Technology Foresight: lo sguardo del Politecnico sul futuro

Il gruppo di Technology Foresight (Paola Antonietti, Cristiana Bolchini, Giuliana Iannaccone, Simona Chiodo e Francesco Braghin) insieme alla Rettrice, Donatella Sciuto.

Quali innovazioni cambieranno la società? Come le tecnologie condizioneranno in futuro le nostre vite?

Al Politecnico di Milano c’è un gruppo di lavoro, Technology Foresight, che si occupa di esplorare tali quesiti, declinandoli su diversi temi: dagli obiettivi di sviluppo sostenibile al futuro della mobilità urbana e alle comunità intelligenti e inclusive. A partire dal 2023 il tema che ha guidato l’attività di Technology Foresight è il futuro della salute, indagando come le innovazioni tecnologiche cambieranno il nostro modo di curarci.

Il gruppo di lavoro, nato nel 2020, è attualmente formato da:

Cristiana Bolchini, docente di Sistemi di Elaborazione delle Informazioni, presso il Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria
Paola Francesca Antonietti, docente di Analisi Numerica, presso il Dipartimento di Matematica
Francesco Braghin, docente di Meccanica Applicata Alle Macchine, presso il Dipartimento di Meccanica
Simona Chiodo, docente di Estetica, presso il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani
Giuliana Iannaccone, docente di Architettura Tecnica, presso il Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito

Abbiamo incontrato i cinque docenti per farci spiegare in cosa consiste la loro attività, perché è utile a tutti noi e quali sono i risultati del lavoro sul tema della salute.  È emerso un racconto appassionato dell’attività di Technology Foresight, ma lasciamo la parola alle loro cinque voci.

Innanzitutto, cosa significa fare Technology Foresight?

CB: Bisogna prima di tutto chiarire che il futuro non può essere predetto; fare technology foresight significa piuttosto intuire ed immaginare futuri possibili. “Futuri” e non “futuro” perché nessun cambiamento è univocamente determinato. Questa esplorazione ci permette di individuare gli scenari più probabili, così da attrezzarci per tempo, e gli scenari preferibili per facilitarne il percorso.

SC: La parola che traduce meglio in italiano il termine foresight è “lungimiranza”. È importante capire che la realtà che studiamo presenta una complessità così vasta e profonda che la previsione del futuro è semplicemente fuori dai giochi. Parlare di lungimiranza significa invece ammettere che possano essere verosimili molti scenari diversi fra loro: basta infatti che un’opportunità viri un po’ più dalla parte del rischio per cambiare radicalmente lo scenario futuro. Fare esercizio di foresight vuol dire quindi essere lungimiranti: capire i rischi per mitigarli e cogliere le opportunità per sfruttarle.

GI: Tale lungimiranza serve ad affrontare nel modo migliore un futuro sempre più incerto. Viviamo infatti un presente in cui l’incertezza non è più un “errore di sistema”, ma è la nuova normalità. Se restiamo indietro rispetto agli impatti della tecnologia sulle nostre vite, se la tecnologia prenderà il sopravvento sulle persone, noi, come società, avremmo perso. Se invece alleniamo la capacità di anticipare gli impatti futuri delle tecnologie sulla società e di comprendere quali possono essere i rischi e quali le opportunità, possiamo arrivare preparati ed in grado di gestire le innovazioni tecnologiche senza subirle.

PA: La velocità con cui le tecnologie stanno portando cambiamenti impattanti non ha precedenti nella storia del progresso dell’umanità. Le grandi scoperte del passato che hanno rivoluzionato la medicina, come ad esempio quella degli antibiotici, hanno avuto gestazioni lunghissime e, spesso, sono state casuali derivando da osservazioni estemporanee in contesti diversi. La pervasività con cui le innovazioni tecnologiche si integrano nelle nostre vite comporta indubbiamente numerosi benefici, ma deve essere governata con attenzione, soprattutto quando è in gioco il benessere delle persone, un diritto inviolabile. In questo senso, la lettura degli impatti che la tecnologia ha in questo ambito non può che essere condotta sul piano dell’etica, della sostenibilità e della responsabilità.

