tecnologie, il settore possa compiere dei progressi sostanziali verso pratiche più sostenibili.

Secondo te, cosa ha portato alla carenza di studi sulla digitalizzazione nel settore tessile?

A mio avviso, questo può essere attribuito a diversi fattori correlati. Una ragione significativa è la scarsità di dati onnicomprensivi in grado di collegare la tecnologia digitale alle pratiche di economia circolare in questo ambito.

Le aziende tessili vanno incontro a sfide tecniche e organizzative nel tentativo di integrare queste tecnologie a supporto delle proprie pratiche sostenibili.

Un ostacolo di primaria importanza sono i costi sostanziali associati all’implementazione delle tecnologie digitali, come la blockchain e l’intelligenza artificiale. Per investire con successo in queste tecnologie, le aziende devono considerare non solo gli elementi hardware e software richiesti, ma anche la formazione dei dipendenti necessaria per garantire una gestione e un’implementazione efficaci.

Inoltre, molte imprese tessili incontrano difficoltà legate alla mancanza di competenze. Spesso le conoscenze tecniche all’interno delle organizzazioni sono insufficienti, e questo complica l’implementazione e la gestione di questi sistemi avanzati.

Incombono, inoltre, le preoccupazioni sulla sicurezza dei dati: man mano che i sistemi digitali diventano sempre più integrati nelle operazioni aziendali, il rischio di attacchi informatici aumenta.

Questi ostacoli sono legati in modo specifico ai costi o dipendono anche dai flussi di lavoro e dai processi?

La mancanza di strategie specifiche per l’implementazione delle tecnologie digitali che si rileva in molte aziende può generare confusione e ostacolare il progresso sia per i dipendenti che per i manager.

È importante riconoscere che molte realtà tessili si basano su metodi di produzione tradizionali profondamente radicati e che questo può portare a forti esitazioni nell’adottare nuovi sistemi, sulla scorta di una mentalità resistente al cambiamento. Questa combinazione di sfide, in definitiva, inibisce il potenziale di realizzazione di pratiche circolari.

In che modo le imprese possono superare gli ostacoli all’aumento della circolarità nel settore tessile?

Le partnership con i fornitori di tecnologie possono avere un ruolo cruciale nel superare queste sfide. Le collaborazioni con gli esperti di tecnologia possono aiutare a ridurre i costi sostanziali associati all’implementazione delle tecnologie digitali, consentendo un approccio di investimento graduale. Il sostegno a livello governativo è altrettanto essenziale. I finanziamenti, le sovvenzioni e le iniziative politiche possono contribuire ad accelerare l’adozione di pratiche circolari.

Altrettanto importante è lo sviluppo delle conoscenze tra la forza lavoro. Le aziende devono dare la priorità alla formazione sulle tecnologie digitali rivolta ai dipendenti, poiché è essenziale che i collaboratori comprendano appieno queste innovazioni per implementare con successo la circolarità all’interno dell’organizzazione. Una volta fornite le competenze necessarie ai dipendenti, bisogna iniziare a educare i consumatori. Se la forza lavoro non è in grado di accogliere e applicare queste tecnologie, non sarà facile raggiungere l’obiettivo più ampio della circolarità.

Non solo, i leader devono anche promuovere attivamente una cultura dell’innovazione. Questo obiettivo può essere raggiunto organizzando workshop, seminari e altre iniziative studiate per incoraggiare il personale e i consumatori a mettersi alla prova con nuovi sistemi e migliorare incessantemente i processi. Il coinvolgimento dei consumatori nel processo di circolarità è fondamentale, poiché sono loro ad avere un ruolo centrale nel successo di queste iniziative. I brand dovrebbero sforzarsi di accrescere la sensibilità del pubblico su come incorporare le pratiche circolari nella vita quotidiana attraverso il riutilizzo, la riparazione o il noleggio di prodotti.

