Gli obiettivi del progetto ActivE³- Everyone, Everywhere, Everyday sono promuovere uno stile di vita attivo, come strumento di benessere e prevenzione; favorire accessibilità e inclusione nella pratica sportiva; sostenere le fragilità, fisiche e cognitive, per il benessere dell’individuo.
Si articola quindi in diversi WP, dedicati alle varie età e condizioni fisiche dell’individuo.
Il professor Giuseppe Andreoni ci guida attraverso il progetto in generale, e in particolare nel wp2 in cui è coinvolto personalmente, dedicato a una piattaforma di coaching per le persone più mature.

Buon giorno Professor Andreoni. Il suo è un ruolo fondamentale nel progetto ActivE³. Nello specifico, qual è l’ambito d’azione del work package 2 (WP2), di cui lei è responsabile?
Il WP2 è orientato all’active aging. Mira alla costruzione e sperimentazione di una piattaforma di coaching personalizzato per promuovere uno stile di vita sano che possa ridurre, se vogliamo, i rischi connessi all’età che avanza: il sistema App più dispositivo indossabile e la piattaforma di consigli personalizzati di attività fisica e nutrizione vuole promuovere un invecchiamento sano e attivo.
E quale approccio volete promuovere?
Attraverso attività fisica, in socialità ove possibile attraverso i gruppi di cammino, e un’alimentazione sana e bilanciata, seguendo i paradigmi alimentari della dieta mediterranea.

Quali realtà partecipano ad ActivE³? Come è composto il vostro team di ricerca?
ActivE³ è un progetto emblematico cofinanziato da Fondazione Cariplo e Regione Lombardia, con capofila Univerlecco, che vede la partecipazione di diversi attori che fanno capo alla cosiddetta Rehabilitation Valley, nel distretto lecchese. Vi partecipano quindi colleghi da vari dipartimenti che operano sul polo di Lecco.
Nella fattispecie, il nostro gruppo di ricerca è composto dal sottoscritto, dai professori Nicola Lopomo e Paolo Perego, dal dottor Roberto Sironi, sempre del Dipartimento di Design, e da alcuni assegnisti di ricerca.
C’è una presenza forte di ATS Brianza, con la figura del direttore generale, Michele Brait, che partecipa attivamente anche alle attività proposte nei test della piattaforma. Il coordinamento è svolto dalle dottoresse Giovanna Pianta e Stefania Bolis, affiancate da altre collaboratrici.
Per quanto riguarda l’ASST Lecco, partecipa il dottor Andrea Salmaggi e il suo gruppo dell’Ospedale di Lecco, che si occupano della valutazione neuropsicologica e dei test ematici, nonché con il Presidio dell’Ospedale Valduce “Villa Beretta” di Costa Masnaga per i test fisici con il dottor Franco Molteni, l’ingegnera Eleonora Guanziroli e le fisioterapiste in carico dell’esecuzione dei test.
C’è poi il gruppo del CNR, con la professoressa Rizzo e il dottor Alfonso Mastropietro, che si occupa dell’analisi dei dati, insieme anche al professor Manuel Roveri del DEIB del Politecnico di Milano, coadiuvato dal dottorando Alessandro Falcetta.
Vorrei citare tutti e tutte e mi scuso con chi non ho citato ma davvero tanti ricercatori e ricercatrici stanno attivamente collaborando al progetto.
Un gruppo molto eterogeneo, multidisciplinare. Quali sono i vantaggi concreti nel mettere a sistema le diverse competenze dei dipartimenti del Politecnico e degli attori esterni?
Innanzitutto, mi preme dire che la persona umana non è un essere verticale, ma è composta da diversi domini: fisico, fisiologico, cognitivo, sociale, e anche spirituale.
Per questo la presenza di esperti nei vari domini è fondamentale, quando si parla di benessere della persona: perché il benessere è uno stato omnicomprensivo, che non può essere legato semplicemente alla salute fisica o alla salute nutrizionale.
Avevamo già avuto modo di sperimentare questo approccio olistico in un precedente progetto europeo, il progetto Nestore, finanziato nel programma quadro Horizon 2020 e sempre dedicato all’invecchiamento attivo. È stato fondamentale per approfondire queste dimensioni e le metodologie di intervento in collaborazione anche con alcuni enti della partnership.
All’interno di questo WP2 è stato fondamentale fare contribuire tutti i vari attori con le proprie competenze, in modo tale da andare a costruire una piattaforma che possa essere facilmente usabile, ingaggiante ed efficace nell’interagire positivamente con le persone per favorire la accettazione della piattaforma stessa attraverso lo smartphone e l’aderenza alle azioni proposte; ciò è necessario perché si raggiunga un risultato positivo in termini di prevenzione ovvero miglioramento della qualità della vita e riduzione dei rischi di patologie.


