Alla scoperta del sottosuolo del Castello Sforzesco: tra storia, tecnologia e ricerca

castello sforzesco milano

Cosa si cela sotto il Castello Sforzesco di Milano? Strutture dimenticate, passaggi nascosti, tracce di un passato ancora da decifrare. Grazie alla geomatica e alle più avanzate tecnologie di rilievo digitale, oggi è possibile esplorare questi spazi senza scavi invasivi, riportando alla luce informazioni preziose sulla storia dell’architettura.

Francesca Biolo, architetta e ricercatrice al Politecnico di Milano, ha dedicato il suo lavoro a questo intreccio tra innovazione e patrimonio culturale. Attraverso un metodo di digitalizzazione avanzato, ha studiato il Castello e il suo sottosuolo, confermando la presenza di strutture già descritte nei disegni di Leonardo da Vinci. Un’indagine che non solo arricchisce la conoscenza del passato, ma apre nuove prospettive per la tutela e la valorizzazione del nostro patrimonio storico.

Biolo racconta il suo percorso, le sfide della ricerca e il potenziale della tecnologia nel riscrivere la storia sotto i nostri piedi.

Castello Sforzesco Milano

Puoi raccontarci il tuo percorso accademico e professionale? Cosa ti ha portata a specializzarti in geomatica e rilievo digitale?

«Il mio percorso accademico è iniziato al Politecnico di Milano, dove ho conseguito la laurea triennale in Progettazione dell’Architettura presso il Polo di Mantova (2014-2017) e successivamente la magistrale in Architettura delle Costruzioni al campus di Milano (2017-2019). Durante gli anni di studio mi sono resa conto che la progettazione non era la mia strada, ma comprendere le alternative all’interno del mondo dell’architettura non è immediato. In realtà sono tantissime ma l’ho capito fino in fondo solo alla fine del mio percorso da studentessa, e cioè durante il periodo del dottorato. Mi sono infatti laureata e non sapevo cosa fare e a chi chiedere lavoro, proprio perché faticavo ad avere chiare le altre opzioni. La pandemia ha reso ancora più difficile l’ingresso nel settore, e proprio in quel momento mi è arrivata una segnalazione dalla mia ex professoressa, Maria Cristina Giambruno: il professor Franco Guzzetti cercava un dottorando.

francesca biolo
Francesca Biolo

Non avevo un background solido in geomatica e rilievo digitale, ma ho visto in questa opportunità una sfida stimolante per ampliare le mie competenze. Con qualche timore iniziale, ho partecipato al bando e, col senno di poi, posso dire che è stata una delle scelte migliori che potessi fare. Il dottorato mi ha permesso di scoprire un campo affascinante e di esplorare le molteplici applicazioni della geomatica, sia nell’ambito della ricerca che in quello professionale».

Castello Sforzesco Milano

Di cosa si occupava esattamente la tua ricerca di dottorato? Quali tecnologie hai utilizzato per indagare il sottosuolo del Castello Sforzesco e quali sfide hai dovuto affrontare?

«Il mio lavoro di ricerca si è concentrato sulla digitalizzazione degli edifici storici e sulla strutturazione dei dati per migliorarne la conoscenza e la conservazione. Il mio obiettivo era sviluppare un metodo per organizzare e integrare informazioni eterogenee, come rilievi tridimensionali, documenti storici e dati iconografici, in un unico modello digitale tridimensionale. Il sistema che ho sviluppato si basa su dei Livelli di Informazione Geometrica (LOGI), che permettono di classificare e modellare le informazioni secondo il loro grado di accuratezza e origine.

Per testare questo metodo, ho condotto uno studio sul Castello Sforzesco di Milano, combinando rilievi laser scanner, fotogrammetria e topografia con ricerche d’archivio. In collaborazione con Codevintec Italiana s.r.l., abbiamo effettuato rilievi georadar 3D per indagare il sottosuolo. La principale difficoltà è stata interpretare i dati: le stratificazioni architettoniche accumulate nei secoli rendono complessa la lettura delle informazioni, e solo un approccio interdisciplinare consente di trarre conclusioni solide».

Castello Sforzesco Milano

I rilievi hanno confermato la presenza di strutture sotterranee già descritte nei disegni di Leonardo da Vinci. Qual è il valore di queste scoperte dal punto di vista storico e scientifico?