Tali politiche possono effettivamente essere implementate dai brand più grandi? Il loro impegno a favore della circolarità è sincero o stanno semplicemente adottando pratiche di greenwashing?

Sì, questi brand possono realmente adottare queste politiche, e stiamo già assistendo a degli esempi pratici. Per esempio, un noto marchio di abbigliamento ha implementato una tecnologia blockchain per monitorare il ciclo di vita dei suoi prodotti.

Oltre a garantire trasparenza, questa tecnologia offre ai consumatori una prova della riciclabilità dei materiali usati nei loro prodotti. Inoltre, gli acquirenti sono incoraggiati a restituire i capi non più utilizzati, assicurandone un riciclo corretto. Questa iniziativa consolida la fiducia dei consumatori e aumenta la credibilità dell’impegno del marchio per la circolarità.

Schema grafico con la versione finale del framework. La spiegazione del framework è contenuta nell'articolo
La versione finale del framework

Ci sono altri esempi?

Un altro esempio è l’adozione di una tecnologia di stampa 3D in negozio da parte di un brand di abbigliamento sportivo, che può così creare in poche ore prodotti su misura per i clienti con una personalizzazione del design e delle scelte dei materiali.

Questi esempi confermano che l’implementazione di pratiche circolari può davvero fare la differenza. Mostrandosi trasparenti e promuovendo attivamente la sostenibilità, i brand possono accrescere la fiducia dei consumatori e favorire l’adozione della circolarità nel settore.

Dove si collocano, in termini di sostenibilità, i marchi tessili italiani?

La mia ricerca non si è concentrata specificamente sul settore tessile italiano, ma di recente ho discusso con un esperto italiano dell’argomento. Mi ha sorpreso scoprire che c’è ancora molto lavoro da fare, in Italia, per la sostenibilità in ambito tessile. Tuttavia, vi sono anche aziende italiane che desiderano implementare delle tecnologie digitali e delle pratiche circolari, rivelando un approccio positivo nel passaggio a soluzioni sostenibili.

Oggi, l’industria italiana sembra trovarsi a un bivio. Nonostante i progressi, le imprese si trovano ad affrontare sfide significative nella ricerca di una completa adozione delle tecnologie digitali. Ritengo che, nei prossimi cinque-dieci anni, le tecnologie digitali diventeranno essenziali per implementare con successo la circolarità. È fondamentale che i governi introducano norme applicabili per imporre l’integrazione di queste tecnologie nel settore. Il legame tra innovazione digitale e circolarità non è qualcosa che può essere esagerato, ed è cruciale per il futuro dell’industria tessile.

Il tuo interesse per l’economia circolare e la sostenibilità è influenzato dal fatto che l’industria tessile è il più grande settore manifatturiero del Pakistan?

Assolutamente sì. Il Pakistan vanta uno dei settori tessili più grandi del mondo e produce un’ampia gamma di prodotti tessili. Confrontando l’implementazione delle strategie di economia circolare tra i Paesi dell’Unione europea e il Pakistan, tuttavia, emerge un divario notevole.

Mentre alcune nazioni hanno compiuto dei significativi passi avanti, il Pakistan sta tuttora incontrando delle sfide nell’adozione di strategie simili su vasta scala. Ciò è dovuto, in parte, alla mancanza delle infrastrutture e del supporto governativo necessari per attuare efficacemente i principi dell’economia circolare.

Qual è la principale differenza di mentalità che distingue Pakistan e Italia, parlando di sostenibilità?

Vi è una differenza di mentalità significativa nell’utilizzo delle risorse e nella sostenibilità.

Per fare un esempio, posso condividere un aneddoto personale. Nel mio guardaroba, non accumulo più abiti del necessario. Compro solo quello che mi serve e uso i vestiti fino a quando non sono inutilizzabili. In Pakistan, si tende a sfruttare al massimo ciò che si ha a disposizione destinando a nuovi scopi gli oggetti, per esempio trasformando i vestiti vecchi in stracci per pulire anziché buttarli all’istante. Nonostante questa parsimonia, tuttavia, mancano strategie e sistemi adeguati per una gestione dei rifiuti che consenta di ottimizzare la circolarità.

