Smart Eyewear Lab: gli occhiali del futuro sono una realtà 

Da tempo l’essere umano immagina un futuro in cui la tecnologia è talmente integrata con il nostro corpo e le nostre interazioni con il mondo da essere indossata. 

Tra tutti i sensi, è sempre stata la vista quello cui abbiamo affidato il compito di scoprire e comprendere ciò che ci circonda. E diciamolo: l’idea di interagire con la realtà semplicemente guardandola, compiendo gesti e azioni solo con lo sguardo, è qualcosa che continua ad affascinarci profondamente. 

Frontale di un occhiale affiancato da una scheda elettronica in fase di sviluppo,
destinata a essere miniaturizzata per integrazione all’interno del dispositivo.

È un’intuizione visionaria che prende vita tra le righe della fantascienza e comincia a concretizzarsi nella seconda metà del Novecento, nei laboratori di ricerca: un occhiale intelligente, capace di farci agire sul mondo attraverso le sue lenti. 

Oggi, quel sogno è sempre più reale. Le tecnologie che ci permettono di progettare questi dispositivi esistono e si evolvono costantemente. Eppure, per trasformare davvero gli smart eyewear in oggetti capaci di offrirci un’esperienza digitale immersiva e naturale, restano ancora delle sfide da superare. 

È proprio da queste premesse che nasce lo Smart Eyewear Lab, il centro di ricerca congiunto creato da Politecnico di Milano ed EssilorLuxottica per dare forma al futuro degli smart eyewear. Un luogo in cui ricerca industriale e sviluppo sperimentale si incontrano, con l’obiettivo di progettare e realizzare tecnologie abilitanti che ridefiniranno il nostro modo di vedere – e vivere – il mondo. Avviata nel 2022, questa collaborazione dal carattere fortemente innovativo e dagli sviluppi concreti coinvolge oltre 100 ricercatori provenienti dal mondo dell’industria e dell’accademia. 

Nella visione dello Smart Eyewear Lab, l’occhiale assume un ruolo strategico: un dispositivo capace di unificare vista, udito e voce, posizionato in modo unico per entrare in dialogo diretto con i nostri pensieri. Non è più quindi solo un accessorio, ma un’interfaccia intelligente per rimanere costantemente connessi e informati, che racchiude cultura, intrattenimento, sport, prevenzione e salute. 

Noi di Frontiere siamo entrati allo Smart Eyewear Lab per raccontarvelo dall’interno. Nei suoi spazi si lavora per rendere reale ciò che fino a poco tempo fa sembrava solo immaginabile: tecnologia indossabile, occhiali connessi e intelligenti, progettati per essere parte integrante della nostra quotidianità.  

Una ricercatrice analizza circuiti elettronici utilizzando un oscilloscopio, valutando le prestazioni di schede elettroniche durante una fase di test in laboratorio.

Gli occhiali smart: la tecnologia che ci dà i superpoteri 

Uno smart eyewear è un occhiale totalmente convenzionale, all’apparenza, ma che al suo interno integra un insieme di tecnologie che ne amplifica in maniera esponenziale funzioni e potenzialità. Parliamo di sensori, componenti elettronici e fotonici, microfoni e speaker, integrati in modo tale da risultare praticamente invisibili, mantenendo intatti l’eleganza e lo stile di un accessorio di design ed espressione di stile. 

Sono occhiali che offrono quindi una serie di funzionalità che non solo estendono le capacità di chi li indossa, dalla realtà aumentata a nuove modalità di interazione con la quotidianità, ma diventano anche vere e proprie sentinelle del nostro stato di salute, consentendo il monitoraggio di parametri fisiologici e diagnosi tempestive, migliorando percorsi terapeutici, rivelando una predisposizione o l’insorgenza dei primi segnali di malattie neurodegenerative, sindromi metaboliche, disfunzioni cardiovascolari e non solo. In definitiva, contribuendo a migliorare il nostro stile di vita, aumentare la consapevolezza sul nostro stato di salute e, in molti casi, salvare vite.  

Ma forse, il modo migliore per descrivere il concetto alla base di questi dispositivi è lasciarlo raccontare proprio a chi questi occhiali intelligenti li sta sviluppando. 

Federico Buffa, Chief R&D, Product & Marketing Officer di EssilorLuxottica, spiega: 

E sottolinea una cosa fondamentale: il concetto che gli smart eyewear sono occhiali, non qualcosa che li imita o che cerca di somigliare. Sono veri occhiali, con lo stesso design, la stessa portabilità e lo stesso comfort quotidiano. Ma con un mondo in più, nascosto dentro. Un mondo che non si vede, ma si vive.  