«La scoperta ha un valore storico importante, perché conferma l’influenza di Leonardo da Vinci nella progettazione del Castello Sforzesco e ne arricchisce la lettura stratigrafica. I dati raccolti dimostrano che molte tracce del passato sono ancora presenti nel sottosuolo, nonostante le demolizioni avvenute nei secoli, specialmente nel periodo napoleonico e durante i restauri ottocenteschi di Luca Beltrami.

Ma il valore di questa ricerca va oltre la conferma storica, essa infatti dimostra ancora una volta che coniugando le nostre competenze con le conoscenze storiche e le possibilità tecnologiche odierne, possiamo gestire e studiare in modo non invasivo il nostro tessuto costruito e i suoi livelli più nascosti. Un fare ricerca con l’intendo di rispondere concretamente alle necessità odierne sia delle nostre città che nello specifico anche del patrimonio architettonico.

In quest’ottica uno degli sviluppi più interessanti su cui ho lavorando è l’idea di sfruttare le informazioni raccolte per delle carte del vincolo tridimensionali che considerano anche il sottosuolo e non solo la superficie visibile. Strumenti simili potrebbero supportare e governare i lavori urbanistici ed edilizi nelle zone più delicate delle città, come quella del Castello Sforzesco».

Castello Sforzesco Milano

Oltre alla ricerca accademica, come potrebbero essere utilizzati i dati raccolti per valorizzare il Castello Sforzesco e rendere più accessibili questi spazi nascosti al pubblico?

«Una parte dei sotterranei del Castello è già visitabile, ma molte aree restano inaccessibili. I modelli tridimensionali generati dai rilievi potrebbero essere utilizzati per creare esperienze immersive in realtà virtuale o aumentata, permettendo ai visitatori di esplorare digitalmente gli spazi nascosti. Questo approccio offrirebbe un’alternativa efficace e non invasiva per valorizzare il sito, rendendo fruibili informazioni complesse in modo immediato e coinvolgente».

Castello Sforzesco Milano realtà aumentata

Le tecnologie che hai impiegato sono usate anche in altri ambiti, dall’archeologia alla sicurezza. Quali ritieni siano gli sviluppi più interessanti e le applicazioni future della geomatica?

«La geomatica ha applicazioni vastissime: dalla conoscenza del patrimonio architettonico all’ottimizzazione dei consumi energetici a scala territoriale, dal monitoraggio delle infrastrutture alla gestione urbana. Sicuramente ogni periodo storico ha i suoi avanzamenti, legati alle richieste della stessa epoca, per noi penso che un tema fondamentale sia la sostenibilità e l’ambiente, ambito in cui si sta lavorando molto: procedure e sistemi per controllo del consumo di suolo, metodi di supporto e analisi post catastrofe sono solo alcuni esempi».

Fare ricerca in Italia può essere complesso. Quali sono, secondo te, le principali difficoltà e le opportunità per chi sceglie questa strada?

«Le principali criticità sono due: la retribuzione spesso non adeguata al costo della vita, specialmente in città come Milano, e la precarietà contrattuale. Tuttavia, fare ricerca offre opportunità uniche: la possibilità di esplorare temi innovativi, lavorare in un ambiente stimolante e contribuire concretamente alla conoscenza e alla conservazione del nostro patrimonio culturale. In Italia, il vantaggio è la straordinaria ricchezza storica e architettonica, che offre un campo di studio inesauribile per chi lavora in questo settore.»

Guardando alla tua esperienza, cosa consiglieresti a chi vuole intraprendere un percorso di ricerca nel tuo campo? Ci sono competenze fondamentali da sviluppare?

«Consiglio di esplorare senza pregiudizi: la geomatica e il rilievo digitale non fanno ancora parte dell’immaginario comune quanto di parla del lavoro dell’architetto, ma offrono opportunità straordinarie. Non bisogna farsi scoraggiare dalla mancanza di esperienza iniziale: con curiosità e voglia di imparare, si può entrare in questo settore anche da percorsi non strettamente tecnici».

Quali sono i tuoi prossimi progetti di ricerca?

«Attualmente mi sto concentrando sui sistemi informativi territoriali (SIT), applicati sia alla gestione del patrimonio costruito che alla pianificazione urbana. Oggigiorno l’informazione è infatti sempre più al centro del nostro lavoro e del nostro vivere e i lavori che trattano della sua messa a sistema e fruizione sono innumerevoli. I SIT ci permettono di mettere in relazione interi e ampi dataset al dato geografico, banalmente a delle coordinate, sviluppando così strumenti di supporto alla gestione dei sistemi più o meno complessi che popolano le nostre città e il nostro territorio. Il futuro della ricerca in questo campo è ancora tutto da esplorare».

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