Perché fare Technology Foresight al Politecnico di Milano?

CB: Il nostro gruppo di lavoro si è formato nel 2020 (inizialmente con una formazione diversa: eravamo già presenti io, Iannaccone e Braghin con i professori Matteo Maestri e Paolo Trucco) su mandato del precedente rettore, Ferruccio Resta. L’obiettivo è quello di mettere a sistema le competenze degli esperti politecnici per guardare più avanti e oltre la risoluzione di problemi puntuali e contingenti: le domande che ci fanno i partner, infatti, stanno cambiando, così come le risposte che diamo alla comunità di cui facciamo parte.

PA: Il valore dell’attività di Technology Foresight non è tanto nella dirompenza dei messaggi: che l’intelligenza artificiale avrà un ruolo fondamentale nel sistema sanitario futuro, ad esempio, era immaginabile. Tuttavia, il fatto che questa conclusione venga informata con dati oggettivi, riflessioni strutturate e un’argomentazione ricca di contenuto è estremamente importante nel periodo storico che stiamo vivendo. Il Politecnico di Milano rappresenta un’istituzione autorevole, deputata alla produzione di conoscenza, e si afferma quindi come un interlocutore per i policy maker, gli attori istituzionali e l’ecosistema produttivo. Le università non sono torri d’avorio, ma hanno un ruolo sociale che va agito nel modo più responsabile possibile.

Quale valore dà la partecipazione ai vostri tavoli di lavoro?

PA: L’attività di Technology Foresight è stata innanzitutto una grande opportunità di arricchimento e crescita, anche personale. Gli esperti che vi hanno partecipato sono dovuti uscire dal perimetro quotidiano della propria ricerca e dall’approccio tipicamente verticale alle questioni scientifiche, per mettersi attorno al tavolo impegnandosi in una riflessione collettiva con ricercatori di settori diversi.

FB: Dal mio punto di vista, questa esperienza è utile perché aiuta a non perdere la visione generale delle attività di ricerca che vengono svolte quotidianamente. Viene da chiedersi quale sia l’impatto del lavoro che sto svolgendo sulla società. Prendiamo il celebre caso della ricerca nella fisica nucleare che ha portato alla bomba atomica: noi scienziati possiamo sviluppare qualcosa per curiosità scientifica, ma dobbiamo essere anche consapevoli che quella stessa tecnologia, declinata anche con poche variazioni, può essere utilizzata per ben altri scopi. È importante che la tecnologia venga in un certo senso “umanizzata”. Noi siamo ingegneri, architetti e designer: quello che facciamo ha delle ricadute importanti sulla società ed è quindi giusto non fermarsi alla pubblicazione scientifica, ma tenere conto dell’applicazione concreta di quello che facciamo.

SC: I colleghi che hanno partecipato non solo sono stati allenati ad ampliare il proprio sguardo utilizzando l’immaginazione, ma sono stati anche esposti agli esercizi immaginativi degli altri partecipanti. Questo allenamento porta dei benefici anche alla pratica quotidiana del ricercatore: una volta tornato al proprio laboratorio, probabilmente farà più attenzione, durante la propria attività di ricerca, a quei segnali di cambiamento che altri colleghi hanno individuato nell’attività di foresight. Questo permette loro di essere lungimiranti, ovvero attrezzati e in grado di mitigare eventuali rischi.

GI: è stato molto interessante vedere come da una fase iniziale di disorientamento, e in qualche caso anche di scettiscismo, i partecipanti si siano lasciati progressivamente coinvolgere, appassionandosi all’attività. Alcuni di loro, inoltre, hanno condiviso con noi i benefici che ne hanno ricevuto nella sfera quotidiana: ad esempio nell’essere in grado di cogliere e descrivere gli aspetti multidimensionali degli impatti di un progetto di ricerca per il quale si sta predisponendo una proposta di finanziamento. L’attività di technology foresight è stata inoltre per molti un’opportunità per conoscere colleghi di settori diversi, con cui altrimenti non ci sarebbero state occasioni di incontro e confronto, per avviare eventuali collaborazioni su nuovi filoni di ricerca.