Le sfide tecnologiche  

Ma quali sono le sfide tecnologiche ancora da affrontare? 

Ecco alcuni temi su cui i ricercatori dello Smart Eyewear Lab stanno lavorando per dare forma a una nuova generazione di smart eyewear. 

La prima sfida, riprendendo le parole di Federico Buffa, è quella di rendere indossabile la tecnologia, tra med-tech, performance ed entertainment, integrandola all’interno di un oggetto che sia esteticamente bello, realizzato secondo i più alti standard di eccellenza produttiva e allo stesso tempo leggero e piacevole da indossare tutto il giorno. 

Segue immediatamente quella dell’autonomia. Perché un occhiale smart sia davvero funzionale, la batteria deve accompagnare l’utente durante l’intera giornata, senza compromessi.  

Poi c’è il tema dell’esperienza aumentata: rendere l’interazione tra mondo reale e contenuti digitali fluida, naturale e capace di adattarsi ai contesti e agli spazi. 

Infine, c’è la questione dell’affidabilità: le tecnologie devono funzionare non solo in laboratorio, ma soprattutto nel mondo reale, in ogni situazione quotidiana. Serve un occhiale robusto, resistente, capace di offrire prestazioni elevate senza rinunciare allo stile e all’eleganza. 

A portarci nel mondo dello Smart Eyewear Lab sono stati i project manager dei tre stream di ricerca, le aree nelle quali si articola l’attività del laboratorio. 

Nello Smart Eyewear Lab, la microscopia ottica è uno strumento fondamentale per l’ispezione di componenti ottiche ed elettroniche.

Eye Tracking 

Tracciare i movimenti dell’occhio e riconoscere il punto di interesse osservato dall’utente è fondamentale per progettare gli occhiali smart. 

È Luca Merigo a spiegarci perché. Dopo aver conseguito un dottorato in Technology for Health a Brescia e dei periodi di studio all’estero, è entrato in EssilorLuxottica nel 2023. 

Finora, i dispositivi di eye tracking sono stati utilizzati solo ai fini della ricerca scientifica e del neuromarketing. Al momento, quindi, queste tecnologie sono state impiegate in contesti controllati di laboratorio e presentano caratteristiche difficilmente integrabili in oggetti indossabili come gli occhiali: sono di grandi dimensioni, collegate a cavi e possono dare fastidio alla vista dell’utente.  

Lo Smart Eyewear Lab ha l’ambizione di cambiare questo paradigma sviluppando tecnologie innovative in grado di superarlo. La sfida per i ricercatori del laboratorio è quella di ottenere lo stesso tipo di informazioni degli attuali eye tracker, dal monitoraggio alla diagnostica precoce di patologie e disturbi in relazione a nuove metriche ricavabili dai movimenti oculari, ma in maniera più rapida e precisa, integrata a bordo dell’occhiale e con minori consumi.  

Sensori integrati nella montatura di un occhiale per misurare parametri e movimenti dell’occhio.
Set-up di test e sviluppo con modello di occhio realistico.

Il programma di ricerca low power technology punta a rendere queste tecnologie integrabili negli occhiali, con sensori nascosti nella montatura o trasparenti e integrati direttamente sulle lenti, robuste e adatte alla vita di tutti i giorni, e soprattutto a basso consumo energetico.  

Dal canto suo, il programma high dynamic technology ha l’obiettivo di perfezionare le tecnologie affinché possano cogliere movimenti dell’occhio finora non tracciabili, grazie all’impiego dell’intelligenza artificiale e di nuove tecnologie di sensing che imitano il comportamento del sistema visivo umano. 

Un’altra sfida che i ricercatori del laboratorio stanno affrontando, con il programma testing protocol, è la definizione di una procedura di validazione di queste tecnologie, che sia riconosciuta a livello internazionale. Allo stato dell’arte, infatti, non esiste un protocollo di misurazione delle performance degli eye tracker, ma ogni player definisce le proprie procedure. 

Infine, la ricerca in ambito eye tracking è importante perché può abilitare numerose funzionalità: l’utente può interagire con la realtà aumentata semplicemente con la direzione dello sguardo, senza utilizzare le mani. Inoltre, gli occhi dicono tanto di noi: sul nostro livello di stress e di carico cognitivo, ad esempio. Le tecnologie di eye tracking ci forniscono, quindi, informazioni preziose che possono essere applicate anche all’ambito med-tech, per monitorare e diagnosticare precocemente l’insorgenza di patologie e disturbi. 

