
A seguito di un evento sismico, una delle priorità è verificare la sicurezza degli edifici che non sono crollati. Le persone devono sapere se tornare a casa comporta o meno un rischio per la loro vita, ma valutare il reale stato di un immobile non è sempre così semplice. È qui che entra in gioco il progetto FORESIGHT che, per monitorare la sicurezza degli edifici, sfrutta in modo rivoluzionario le reti in fibra ottica già esistenti per Internet. La ricerca è stata condotta dal Politecnico di Milano in collaborazione con l’INRiM (Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica) e l’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia).
Applicando tecniche di interferometria ottica, un team multidisciplinare parte dai segnali della fibra ottica per raccogliere informazioni e convertirle in dati predittivi sullo stato delle strutture. Questo approccio consente di prevedere l’entità dei potenziali danni ancora prima che compaiano segni visibili, offrendo indicazioni cruciali per l’intervento delle squadre di emergenza. Questo sistema potrebbe rappresentare una soluzione alternativa ed economicamente vantaggiosa: è fino al 90% più veloce rispetto ai metodi attuali, può ridurre i costi anche del 50% ed è completamente scalabile. Ne abbiamo parlato con il professor Alper Kanyilmaz, supervisore del progetto Foresight, e con il ricercatore post-doc Hasan Ceylan, entrambi del DABC, il Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito del Politecnico di Milano.
Come è nata l’idea di impiegare la fibra ottica per questo scopo?
Alper Kanyilmaz: È nata da un confronto con i colleghi dell’INRiM, che stavano già lavorando a tecnologie laser applicate alla fibra ottica per il monitoraggio sismico e i sistemi di allerta precoce. È stato interessante scoprire da loro che questi sistemi, abbinando fibre ottiche e interferometria, erano in grado di rilevare anche le minime vibrazioni del terreno con un’incredibile sensibilità. Il loro obiettivo era comprendere meglio l’attività sismica e contribuire allo sviluppo dei sistemi di allerta precoce. A quel punto, ci siamo chiesti: “Se questa tecnologia è così sensibile, perché limitarla al solo rilevamento dei movimenti del suolo? Perché non provare ad applicarla direttamente agli edifici?”. Queste domande hanno subito suscitato grande entusiasmo nel team, perciò abbiamo deciso di capire insieme se fosse possibile adattare la tecnologia della fibra ottica al monitoraggio strutturale (SHM, Structural Health Monitoring) per verificare lo stato degli edifici dopo gli eventi sismici. Abbiamo quindi presentato una proposta di progetto MSCA-PF per iniziare a studiare l’idea, ed è così che il nostro ricercatore post-doc Hasan Ceylan ha deciso di affrontare questa avventura insieme a noi.
Hasan Ceylan: È stato allora che mi sono unito al team come ricercatore post-doc grazie a una borsa di studio Marie Skłodowska-Curie, sotto la supervisione del professor Kanyilmaz. Provengo da un percorso di studi in ingegneria strutturale e statistica bayesiana, con una specializzazione nell’integrazione tra modelli strutturali fisici e valutazione dell’incertezza. In questo progetto, il mio ruolo consiste nell’interpretare i dati grezzi delle fibre ottiche e trasformarli in informazioni significative sulle condizioni degli edifici, soprattutto dopo i terremoti.