Andando fuori dalle mura del Politecnico, chi altri si occupa di Technology Foresight?

CB: All’inizio della nostra attività, abbiamo esplorato il panorama italiano e internazionale. Da questa analisi è emerso che a livello italiano c’è molto poco e nessuna università. Nel mondo aziendale alcune grandi compagnie hanno al loro interno un team che si occupa di fare technology foresight. Ma il grande valore del fare questa attività in università è che, non essendoci un interesse che guida le valutazioni degli esperti o un cliente che commissiona l’indagine, gli esperti possono condurre gli studi sul medio-lungo termine in maniera del tutto indipendente. A livello internazionale ci sono alcuni centri che si possono citare, come l’Imperial Tech Foresight e il Fraunhofer, ma posso dire che il nostro gruppo presenta caratteristiche unica ed è quindi una sorta di apripista.

PA: Le nostre missioni, come Università, comprendono la formazione, la ricerca, il trasferimento tecnologico e la responsabilità sociale. Pertanto, nell’ambito delle attività di foresight, il nostro approccio si propone di identificare opportunità e rischi futuri, supportando i decisori e gli stakeholder nello sviluppo di strategie informate.

In questi anni il lavoro del gruppo si sta concentrando sul futuro della salute globale, esplorando le innovazioni tecnologiche che avranno maggior impatto sulla cura delle persone e del pianeta nel 2040. Ci raccontate quali sono le ragioni di questa scelta e come state affrontando il tema “One Health”?

CB: La Rettrice, Donatella Sciuto, ci ha dato il mandato di mettere in evidenza le competenze dell’Ateneo in un ambito come quello delle life sciences, che non è riconducibile direttamente alle discipline politecniche. Per affrontare un tema complesso come quello della salute, stiamo procedendo con un metodo a cerchi concentrici, dal più piccolo al più grande: nel primo anno ci siamo concentrati sulla cura della persona, nel secondo ci concentreremo sul sistema sanitario pubblico e privato e l’ultimo sarà dedicato alla salute dell’ambiente.

SC: Ci sono tre ordini di ragioni per la scelta del tema One Health. Sicuramente la prima è che la salute è il bene più prezioso e importante per tutti. In secondo luogo, bisogna essere consapevoli che sta avvenendo una rivoluzione nel modo in cui ci curiamo; in questa rivoluzione la tecnologia ha – e probabilmente continuerà ad avere – un impatto enorme. Sembra paradossale, ma in questo senso il ruolo dell’ingegnere incide sulla salute almeno tanto quanto quello del medico. Infine, come già anticipato da Cristiana, il Politecnico di Milano non ha dipartimenti e scuole che si occupano direttamente di medicina; tuttavia, curiosamente tutti i suoi dipartimenti – nessuno escluso – fanno ricerca in quest’ambito. Pertanto poteva essere interessante che dell’argomento se ne occupasse un gruppo di lavoro trasversale come il nostro.

GI: Il tema della salute ci permette di tenere in considerazione più livelli: da quello della persona a quello della salute del pianeta. Ci è così possibile creare collegamenti tra vari contributi disciplinari. Lo stesso cambiamento climatico ci sta insegnando che la salute della persona è strettamente collegata alla salute del pianeta.

FB: Per lavorare sul tema della salute è stato fondamentale collaborare con i medici, i quali, stando a contatto con il paziente e con la diretta applicazione di una tecnologia, hanno una prospettiva completamente diversa dalla nostra. Banalizzando, noi dobbiamo “solo” far funzionare una macchina, ma è il medico che sa se la tecnologia è sostenibile per il paziente. È quindi importante che i medici siano coinvolti poiché sono l’interfaccia verso il mondo reale e il front end delle tecnologie che sviluppiamo: sono loro che si rendono conto di cosa manca e va sviluppato.

Quale metodo utilizzate nell’attività di Foresight?