Lato Politecnico di Milano, questo stream di ricerca è coordinato da Marco Carminati, docente di Elettronica, che da vent’anni si occupa di elettronica a basso rumore per sensori. La sua passione per gli smart device nasce dall’optoelettronica, applicata in particolare alla salute, e dalla sfida fondamentale di fondere sensoristica e machine learning embedded entro vincoli di spazio e potenza ristrettissimi, quindi stimolanti per la microelettronica. 

Camera e sensoristica 

Diana Trojaniello ci parla dell’integrazione di sensori e camere di diverse tipologie per aggiungere nuove funzionalità agli occhiali smart. Ha studiato Ingegneria Biomedica e ha conseguito il dottorato in Bioingegneria presso l’Università di Bologna. Dopo alcuni anni passati tra Svizzera e Stati Uniti, ha lavorato otto anni in un centro di ricerca dell’Ospedale San Raffaele per lo sviluppo di nuove tecnologie in ambito sanitario. Anche lei, è in EssilorLuxottica dal 2023.  

Il suo ambito di ricerca si articola in tre programmi distinti.  

Il primo è quello del biosensing. L’obiettivo è fornire all’utente finale la capacità di monitorare sé stesso attraverso la raccolta di parametri fisiologici, comportamentali e abitudini, favorendo una maggiore consapevolezza del proprio stato di salute e del proprio stile di vita. 

Perché raccogliere queste informazioni attraverso gli occhiali? Perché il viso è una miniera preziosa di informazioni: non solo è l’unica parte del corpo tramite la quale riusciamo ad avere accesso a tutti i cinque sensi, ma anche perché è estremante vascolarizzata ed è quindi più facile ricavare da essa informazioni su parametri cardiovascolari, battito cardiaco e ritmo di respirazione. 

Le informazioni fornite dagli smart glasses sono utili non solo per il soggetto stesso, ma anche per i caregiver, gli ottici e i medici, in quanto offrono un supporto concreto al monitoraggio e alla gestione della salute.  

Inoltre, la ricerca sui sensori è fondamentale anche nell’ambito dell’interazione tra l’utente e la tecnologia integrata negli occhiali smart. Al momento, infatti, l’interazione avviene principalmente tramite comandi vocali o gestuali, il che implica che l’utente debba necessariamente parlare o compiere gesti visibili per controllare il dispositivo.  

Uno dei progetti di ricerca dello Smart Eyewear Lab ha l’obiettivo di rendere queste interazioni impercettibili: una delle frontiere della ricerca consiste, infatti, nello studiare sistemi di sensori in grado di interpretare la volontà dell’utente attraverso l’analisi delle espressioni facciali. 

Un esempio: strizzare l’occhio potrebbe essere associato a comandi come l’accensione della videocamera. L’obiettivo generale è quello di rendere queste tecnologie parte integrante della persona, quasi come fossero estensioni del corpo umano, rendendo l’interazione con l’occhiale smart la più naturale e discreta possibile. 

Un ricercatore osserva componenti elettronici e schede attraverso un microscopio,
esaminando i dettagli costruttivi e le connessioni durante un’analisi di laboratorio.

Un secondo filone è quello della contextual awareness, ovvero la capacità del dispositivo di riconoscere il contesto in cui si trova l’utente e di adattare in modo intelligente le proprie funzionalità. 

L’utilizzo di sensori e camere consente agli occhiali di riconoscere in autonomia l’ambiente e le situazioni in cui è immerso il soggetto, contribuendo a migliorare l’esperienza di utilizzo. 

Un esempio potrebbe essere quello di un occhiale smart con realtà aumentata, che permetta di visualizzare le notifiche delle applicazioni, integrate nella visione dell’ambiente circostante dell’utente. L’occhiale potrebbe inoltre riconoscere che in un determinato momento il soggetto è immerso in una conversazione con altre persone e, in quel contesto, disabilitare l’invio di notifiche, anche in un’ottica di risparmio di batteria. 

In un’altra situazione, l’occhiale potrebbe aiutare l’utente nella localizzazione in un ambiente indoor, in cui la posizione fornita dal GPS non è sufficientemente accurata. Una delle tecnologie che si stanno studiando allo Smart Eyewear Lab è il Simultaneous Localization and Mapping, che utilizza videocamere multiple per localizzare l’utente e guidarlo in ambienti chiusi e complessi come ospedali o centri commerciali. 