In qualità di ingegnere strutturale, qual è il suo compito specifico nell’ambito del progetto Foresight?
H. C.: Il mio ruolo principale è fare da ponte tra il mondo dell’ingegneria civile e la tecnologia della fibra ottica. Mi occupo di comprendere come si comportano gli edifici e le altre strutture, come si muovono e si danneggiano, specialmente in caso di terremoti. Nel progetto, metto queste conoscenze al servizio di esperimenti e simulazioni che ci aiutano a capire fino a che punto il sistema in fibra ottica riesce a rilevare cambiamenti o danni nelle strutture. In sostanza, il mio compito è garantire che i segnali che riceviamo dalle fibre ottiche diventino informazioni utili sulla sicurezza e sulle condizioni degli edifici. È come tradurre il “linguaggio” di una struttura in segnali che possiamo capire e utilizzare per allerte precoci o verifiche di agibilità.
Avete già effettuato test sul campo?
H. C.: Abbiamo iniziato con alcuni semplici test in laboratorio per verificare se l’idea funziona in un ambiente controllato. Uno dei punti fondamentali della ricerca è capire con quale grado di accuratezza riusciamo a cogliere i cambiamenti strutturali attraverso i segnali trasmessi all’interno dei cavi in fibra ottica. Questi segnali possono rivelare anche le più impercettibili variazioni in una struttura, ma solo se il collegamento, o accoppiamento, tra il cavo e l’edificio è sufficientemente efficace. Nella maggior parte degli edifici reali, i cavi in fibra ottica sono semplicemente inseriti all’interno delle tubazioni e fissati solo in pochi punti, il che influisce sulla chiarezza con cui possiamo rilevare il comportamento strutturale.
Uno dei nostri obiettivi primari è stato studiare questo effetto di “accoppiamento” – vale a dire, qual è l’interazione tra cavo e tubazione e come influenza la qualità dei dati ottenuti. Per farlo, abbiamo eseguito una serie di test su piccola scala insieme ai colleghi dell’INRiM, presso i loro laboratori. Abbiamo testato diversi tipi di cavi in fibra ottica disponibili in commercio e confrontato le loro prestazioni con un caso di riferimento in cui il cavo era completamente aderente alla tubazione. Abbiamo così scoperto che, tenendo conto delle caratteristiche di accoppiamento, alcuni tipi di cavi non vincolati possono comunque fornire dati affidabili.
A. K.: In questo momento, ci stiamo preparando a eseguire test più avanzati su veri componenti strutturali in laboratorio, avvicinandoci il più possibile a situazioni reali. Un passo alla volta, stiamo procedendo verso l’implementazione sul campo su larga scala. Con questo progetto, arriveremo a testare la compatibilità delle infrastrutture in fibra ottica già installate negli edifici reali.

Attualmente, come si eseguono le valutazioni di questo tipo sugli edifici?
H. C.: Dopo un terremoto o un evento grave, normalmente gli ingegneri si recano sul posto per ispezionare visivamente gli edifici. Cercano crepe, inclinazioni o qualsiasi segno che la struttura potrebbe non essere sicura. È un po’ come un rapido check-up medico. Ma questo metodo dipende molto dall’esperienza dell’ingegnere, e a volte il danno può anche essere invisibile o interno, quindi non sempre facile da individuare.
A. K.: Nei casi più avanzati si utilizzano sensori per misurare come si muove o vibra l’edificio, ottenendo così un quadro più approfondito delle sue condizioni. Ma questi sistemi in genere sono installati solo su edifici molto importanti o moderni, perché sono costosi e la manutenzione è complicata. Questo è uno dei principali motivi per cui abbiamo deciso di sviluppare FORESIGHT: rendere possibile questo tipo di valutazione dettagliata e in tempo reale su una scala molto più ampia, sfruttando la fibra ottica già presente in molti immobili.

Quali vantaggi comporterebbe questa soluzione?
H. C.: Il principale vantaggio è che il progetto potrebbe rendere il monitoraggio strutturale molto più accessibile e diffuso. Ci permetterebbe di controllare un numero di gran lunga superiore di edifici, anche in normali quartieri residenziali, e di diffondere allerte precoci in caso di terremoti o altri eventi. Nel lungo periodo, una soluzione di questo tipo potrebbe aiutare le città a reagire più rapidamente alle emergenze, ridurre il rischio di crolli e rendere le ispezioni più sicure ed efficienti. Il segreto è utilizzare in modo più intelligente gli strumenti e il materiale che abbiamo già a disposizione. Al momento, solo un numero limitato di edifici, come ospedali o ponti, integra sistemi di monitoraggio avanzati. Con FORESIGHT, invece, puntiamo a sfruttare i cavi in fibra ottica già installati per Internet e per le comunicazioni, evitando di dover creare un’intera infrastruttura da zero.