FB: L’attività di technology foresight è anche un grande lavoro di sistematizzazione, in cui le traiettorie di evoluzione vengono analizzate ed elaborate rispetto alle condizioni di contesto e agli scenari possibili. Bisogna innanzitutto far notare che i cambiamenti non avvengono solo su driver accademici, ma anche grazie ai brevetti e alla ricerca industriale. Nel processo di individuazione delle tecnologie che influenzeranno la società, non bisogna quindi limitarsi alla consultazione della sola letteratura scientifica, ma ampliare lo sguardo anche al mondo industriale.

GI: Il metodo utilizzato è quello che abbiamo appreso all’Institute for the Future, istituto riconosciuto a livello internazionale nell’ambito del foresight, e aggiornato e integrato con ulteriori metodi e strumenti, anche in collaborazione con il Leadin’ Lab del collega Claudio Dell’Era. Il processo si sviluppa in 4 fasi (preparazione, fase di foresight vera e propria, fase di insight e fase di action), ma al Politecnico, per le ragioni spiegate già dai colleghi, ci fermiamo alle prime 3.

Per analizzare l’impatto delle tecnologie emergenti, si parte dalla cosiddetta “desk research”, da cui emergono le forze STEEP e i segnali di cambiamento. L’analisi delle forze STEEP (sono forze sociali, tecnologiche, economiche, ambientali e politiche) permette una visione coerente dello sviluppo di alcune tendenze, perché si tratta di trend sufficientemente stabili e riconosciuti, che quindi hanno buone probabilità di modellare il futuro. I metodi previsionali basati solo su analisi di trend hanno però il difetto di essere un po’ troppo deterministica (e di darci un’illusione di controllo). I partecipanti all’attività di foresight, invece, sono sollecitati a riflettere anche e soprattutto sui segnali di cambiamento. Si tratta di segnali “deboli”, di elementi che spesso sono considerati secondari e poco noti, tali da non sembrare parte di trend già in atto, ad esempio lo sviluppo di un’invenzione da parte di una start up, ma che potrebbero avere la potenzialità di diventare qualcosa di più e ci costringono a pensare come potrebbe cambiare il futuro se dovessero trasformarmi in tendenze evidenti. Nel lavoro fatto quest’anno sulla salute della persona abbiamo condiviso con i partecipanti 50 forze STEEP e 83 segnali di cambiamento.

Nell’attività di foresight il coinvolgimento degli esperti individuati nel campo oggetto della nostra ricerca e nei campi direttamente associati è fondamentale: questi vengono invitati in esercizi di preparazione ed interviste a riflettere su un orizzonte temporale ampio esercitando la propria capacità immaginativa del futuro. Nel campo della salute della persona sono state inizialmente individuate 50 tecnologie emergenti, tra le quali gli esperti hanno selezionato le 28 più impattanti. La fase successiva, che coinvolge i partecipanti in gruppi di lavoro, consiste in due workshop: l’Imagination Factory, che identifica gli scenari possibili, e la Reframing Factory, che ha lo scopo di individuare, tra i futuri possibili, quelli che sono anche plausibili e rispetto ai quali generare le intuizioni su opportunità e rischi ad essi collegati. Gli esiti di questo lavoro sono sintetizzati nel booklet consultabile qui.   

Che cosa è emerso dal lavoro sulla salute della persona?

PA: Nell’ambito dell’esercizio di categorizzazione, la definizione di perimetri precisi si è rivelata complessa; tuttavia, sono emerse dimensioni ricorrenti, denominate ‘insights’ nella metodologia, che sono state oggetto di riflessioni strutturate. Una delle traiettorie evolutive più significative riguarda sicuramente l’accento maggiore posto sulla prevenzione anziché sulla cura: le tecnologie di previsione e tracciamento consentono all’individuo di partecipare attivamente al proprio benessere.

Desidero evidenziare che la dimensione etica permea ogni riflessione condotta in questo ambito. Numerose tecnologie, come il modello digitale del paziente (definito ‘digital twin’), che supporta il processo decisionale clinico in relazione alle caratteristiche fisiche, fisiologiche e comportamentali di un individuo, comportano e comporteranno sempre di più costi che frequentemente risultano insostenibili per l’ecosistema sanitario, ponendo l’attenzione sull’accesso equo alle cure.

