Come cambia l’accesso alla casa in una metropoli in continua trasformazione come Milano? Quali territori risultano ancora abbordabili per chi ha redditi ordinari, e con quali condizioni? Quali sono state e sono oggi le principali politiche che influiscono sull’accesso alla casa a Milano e in altre città, e come si relazionano al tema delle disuguaglianze e alla possibilità di partecipare alle opportunità sociali ed economiche delle agglomerazioni urbane?
Sono queste alcune tra le principali domande che guidano la ricerca di Marco Peverini, ricercatore RTDA al Dipartimento di Architettura e Studi Urbani (DAStU) del Politecnico di Milano e presso l’Osservatorio Casa Abbordabile (OCA), coordinato dal prof. Massimo Bricocoli.
OCA nasce come follow up degli esiti della tesi di dottorato condotta da Marco nel programma di Urban Planning, Design and Policy del DAStU, e pubblicati nel libro Promoting rental housing affordability in European cities (2024, Polimi Springer Brief), è promosso e finanziato dal Consorzio Cooperative Lavoratori e da Libera Unione Mutualistica con il DAStU, e ha l’obiettivo di analizzare l’evoluzione di redditi e salari, prezzi immobiliari, mobilità e condizioni di vita nella città a Milano e nel suo hinterland.
Ne parliamo con Marco Peverini, che è co-autore del rapporto “Abitare fuori Milano. L’abbordabilità della casa tra città attrattiva e regione urbana” (2025) e del libro “Milano per chi?” (2024, Letteraventidue,) e ci guida tra dati, casi studio e strumenti di analisi utili a comprendere come sta cambiando l’abitare nella regione urbana milanese — e quali sfide pone alla pianificazione territoriale, alla mobilità e alle politiche pubbliche.

La sua prospettiva è quella di chi lavora con un approccio multidisciplinare e un forte radicamento nei dati e nei territori. In questa intervista, Peverini racconta il percorso che ha portato alla nascita dell’Osservatorio, le principali evidenze emerse dal secondo rapporto e le direzioni future della ricerca, tra housing affordability, disuguaglianze abitative e pianificazione alla scala vasta.
Sei ricercatore al DAStU del Politecnico di Milano e ti occupi da anni di abitare e trasformazioni urbane. Come si inserisce il tuo percorso nella nascita dell’Osservatorio Casa Abbordabile? Cosa ti ha spinto ad approfondire questi temi?
«Durante il mio percorso di laurea in Ingegneria Edile e Architettura all’Università degli Studi di Perugia ho maturato il desiderio di approfondire le tematiche legate all’urbanistica e alle politiche urbane, cosa che ho fatto dapprima svolgendo una tesi di laurea sull’analisi delle politiche di intervento sui quartieri vulnerabili nell’area metropolitana di Barcellona con il prof. Mariano Sartore (Unipg) e il prof. Francesc Muñoz Ramirez (UAB), e poi candidandomi per una borsa nel corso di dottorato in Urban Planning, Design and Policy al Dipartimento di Architettura e Studi Urbani (DAStU).
Ho avuto la fortuna di vincere una borsa a tema housing, interamente finanziata dal Consorzio Cooperative Lavoratori (CCL), che mi ha permesso di fare ricerca in piena autonomia con la supervisione del prof. Massimo Bricocoli, da una posizione intermedia tra Università e cooperazione abitativa.
Grazie alla feconda interazione tra queste due posizioni, e tra le persone che l’hanno animata (in primis Massimo Bricocoli, Alessandro Maggioni, Alessandro Galbusera, Claudio Palmerini e Federica Verona), e partendo dalle mie personali esperienze di vita in varie città europee dove la crisi abitativa andava approfondendosi, è maturato il pensiero di studiare non tanto la cooperazione quanto il tema sociale (oltre che economico) dell’housing affordability: la relazione tra costi abitativi e redditi/salari – che abbiamo in seguito tradotto in italiano come “abbordabilità” – in cui la cooperazione abitativa è uno degli attori in gioco. Ho poi studiato il sistema di politiche pubbliche per la casa a Milano, dove il pubblico ha investito sempre meno risorse e politiche sulla casa in favore dell’espansione del mercato e poi della finanza immobiliare (anche a prezzo di grandi privatizzazione), e a Vienna, dove invece vige un controllo pubblico sul suolo edificabile e su quasi l’80% dell’infrastruttura abitativa.
Da quando ho avviato il dottorato, nel 2018, il tema casa è diventato sempre più rilevante, sia a livello internazionale che a Milano – possiamo dire che siamo stati anticipatori a livello locale –, e alla conclusione nel 2022 si è deciso far germogliare la ricerca di dottorato in un progetto di più ampio respiro, integrando la cooperativa Libera Unione Mutualistica e fondando l’Osservatorio Casa Abbordabile (www.oca.milano.it ).»
Nel secondo rapporto OCA emerge un dato forte: a Milano anche chi ha un reddito medio fatica ad accedere a un’abitazione dignitosa. Come si è arrivati a questa situazione e cosa ci dicono i dati sulle persone che oggi la città tende a espellere?
«La crisi dell’abbordabilità della casa è un fenomeno che tocca tutte le grandi città attrattive, e Milano non fa eccezione. I dati OCA mostrano come le retribuzioni medie — sia nel pubblico che nel privato — non siano più sufficienti a garantire l’accesso a un’abitazione adeguata.