Il terzo filone è trasversale ai primi due e riguarda tecniche di ottimizzazione sia hardware che software. Parliamo dell’energy efficient sensing & processing. 

Si tratta di tecniche volte a raggiungere un obiettivo preciso: realizzare dispositivi altamente tecnologici, intelligenti, indossabili per l’intera giornata e in grado di funzionare a lungo senza necessità di ricariche frequenti.   

Grazie all’integrazione di competenze in ingegneria elettronica, informatica e bioingegneria, nell’ambito di quest’area di ricerca vengono affrontate tematiche che vanno dalla progettazione all’integrazione e alla validazione dei dispositivi, un processo che prevede anche il coinvolgimento di persone nella sperimentazione dei prototipi. In questo contesto subentra anche il valore aggiunto del Comitato Etico del Politecnico di Milano, che valuta i protocolli di sperimentazione designati allo scopo. 

Per questo stream lavorano i ricercatori del Politecnico di Milano Franco Zappa, Matteo Matteucci e Federica Villa, del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria. 

Franco Zappa è docente di Elettronica. La sua ricerca si focalizza sullo sviluppo di dispositivi microelettronici, in particolare fotorivelatori a singolo fotone (SPAD) e relative applicazioni in imaging 2D e 3D ad alta sensibilità, con impieghi in settori quali la sicurezza, l’ottica adattiva e il molecular imaging. Detiene diversi brevetti nel campo dei rivelatori fotonici. 

Matteo Matteucci è docente di Sistemi di elaborazione delle informazioni. Si interessa, nella sua attività di ricerca, alla robotica autonoma e all’apprendimento automatico, con l’obiettivo di applicare tecniche di riconoscimento di pattern, percezione robotica, visione artificiale ed elaborazione di segnali a contesti reali e dinamici. 

Federica Villa è docente di Elettronica. La sua ricerca si focalizza sullo sviluppo di dispositivi elettronici ed ottici e di circuiti microelettronici per lo sviluppo di sistemi portatili per il monitoraggio di parametri fisiologici e segnali ottici ultradeboli, con impieghi in diversi settori quali i dispositivi indossabili, il biosensing e il single-photon imaging. Detiene diversi brevetti nel campo degli imager fotonici. 

Integrazione ottica 

Portare la realtà aumentata negli occhiali smart è l’obiettivo dell’area optical integration. 

È quello che ci spiega Anna Cesaratto, anche lei in EssilorLuxottica dal 2023. Dopo il dottorato in Fisica al Politecnico di Milano, ha acquisito esperienza pluriennale sia in ambito di ricerca accademica negli Stati Uniti sia in ambito industriale lavorando come consulente per R&D di sistemi di visione.  

L’obiettivo del suo stream è quello di sviluppare un display che funzioni da interfaccia visiva, sempre disponibile per l’utente, per le varie funzionalità smart, in modo da rendere più immersiva e immediata l’interazione con il mondo digitale. Immaginiamoci, ad esempio, di avere un display integrato nella lente che visualizzi il nostro battito cardiaco o altri dati elaborati dalle funzionalità smart, come le indicazioni stradali per raggiungere una destinazione. 

Le attività di ricerca dello stream optical integration spesso prevedono un primo livello di validazione
con set-up su tavoli ottici, allineati ed adattati alle esigenze dai ricercatori che lavorano in laboratorio.

Come si riesce a far comparire una notifica direttamente nel campo visivo dell’utente, sovrapposta alla realtà circostante? Ciò avviene grazie all’utilizzo di un microproiettore – ci sono varie tecnologie per avere una proiezione di luce – e di un optical combiner, in grado di sovrapporre la realtà aumentata con la visione del mondo reale. È in questo modo, grazie a tecnologie integrate nella lente che indirizzano le immagini virtuali verso l’occhio dell’utente, che si riescono a vedere attraverso gli occhiali sia i contenuti digitali che il mondo reale circostante. 

Esistono già sul mercato occhiali con realtà aumentata, ma il livello di comfort per chi li indossa è ancora molto limitato. Le ricerche condotte allo Smart Eyewear Lab non utilizzano tecnologie attualmente disponibili, ma si concentrano su tecnologie in grado di rendere l’interazione più fluida e immersiva. 