Al contrario, in Italia vige un approccio alla sostenibilità più strutturato, dovuto in gran parte a un sostegno più solido del governo e a infrastrutture più consolidate per il riciclo e la circolarità. Sebbene vi sia ancora molto da fare, il divario, in termini di risorse e sistemi, è meno pronunciato rispetto al Pakistan.

In futuro, quali tecnologie potrebbero agevolare l’implementazione di una mentalità fondata sull’economia circolare in ambito tessile?

Guardando al futuro, una delle tecnologie più promettenti per favorire la circolarità è l’adozione diffusa di passaporti digitali dei prodotti.

In questi passaporti verrebbero raccolte e condivise informazioni fondamentali sull’intero ciclo di vita del prodotto, aiutando le parti interessate (consumatori, produttori, responsabili del riciclo e brand) a comprendere i dati chiave e prendere decisioni informate sul riutilizzo, sul riciclo o sullo smaltimento del prodotto.

Cos’è un passaporto digitale del prodotto?

Un passaporto digitale del prodotto è, essenzialmente, un sistema di identificazione univoco per ciascun prodotto. Conterrebbe informazioni dettagliate sui materiali usati per crearlo, per esempio cotone organico, poliestere riciclato o lana, e dettagli sulle tinture e sulle sostanze chimiche utilizzate.

Un consumatore potrebbe, per esempio, scansionare il passaporto digitale di un prodotto per conoscere l’origine del cotone utilizzato in un capo o il tipo di sostanze chimiche impiegate nella produzione.

Questa tecnologia è particolarmente preziosa in fase di riciclo, momento in cui conoscere la composizione dei materiali, come le sostanze chimiche utilizzate, può aiutare a determinare il processo di riciclo meccanico o chimico più efficace.

I passaporti digitali dei prodotti miglioreranno significativamente la gestione del ciclo di vita dei prodotti stessi e l’ottimizzazione delle risorse, con una conseguente riduzione degli sprechi e una maggiore sostenibilità del settore tessile.

Dalla tua ricerca è emerso, tra i vari risultati, un quadro di riferimento per le aziende del settore tessile. Come può essere letto facilmente?

Lo schema di riferimento è suddiviso in due sezioni, rappresentate da due colori. La sezione di colore blu rappresenta le tecnologie attuali, mentre la sezione di colore rosso pone l’enfasi sulle tecnologie avanzate che hanno un potenziale futuro. Questa distinzione è importante perché consente alle aziende di capire a che punto sono, in questo momento, in termini di implementazione delle tecnologie e in che direzione potrebbero muoversi in futuro.

Nella fase iniziale, tecnologie come la visualizzazione 3D, la stampa 3D e la progettazione 3D sono funzionali alla creazione di campioni e alla riprogettazione, con una minimizzazione del consumo di acqua e sostanze chimiche. La visualizzazione 3D, in particolare, aiuta gli acquirenti a valutare i capi prima dell’acquisto, riducendo la domanda di nuovi prodotti.

Nella fase intermedia, tecnologie come la visualizzazione 3D e le piattaforme digitali partecipano alla promozione dell’abbigliamento di seconda mano consentendo ai consumatori di visualizzare gli articoli online, in modo da facilitare la valutazione delle loro condizioni e della loro idoneità. Le piattaforme digitali aiutano anche a creare connessioni tra i venditori di capi pre-loved e i potenziali acquirenti, mentre tecnologie come i codici QR e i tag RFID migliorano lo smistamento e il monitoraggio dei capi per condizioni e usabilità. Tali tecnologie aumentano la trasparenza e la tracciabilità lungo tutta la catena di approvvigionamento, che sono fondamentali per amplificare la fiducia nei mercati dell’usato.