La sua attività si svolge tutta sul Polo di Lecco?
Mi divido su due Campus del Politecnico: a Milano, presso il Campus di Bovisa Candiani, sede del Dipartimento di Design, e il Polo Territoriale di Lecco.
Per quanto riguarda la parte di ricerca e didattica, legata in particolar modo ai sistemi biomedicali indossabili, sono attestato sul Polo di Lecco, dove è presente il SensibiLab, laboratorio di sensori e sistemi biomedicali. In particolare, lì sviluppiamo sensori indossabili, spesso integrati direttamente negli indumenti, per il monitoraggio di alcuni parametri fisiologici applicato al mondo della clinica, della riabilitazione, della protesica, dello sport e della sicurezza sui luoghi di lavoro.
La sua attività nel settore della ricerca sulla salute e sul wellness non si ferma al Politecnico, vero?
Nell’ambito di un accordo quadro con l’IRCCS Medea, io sono anche affiliato presso l’Istituto, dove ricopro anche il ruolo di Coordinatore dell’area 4, quella delle innovazioni tecnologiche in neuroriabilitazione, fattori umani e mentali.
Qual è il suo background accademico?
Io mi sono sempre occupato del tema della salute: infatti è alla sezione di Bioingegneria del DEIB che ho svolto i primi passi della mia carriera, sia svolgendo il dottorato, che poi diventando ricercatore nel 2000.
Nel 2008 ho avuto l’occasione di raggiungere il dipartimento di Design proprio per creare questa unità di ricerca interdisciplinare che si chiama TeDH – Technology and Design for Health, che unisce tecnologia e design.
È un centro di conoscenze e competenze specializzato nella produzione e applicazione di ricerca e progettazione per lo sviluppo di prodotti, ambienti e servizi nel settore clinico/biomedico e del benessere.

Un altro modo di mettere a sistema le competenze politecniche?
Certo. In TeDH lavorano designer, ingegneri biomedici, ingegnere elettronici, e architetti, che insieme possono affrontare in maniera integrata le sfide legate alla progettazione del mondo dei sistemi, prodotti, servizi e ambienti della salute. Perché, come dicevo prima, la complessità del tema healthcare richiede un approccio multidisciplinare, sia per metodi che per competenze di interventi.
Per tornare alla sua carriera…
Sì, dicevamo che dal 2008 lavoro stabilmente presso il Dipartimento di Design. Nel frattempo, sono diventato professore associato in Bioingegneria elettronica avendo vinto un progetto europeo in qualità di principal investigator nel 2014: il progetto Pegaso, che era legato alla costruzione di una piattaforma di promozione della salute rivolta ai teenager.
E poi, pochi anni fa, sono diventato professore ordinario in Design.
Qual è il ruolo del Dipartimento di Design in E4SPORT?
Noi partecipiamo alle attività di ricerca sullo sport, in molteplici aspetti: sia con la parte di sensoristica indossabile, legata alla misura di parametri fisiologici in maniera non intrusiva durante la pratica di attività sportiva per la misura di performance o riabilitazione, alla progettazione e al design dei sistemi e delle loro interfacce, fino alla valutazione di ergonomia e usabilità degli stessi sistemi.



A che punto della roadmap si trova il WP2 di ActivE³?
Il primo anno e mezzo è stato dedicato alla ricerca e costruzione della piattaforma. Abbiamo puntato sul co-design con gli utenti, per quanto riguarda le funzionalità e l’estetica dell’app, perché la gradevolezza e l’usabilità sono poi determinanti per l’aderenza terapeutica. Ed è quello che noi vogliamo: che venga utilizzata come una terapia digitale per una piena aderenza ed efficacia.
Quindi l’app è stata sviluppata ed è stata testata con un gruppo preliminare di utenti.
Per poi arrivare all’implementazione…
Sì, quest’anno il progetto ha visto il completamente dal punto di vista implementativo e l’avvio della sperimentazione clinica. A febbraio è iniziato il reclutamento di 200 persone suddivise in quattro gruppi nell’ambito dello studio clinico approvato dal comitato etico del Politecnico di Milano.
Ma le dico di più: l’adesione è stata così entusiasta che da 200 siamo passati a 243 persone, di cui 100 nel gruppo di controllo e 143 nel gruppo di intervento. Ad oggi solo quattro hanno rinunciato allo studio e abbiamo ancora 239 utenti attivi che stanno partecipando alla sperimentazione.
Quanto durerà la fase di test dell’app?
Tra maggio e giugno sono stati fatti i test clinici al mese 0 dei pazienti e dopo la fase di apprendimento dal 1° settembre è ufficialmente partito lo studio clinico. L’intervento clinico previsto con quest’app dura dodici mesi, fino a luglio dell’anno prossimo.
Sono previsti tre momenti di verifica. Al mese 0, quando sono state effettuate tutte le batterie di test per determinare lo stato di partenza del paziente: test fisici, test neuropsicologici e test ematici. Al mese 6, ovvero a gennaio, rifaremo i test fisici ed ematici. Al mese 12 rifaremo invece tutta la batteria di test, per verificare quante persone hanno partecipato attivamente al percorso, se e come sono migliorate, se hanno mantenuto un buono stato di salute, se sono passate da uno stato sedentario a uno attivo, oppure addirittura da uno attivo a uno allenato, oltre agli aspetti neuropsicologici e di socialità.