Infine, un ulteriore tema emerso da queste riflessioni riguarda la dimensione della formazione del personale sanitario. L’avanzamento delle tecnologie, sempre più pervasive nel settore sanitario, solleva interrogativi significativi su come preparare adeguatamente le nuove professioni dedicate alla cura della persona.

SC: L’impatto del digitale sul mondo della salute presenta opportunità e rischi. Da una parte infatti guadagniamo in velocità, praticità e immediatezza (basti pensare ai referti online e ai documenti elettronici). Dall’altra la smaterializzazione digitale non tiene conto di un fattore molto importante nella relazione medico-paziente: l’empatia umana. Le persone, infatti, anche se sono alfabetizzate dal punto di vista digitale, hanno bisogno del contatto con il medico per sentirsi veramente curate e ascoltate.

Inoltre, la capacità intuitiva, che è tipicamente umana, è fondamentale nella professione del medico: la medicina non è una scienza esatta ma procede per prove ed errori ed è spesso l’intuito del medico che coglie segnali e informazioni a cui l’intelligenza artificiale non avrebbe accesso. In questo senso le competenze e le capacità che l’essere umano ha a disposizione sono diverse e complementari rispetto a quelle dell’intelligenza artificiale.

Come già sottolineato da Paola, la salute individuale è sempre più proattiva. Si tratta chiaramente di un grande valore perché grazie alle tecnologie legate soprattutto ai wearable device la persona ha sempre più informazioni sulla propria salute: basti pensare al proliferare delle app che contano i passi, misurano i parametri di vario tipo, monitorano la qualità del sonno. In questo modo la persona è sempre più consapevole e stimolata a prendersi cura della propria salute. Il rischio in questo caso è quello di non considerarci più sani fino a prova contraria (come quando ottenevamo le informazioni sulla nostra salute grazie alle visite e agli esami medici), ma di considerarci, tutti i giorni, potenzialmente malati. Inoltre, dobbiamo ricordarci che non siamo medici e che non abbiamo le competenze e le capacità per interpretare in modo corretto e, soprattutto, olistico i dati che le nuove tecnologie ci forniscono. Questa trasformazione esistenziale, per così dire, da potenzialmente sani a potenzialmente malati ha degli evidenti risvolti psicologici: rischiamo di diventare più fragili, più ossessivi, al limite del compulsivo. Infine, è possibile venire anche condizionati: se la app dice che non ho dormito bene inizio subito a sentirmi stanco; se dice che ho mangiato più calorie del necessario, mi sento appesantito, e così via.

Un altro risultato emerso dal lavoro di foresight è la maggiore personalizzazione e precisione della medicina. I dati relativi alla salute, infatti, non sono più solo dati statistici, ma sono sempre più dati relativi alla singola persona. Le tecnologie predittive possono ormai dirci qual è il rischio che una data persona ha di contrarre certe malattie. I risvolti sociali, economici e politici di questo fenomeno possono essere dirompenti, nel momento in cui queste informazioni vengono utilizzate per fare alcune scelte da parte dello Stato o di enti privati come le banche: una persona a cui è stata attribuita un’alta probabilità di ammalarsi potrebbe non avere accesso al mutuo, ad un lavoro che ha caratteristiche particolari o all’adozione di un figlio. Il rischio di disuguaglianza è dunque alto e insorge nel momento in cui queste tecnologie predittive, che hanno certamente un certo grado di sofisticatezza e affidabilità, vengono considerate non come altamente probabili, ma come assolute certezze.

Da queste considerazioni sull’evoluzione della salute nel futuro emerge quanto già sottolineato dai colleghi: la dimensione etica non può non essere presa in considerazione quando si riflette sull’impatto delle tecnologie. Iniziative come il technology foresight ci aiutano ad affrontare il domani perché nulla sia completamente sorprendente o sconvolgente. Lo strumento che abbiamo a disposizione non è la previsione, ma l’immaginazione. Per citare Shakespeare nell’Amleto, “the readiness is all”. Non è la previsione che ci renderà più pronti, ma l’immaginazione.

Se volete approfondire il futuro della salute della persona analizzato dal gruppo Technology Foreisght, visitate la pagina www.foresight.polimi.it/health/1/

Condividi