Le tecnologie attuali presentano infatti dei limiti: ad esempio hanno un fuoco fisso, per cui l’informazione che viene proiettata appare sempre a una certa distanza, in genere ad infinito. Questo costituisce un problema, perché nell’interazione con il mondo reale il soggetto è costretto a cambiare costantemente il punto di fuoco e la proiezione a fuoco fisso provoca disagio per il disallineamento tra mondo reale e virtuale. Inoltre, anche quando le immagini virtuali vengano presentate in entrambe le lenti, non riescono a riprodurre un naturale senso di tridimensionalità. 

Considerato che l’obiettivo è invece quello di sviluppare un occhiale che sia indossabile tutti i giorni, quindi prima di tutto confortevole, allo Smart Eyewear Lab si lavora per superare i limiti dell’attuale tecnologia. 

Una possibile soluzione è la computer generated holography, una tecnica che permette di controllare la proiezione di luce nelle tre dimensioni – dando la possibilità sia di proiettare oggetti tridimensionali che di regolare la profondità di campo del contenuto digitale. L’aggiunta di queste funzionalità in uno smart eyewear richiede sia lo sviluppo di algoritmi innovativi ad alta efficienza sia l’integrazione dei componenti necessari per proiettare gli ologrammi in occhiali che devono rimanere leggeri e confortevoli. 

Un altro ambito di ricerca è rappresentato dalle metasuperfici ottiche, materiali artificiali nanostrutturati e ultra-sottili caratterizzati da un pattern ripetitivo, che possono essere progettati in modo da interagire con la luce incidente modificandone alcune proprietà ottiche, come la direzione di propagazione e la fase. Un importante vantaggio è la loro flessibilità di applicazione a fronte di un form factor ridotto, aspetto imprescindibile in un occhiale smart. Una possibile applicazione nell’ambito della realtà aumentata è quella di optical combiner: le metasuperfici aggiungono nuove funzionalità alla lente e permettono di direzionare la luce generata dal microproiettore nell’occhio. 

Il protocollo di fabbricazione di una metasuperficie ottica prevede vari step di verifica,
fondamentali per l’ottimizzazione del processo.

Rispetto agli altri due stream, l’integrazione ottica punta allo sviluppo di tecnologie radicalmente diverse dallo stato dell’arte, che sono dunque meno pronte a essere integrate in un prodotto: hanno un technology readiness level più basso. Al momento, quindi, in questi laboratori non troviamo dei prototipi già assemblati, ma dei proof of concept che, anche se perfettamente funzionanti, servono soprattutto a indirizzare le ricerche verso le tecnologie più promettenti per lo sviluppo di un prodotto. 

Per il Politecnico di Milano, lavorano su questo stream Giulio Cerullo, Gianluca Valentini e Paolo Biagioni, del Dipartimento di Fisica. 

Giulio Cerullo è docente di Fisica sperimentale della materia e applicazioni. La sua attività di ricerca ha avuto un notevole impatto a livello internazionale e riguarda la fisica dei laser, l’ottica non lineare e la fisica della materia. Nel 2011 ha ricevuto il prestigioso Advanced Grant dell’European Research Council per sviluppare tecniche avanzate di spettroscopia ultraveloce. 

Gianluca Valentini è docente di Fisica sperimentale della materia e applicazioni. Dopo un’esperienza in un’azienda leader della computer science negli Stati Uniti, è tornato in accademia, prima come ricercatore CNR, poi come docente al Politecnico. La sua attività di ricerca riguarda le applicazioni della fotonica in diversi settori, tra cui la biologia e medicina e la scienza della conservazione del patrimonio artistico. 

Paolo Biagioni è docente di Fisica sperimentale della materia e applicazioni. Dopo il dottorato in Fisica e un periodo di ricerca in Germania, è rientrato al Politecnico, dove concentra le sue attività di ricerca sulla nano-ottica, con applicazioni nel controllo della polarizzazione e nello sviluppo di metasuperfici. È stato Presidente della Società Italiana di Ottica e Fotonica (SIOF) e membro del board della European Optical Society (EOS). 

Il futuro 

È difficile prevedere cosa riservi il futuro, quale sarà la prima tra le tante tecnologie che si stanno sviluppando allo Smart Eyewear Lab a essere integrata in un prodotto. Affrontare questa importante sfida si sta rivelando possibile solo grazie allo spirito di squadra e alle competenze multidisciplinari rappresentate allo Smart Eyewear Lab, tra varie aree di ricerca e tra accademia e industria. 

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