Cosa c’è di innovativo in questo approccio che state sviluppando, rispetto alle soluzioni attualmente presenti sul mercato?
Alla base del nostro approccio ci sono le teorie comportamentali. Proponiamo una terapia digitale basata sulle teorie di behaviour change, atte a promuovere dei cambiamenti, dello stile di vita ai fini del miglioramento della salute o della prevenzione di potenziali rischi di patologie.
È opportuno sottolineare che l’app è stata realizzata in conformità al nuovo regolamento sui dispositivi medici entrato in vigore nel 2023, in modo da poter attivare un percorso di exploitation con eventuali attori interessati.
Fare ricerca nel settore clinico, biomedico, del benessere degli individui è qualcosa che dà a lei e al suo gruppo particolari motivazioni e soddisfazioni?
Il bando di Fondazione Cariplo faceva esplicito riferimento all’utilità sociale della ricerca. Ma il nostro gruppo, proprio come missione, ha una ricerca che non solo faccia esplorazione, ma che possa arrivare veramente all’utente finale. Nei progetti in corso nella Rehabilitation Valley cerchiamo di passare dalla ricerca di base alla ricerca applicata che arriva al paziente.
Prima di tutto è fondamentale un approccio metodologico appropriato e la validazione tecnica e scientifica dei sistemi che abbiamo sviluppato. Questa ci renderà anche pronti a un trasferimento tecnologico o di buone prassi nella pratica clinica.
In questo modo la ricerca non rimane solo nelle pubblicazioni, nella teoria, a volte anche con prototipi nei cassetti, ma può arrivare veramente ai pazienti e alle persone che ne hanno bisogno.
Lei e il suo team del Dipartimento di Design lavorate su altri progetti a tema sport?
Abbiamo diversi progetti che coinvolgono i sensori indossabili, nella protesica e nell’ergonomia, e che hanno una ricaduta anche sul tema dello sport in relazione alla misura della performance.
Ad esempio, c’è un progetto, e-Liner, partito da un anno, ci vede coinvolti nello sviluppo di metodologie innovative di produzione di invasi protesici sensorizzati. Poi a breve partirà Dorian Gray, un progetto europeo legato alla prevenzione cardiovascolare.
Ricordo, anche, il successo di BUDD-e, il “robottino” che aiuta le persone ipovedenti nelle attività sportive, all’aperto e al chiuso, cui abbiamo partecipato.

Quali sviluppi vede nell’immediato futuro nella ricerca sportiva e del benessere?
Possiamo distinguere due livelli di ricerca, in questo campo: la ricerca applicata e quella di frontiera.
Oggi stiamo vivendo la decade tecnologica dei wearables, dei sistemi indossabili, alcuni degli elementi che connotano questa epoca. Ormai quasi tutti abbiamo degli oggetti al polso o addosso che misurano una serie di parametri e di performance in relazione alla nostra attività fisica o alla nostra partecipazione ad eventi sportivi. E non sto parlando solo della maratona di New York una volta all’anno, ma delle innumerevoli attività che facciamo ogni giorno.
C’è quindi tutto un tema di ricerca sull’acquisizione efficace di una mole così ampia di dati, del loro trattamento e della loro interpretazione. Dati che possono essere molto utili in ambito prospettico, non solo per la valutazione delle performance, ma anche per studiare i trend della propria salute o delle eventuali manifestazioni di fattori di rischio.
E per quanto riguarda la ricerca di frontiera?
La ricerca più di frontiera potrebbe essere quella legata alle tecnologie. Una delle visioni che si propone è quella degli embeddables, quindi dei sistemi che possono essere integrati nel corpo umano.
Questo può essere un altro aspetto estremamente interessante, che però fa il paio con degli sviluppi tecnologici importanti per quanto riguarda la gestione dell’energia che è necessaria per farli funzionare. Da dove recuperare quella necessaria per la trasmissione all’interno e all’esterno del nostro corpo?
Lo scopriremo nel prossimo futuro.
I partner del progetto ActivE³ – WP2 sono:
Univerlecco – Capofila
Politecnico di Milano – Polo territoriale di Lecco
Consiglio Nazionale delle Ricerche – sede di Lecco
Fondazione Valduce, Ospedale Valduce, Centro di Riabilitazione “Villa Beretta”
IRCCS INRCA di Casatenovo
IRCCS “Eugenio Medea” – Associazione La Nostra Famiglia
ASST Lecco
ATS Brianza