Tra il 2015 e il 2023, i prezzi delle case sono cresciuti del 58%, mentre i salari medi sono aumentati solo del 9% per gli operai e del 15% per gli impiegati. Questo squilibrio crea una dinamica in cui la possibilità di vivere a Milano è sempre più legata al possesso pregresso di risorse patrimoniali o al sostegno familiare.
In assenza di politiche pubbliche incisive su edilizia sociale e redistribuzione della rendita generata dall’attrattività di Milano, fasce sempre più ampie della popolazione — non solo i più fragili, ma ormai anche il ceto medio — vengono spinte fuori dalla città. Con il rischio che Milano diventi una città che assorbe ingenti risorse dal reddito da lavoro ma non restituisce condizioni di vita sostenibili.»
Vivere “fuori Milano” sembra una delle poche opzioni praticabili per molti, ma comporta costi e sacrifici. Dai vostri dati, quali sono davvero le aree accessibili e quali compromessi richiedono, in termini di trasporti, tempo e qualità della vita?

«Abbiamo analizzato un’area intorno a Milano di circa 60 km di lato, che comprende circa 300 comuni su 7 province. Il quadro è molto variegato: esistono territori con redditi medi elevati (come Basiglio o Cusago) e altri, come Baranzate o Rozzano, dove sono più bassi.
In generale, i comuni dove la casa è più abbordabile sono quelli più distanti dalla città e meno serviti dal trasporto pubblico. Lì si trovano case a prezzi più bassi, ma vivere lontano comporta comunque un costo: l’incidenza combinata di affitto, trasporti e tempo di viaggio può superare il 50-60% del salario netto.
Oltre al costo economico, il rischio è quello di un pendolarismo estenuante e dell’esclusione dai servizi, per cui si rimane frequentemente dipendenti dalla città centrale. In queste condizioni, abitare fuori Milano non è una scelta, ma una necessità che genera nuove forme di vulnerabilità.»
Nel report si parla della necessità di una visione metropolitana per affrontare in modo serio il tema della casa. Che tipo di politiche servirebbero per rendere abitabili e vivibili anche i territori oltre Milano? Chi dovrebbe prendersene carico?
«Nel 2024 abbiamo promosso un incontro con oltre 30 amministrazioni comunali dell’hinterland milanese. È emersa una consapevolezza condivisa: molte di queste realtà stanno affrontando una pressione abitativa crescente, legata allo spostamento da Milano, ma senza strumenti finanziari o un vero governo della questione da parte delle amministrazioni sovraordinate.
Questo genera competizione per l’offerta di case in affitto, aumento dei prezzi, carichi aggiuntivi sui servizi locali. Servono politiche metropolitane integrate che mettano insieme casa, mobilità e servizi.
La qualità del trasporto pubblico, ad esempio, cambia radicalmente varcando il confine comunale di Milano. Interventi infrastrutturali come il prolungamento delle linee metropolitane possono avere effetti fortemente ambivalenti: da un lato migliorano l’accessibilità, dall’altro rischiano di innescare dinamiche speculative nei territori raggiunti.
È necessaria una politica sovracomunale che doti le amministrazioni di strumenti per monitorare, regolare e accompagnare questi processi, altrimenti il rischio è che anche i territori ora accessibili diventino presto inaccessibili.»
Guardando al futuro: quali sono i prossimi passi dell’Osservatorio nel 2025? State già lavorando a nuovi casi studio? E tu personalmente, su quali temi o progetti vorresti concentrarti nei prossimi anni?
«Nel 2025 stiamo sviluppando una serie di studi qualitativi su alcuni contesti emblematici, tra comuni dell’hinterland (Rho, Cusano Milanino/Cinisello Balsamo, Rozzano, Baranzate) e casi tematici (legati al canone concordato, al reclutamento dei lavoratori con focus su Trenord, e alle agenzie della casa).
Parallelamente lavoriamo anche alla ricerca europea Horizon REHOUSIN, che indaga il rapporto tra transizione ecologica e disuguaglianze abitative. L’obiettivo è capire come attuare politiche di riqualificazione energetica, densificazione e greening che siano il più possibile eque dal punto di vista sociale.
A livello personale, poi, sto ampliando il mio campo di ricerca verso il tema dell’“anti-fragilità territoriale”: studiare come intervenire in contesti complessi, segnati da più forme di vulnerabilità. Un esempio è il quartiere Destra Volturno a Castel Volturno, dove sto avviando una nuova ricerca con Andrea Rigon (coordinatore), Danila Saulino, Lorenzo Caresana, Giacomo Ricchiuto, nel contesto delle attività del Centro di Competenze per l’Anti-fragilità Territoriale (CRAFT). Si tratta di territori che spesso sfuggono alla pianificazione ordinaria, ma che ci costringono a ripensare il ruolo dell’urbanistica oggi a fronte di fragilità nuove e sempre più imprevedibili.»
L’immagine di apertura è di G. Hänninen (2024) ed è tratta da “Osservare e documentare” in Bricocoli M., Peverini M., “Milano per chi? Se la città attrattiva è sempre meno abbordabile”, Siracusa, Letteraventidue, pp.17-48.