Nella fase finale, è possibile ricorrere alla stampa 3D per riciclare vecchi capi trasformandoli in nuovi prodotti, fornendo così un’alternativa sostenibile allo smaltimento. Le piattaforme digitali hanno un ruolo chiave nel sensibilizzare sull’importanza del riciclaggio, coinvolgendo consumatori e imprese in pratiche di gestione sostenibile dei rifiuti.

Tessuti
Tessuti © GEOLEE iStock 2025

Perché la blockchain è così essenziale per rivoluzionare le pratiche del settore tessile?

Consentendo un monitoraggio sicuro e trasparente dell’intero ciclo di vita dei capi, la blockchain agevola la verifica dei prodotti, la trasparenza della supply chain e la gestione dei materiali riciclati.

La blockchain potrebbe facilitare lo scambio sicuro di dati tra i soggetti interessati, rendendo più efficace il riciclo e aiutando le aziende a ottimizzare il consumo di risorse.

Ritieni che questo quadro di riferimento riuscirà a indirizzare le imprese verso la circolarità?

Credo che sarà molto prezioso per le aziende tessili che sono pronte a integrare le tecnologie digitali nelle proprie operazioni. Vuole essere una guida di supporto alle imprese e al mondo accademico per identificare le tecnologie essenziali nella transizione verso un’economia circolare.

Vorremmo conoscerti meglio. Potresti parlarci un po’ del tuo percorso accademico e professionale?

Il mio percorso accademico è iniziato in Pakistan, dove sono nata e cresciuta. Mi sono laureata nel 2013 e ho iniziato a lavorare nel settore automobilistico, nello specifico nello sviluppo di prodotti. Nei cinque anni successivi, dal 2014 al 2019, ho acquisito una vasta esperienza e affinato le mie capacità gestionali, affiancando alle mansioni professionali ulteriori studi.

In questo periodo ho frequentato un master in ingegneria gestionale, che ho completato con successo nel 2017. Non è stato facile conciliare studio e lavoro, ma sono riuscita a trovare un equilibrio e a consolidare la mia esperienza gestionale.

Il 2020 è stato un anno di passaggio verso il mondo accademico, grazie a una possibilità di insegnamento che ha segnato una svolta nella mia carriera. La transizione all’università ha scatenato in me una forte passione per la ricerca scientifica, che ha da ultimo influenzato la mia scelta di proseguire il percorso accademico.

Nel 2023, mi sono iscritta al dottorato di ricerca del Politecnico di Milano per approfondire ulteriormente le mie conoscenze e partecipare alla ricerca sulla sostenibilità e sull’economia circolare.

Come hai iniziato a studiare il tema della circolarità nel settore tessile?

Ho avuto la fortuna di ricevere dei finanziamenti del PNRR in Italia per la sostenibilità per il miglioramento della circolarità nel Made in Italy. Sotto la guida del professor Sergio Terzi, ho proseguito la mia ricerca per tre anni presso il Dipartimento di Ingegneria Gestionale.

Negli ultimi due anni, ho collaborato con alcuni esperti del settore tessile, che è il campo più adatto per condurre questo tipo di studi nei loro diversi aspetti.

Quali sono i tuoi progetti per il prossimo futuro?

Sono al terzo anno di dottorato, perciò il mio obiettivo è finire il dottorato concentrandomi sulla mia ricerca e, contemporaneamente, pianificare i prossimi passi del mio percorso accademico. Sto valutando la possibilità di continuare il mio lavoro al Politecnico di Milano anche dopo il dottorato, magari con un post-dottorato o come ricercatrice, ma devo ancora esplorare le opzioni possibili.

Sicuramente, per ora, mi sto focalizzando principalmente sui miei risultati e, in particolare, sul finalizzare la tesi sulla sostenibilità dell’economia circolare, che è il mio campo di interesse principale.

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